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Salvator Rosa

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Salvator Rosa (1615–1673) è uno degli artisti più originali del Seicento. Noto per il suo temperamento impetuoso e per la scarsa considerazione dei mecenati, è stato uno dei primi esempi di “artista tormentato”. In vita ottenne fama internazionale, che si protrasse fino al XIX secolo, soprattutto tra i collezionisti d’arte dell’aristocrazia britannica. Rosa è celebre soprattutto per i suoi paesaggi selvaggi, con alberi spezzati e burroni rocciosi, spesso popolati di banditi, paesaggi che influenzarono i pittori del sublime del XVIII e XIX secolo. L’immagine romantica della sua vita sarà diffusa da Lady Morgan nella sua biografia romanzata The Life and Times of Salvator Rosa (1824), ma l’artista stesso alimentò tale fama, affermando: “io non depingo per arrechire ma solamente per propria sodisfazione; è forza il lasciarmi trasportare dagl’impeti dell’entusiasmo et esercitare i pennelli solamente in quel tempo che me ne sento violentato”. Nato a Napoli nel 1615, Rosa si trasferì a Roma nel 1635, dove divenne famoso come pittore di paesaggi e scene di battaglia; ma imprudentemente si inimicò i suoi contemporanei, tra cui lo scultore Bernini. Potrebbe essere questo ad averlo spinto, nel 1640, ad accettare l’invito di Giovanni Carlo de’ Medici a trasferirsi a Firenze, dove prosperò come poeta, filosofo e pittore nella cerchia di virtuosi coltivata dal cardinale. La sua casa divenne il punto di riferimento di una società colta, l’Accademia dei Percossi. Durante il soggiorno fiorentino Rosa eseguì una serie di figure singole profondamente poetiche, che sono oggi tra i suoi dipinti più amati: Filosofia (Londra, The National Gallery), Poesia (Hartford, Wadsworth Atheneum Museum of Art), Autoritratto (New York, Metropolitan Museum of Art) e Autoritratto come Pascariello (in collezione privata). L’intensità di queste opere esprime la sua personale sintesi tra pittura e poesia. Nel 1649 Rosa lasciò la corte medicea per tornare a Roma, dove continuò a essere una figura impetuosa e controversa per il resto della vita. Nel 1651 dipinse Democrito in meditazione (Copenaghen, Statens Museum for Kunst), capolavoro che racchiude la sua preoccupazione per la vanità delle imprese umane. Sviluppò uno stile classicizzante, che gli valse un invito a dipingere per Luigi XIV; invito che rifiutò. Rimase a Roma fino alla morte, avvenuta nel 1673. Al capezzale Rosa sposò colei che per 30 anni era stata la sua amante e modella, Lucrezia Paolini.

Testo dall’Ufficio Relazioni Esterne delle Gallerie degli Uffizi

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