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Horti Farnesiani

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Horti Farnesiani. La storia

1537 Alessandro Farnese, cardinale e nipote di papa Paolo III, avvia un programma di acquisti d’una serie di piccoli appezzamenti, posti fra le falde del Palatino sul Foro e la sommità della collina, fino al versante opposto sul Circo Massimo.

1548 Alessandro Farnese cede la proprietà al fratello Ottavio, obbligando quest’ultimo a contribuire con l’enorme cifra di 1500 scudi d’oro in due anni all’abbellimento del bene familiare, riservandosene l’usufrutto.

1556-1565 subentra il cardinale Ranuccio. Intraprende una serie di lavori centrati sull’assetto vegetale del giardino, ancora per buona parte ortivo e a frutteto, con boschetti di olmi e di allori, alberi di magnolia e di agrumi. L’organizzazione spaziale, a riquadri regolari, si arricchisce di treillage a formare pergolati, cupole, tribune e incerchiate, che coprono i viali e le piazzole fra le aiuole, dove sempre più numerose compaiono le fontane.

1565 alla morte di Ranuccio la proprietà torna al cardinale Alessandro, che acquista altri due terreni limitrofi. Sul fronte nordorientale, affacciato sul Campo Vaccino, realizza: il grande muro con basamento a scarpa che delimita il giardino su questo lato e le torrette angolari alle estremità del muraglione; il portale centrale col teatro d’ingresso retrostante; la rampa di risalita al primo ripiano e il criptoportico incassato nella collina. Risale a questo momento il Ninfeo degli Specchi, erudita esercitazione sul tema della fontana incassata nel terreno a mo’ di grotta, attribuibile forse a Pirro Ligorio.

1591-1626 il giovanissimo Odoardo, nel 1591 ancora sedicenne, riceve l’eredità politica dello zio Alessandro. Fa realizzare un ambiente a grotta: il triclinio estivo che verrà poi trasformato nel Ninfeo della Pioggia fra il 1612 e il 1626. A questo momento risale anche la terrazza conclusa dal fondale scenografico costituito dal fronte dei ruderi della Domus Tiberiana trasformato in prospetto monumentale in cui si incastona il Teatro del Fontanone. Al di sopra di questo basamento sorgeva ancora una costruzione, residuo delle precedenti vigne, definita nei documenti “uccelliera vecchia”.

1627-1635 Odoardo intraprende le ultime trasformazioni, in vista del suo matrimonio con Margherita de’ Medici nel 1628. Alla vecchia uccelliera, disassata rispetto al percorso di risalita venutosi a formare nel corso del tempo, ne viene accoppiata un’altra in modo più o meno speculare, rendendo il sistema nuovamente simmetrico rispetto all’asse monumentale. Entrambe le voliere vengono coronate da aeree coperture trasparenti in rete metallica. Ai lati delle uccelliere, per il collegamento con il ripiano superiore del giardino, due scalee spezzate in tre branche intagliano il volume del basamento, formato dalle strutture della Domus Tiberiana, accentuando lo slancio verticale della composizione. Tutto l’insieme così ricongiunto in un organico sistema di architetture sovrapposte e terrazzate viene ricoperto da una decorazione in parte a graffito in parte a stucchi. Una seconda “catena d’acqua”, o successione di fontane, viene proposta sul versante orientale del giardino, con la nuova Fontana dei Platani, il sottostante e ridecorato Ninfeo degli Specchi e il doppio specchio d’acqua costituito dalle peschiere gemelle. Di quest’ultimo complesso di bacini e fontane resta solo il Ninfeo degli Specchi.

Metà del ‘600 comincia il declino, quando Ranuccio II trasferisce la corte a Parma, dopo la sconfitta nella guerra di Castro. Da allora nessun membro della famiglia Farnese fissa più la propria residenza nella città dei papi.

14 novembre 1692 lettera che attesta che i giardini, che costituiscono una grossa spesa, vengono dati a coltivare a giardinieri d’habilità e fede, che abbiano a contentarsi del frutto, che ne caveranno, invece delle provigioni, che si sono pagati per lo passato.

1718 – 1854 dai documenti si apprende la progressiva trasformazione del giardino in consolidata azienda agricola, la “Reale Azienda Farnesiana”.

1721 – 1727 il duca di Parma Francesco I intraprende lo scavo dell’area. Scoperta di tre grandi ambienti della Domus Flavia: il Lararium, l’Aula Regia e la Basilica. Vengono rinvenute le statue più belle della collezione conservata nel museo della Pilotta a Parma: i due nudi maschili colossali in basalto dell’Ercole e del Dioniso Farnese.

20 gennaio 1731 muore Antonio senza eredi maschi. L’unica discendente, Elisabetta Farnese, sposa Filippo V di Borbone.

1809 – 1814 amministrazione francese a Roma, il prefetto napoleonico conte di Tournon, fa disegnare un nuovo assetto del giardino simile a un parco pubblico. L’idea non vede la luce, invece viene realizzato il progetto, attribuito al Valadier, per una riedizione in veste neoclassica delle uccelliere, prive delle coperture a pagoda, saldate da un corpo centrale e rese abitabili per il conte.

1861 l’imperatore francese Napoleone III compra con fondi del proprio patrimonio personale gli Orti Farnesiani da Francesco II di Borbone, con l’esplicito proposito di condurvi scavi. L’impresa viene affidata all’archeologo italiano Pietro Rosa. Avviene la completa distruzione delle coltivazioni, mentre le costruzioni e le fontane vengono conservate o parzialmente riadattate con lievi modifiche, come le uccelliere, che diventano l’abitazione del direttore degli scavi.

1870 gli Orti Farnesiani vengono acquistati dal Governo Italiano.

1876 Rodolfo Lanciani viene nominato direttore degli scavi. La superficie dei giardini viene drasticamente ridotta. La facciata nord, sul Campo Vaccino, e i casini angolari vengono rasi al suolo. Il portale del Vignola viene smontato.

Inizio del 900 l’archeologo Giacomo Boni prosegue gli scavi e riprende anche a occuparsi del giardino. Reintroduce essenze esotiche a ricordo del ruolo di Orto Botanico del giardino nel corso del ‘600. Riporta alla luce il Ninfeo degli Specchi, dalla metà del XVIII secolo seppellito da detriti di scavo e vegetazione inselvatichita. Viene sepolto negli Orti Farnesiani.

1957 rimontaggio del portale del Vignola in via di San Gregorio, quale accesso monumentale al parco archeologico del Palatino, ancora attuale ingresso.

Testo dagli Uffici Stampa Studio ESSECI e Comin & Partners, Parco Archeologico del Colosseo

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