Spoleto: la 79ª Stagione Lirica Sperimentale di Spoleto e dell’Umbria si apre con l’opera Nanof, l’altro, in ricordo di NOF4
È in uno dei luoghi depositari della follia che il Teatro Lirico Sperimentale di Spoleto apre la scena per la sua 79ª edizione (in anteprima giovedì 7 agosto, la prima si è svolta venerdì 8 agosto, con repliche ieri sera 9 agosto e questo pomeriggio, 10 agosto, alle ore 17 presso il Teatro Caio Melisso in piazza Duomo). La prima rappresentazione assoluta dell’opera Nanof, l’altro ci catapulta infatti nel 1958 al manicomio di Volterra, prima nel padiglione giudiziario Charcot e poi al Ferri.
Qui, l’opera in un atto, di Antonio Agostini su libretto di Chiara Serani e Antonio Agostini con la collaborazione di Davide Toschi, trova la sua piena realizzazione nel raccontare la storia di Oreste Fernando Nannetti in arte Nanof, appunto, o anche NOF4, suo pseudonimo di vita. Probabilmente affetto da schizofrenia (come evidenziato anche nel testo dell’opera), parlava di sé come di un astronautico ingegnere minerario del sistema mentale spazio temporale, (ri)conosciuto ad oggi per le sue incisioni sul muro, veri e propri graffiti di parole trascritte con la fibbia di una cintura, plausibilmente in uso per la consueta norma del contenimento meccanico.
La regia e la scenografia dell’opera lirica firmata TLS è affidata rispettivamente ai noti Alessio Pizzech e Andrea Stanisci, di cui il pubblico spoletino ha pututo già apprezzare in passato la dedizione per il teatro. Così come per Clelia De Angelis e i suoi costumi e le luci di Eva Bruno. L’ensemble Calamani del Teatro Lirico Sperimentale, da giugno scorso riconosciuta dal Ministero della Cultura come orchestra territoriale, è diretta per la prima volta dalla Direttrice Mimma Campanale; mentre al Coro vediamo la direzione di Mauro Presazzi.
ll cast a rotazione si compone dei solisti dello Sperimentale: Marco Guarini (8 – 9 agosto) / Davide Peroni (7 – 10 agosto) come Nanof, Lorena Cesaretti (7 – 9 agosto) / Chiara Latini (8 – 10 agosto) Lei 1, Emma Alessi Innocenti (8 – 10 agosto) / Francesca Lione (7 – 9 agosto) Lei 2, Sathya Gangale (7 – 9 agosto) / Giuseppe Zema (8 – 10 agosto) Primario, Nicola Di Filippo (7 – 9 agosto) / Paolo Mascari (8 – 10 agosto) Infermiere 1 e Stepan Polishchuk (7 – 9 agosto) / Dario Sogos (8 – 10 agosto) Infermiere 2.
Perciò è qui dove le ombre sono vive che la Campanale è chiamata a dirigere orchestra e cantanti per farci tornare a Volterra, con un proposito conturbante, in uno degli allora più grandi manicomi d’Italia, nella testa di Nannetti e di ciò che deve aver vissuto e sentito insieme ai suoi familiari immaginari, gli unici che a quanto pare lo andavano a trovare lì ai margini dell’umanità.
“Affrontare lo studio di questa partitura ed entrare nella drammaturgia dell’opera – commenta la direttrice d’orchestra – obbliga gli interpreti a stabilire un contatto con lo stesso Nanof (…) Provare a dar voce alle sue parole di pietra”.
I suoni prodotti dagli strumenti di cui si percepisce la difficoltà di esecuzione richiamano alla mente Bartok, mentre vegliano spettrali sul dolore di tutti gli storditi. Nannetti non fa eccezione: lui che desidera uscire dall’ospedale mentre resiste agli elettroshock che tenta di spiegare tra allucinazioni e parole sconnesse.
Il destino imposto da una sofferenza psichica e di emarginazione si traduce così per Nanof, attraverso la scrittura, in un “disperato bisogno di definire la propria esistenza”, come sottolineano Alice Ceppatelli e Alessandro Massi che nel 2019 hanno creato un archivio storico digitale dedicato proprio a quel luogo e alle vite dei devianti che nell’ex manicomio di Volterra hanno abitato e vi sono stati internati.
La riabilitazione umana di Nannetti si verificò poco dopo la Legge Basaglia, nel 1985, quando su iniziativa dell’Usl 15 di Volterra, Aldo Trafeli, un infermiere del Ferri che aveva cercato di avvicinarsi a Nanof per capirne il linguaggio, insieme allo scultore Mino Trafeli, pubblicarono la sua immensa opera, avvicinando così il conseguente intersse da parte dell’Istituto di linguistica computazionale di Pisa e di Antonio Tabucchi. Ad oggi il graffito è inserito nella collezione del museo di Art Brut di Losanna, mentre una parte restaurata è ora conservata presso il museo della psichiatria di Volterra, nell’ex padiglione Lombroso, gestito dalla Onlus “Inclusione, Graffio e Parola” che vede a capo Andrea Trafeli, figlio di Aldo.
L’opera contemporanea a Spoleto mette in scena la materia, il corpo e la voce, spesso muta e anestetizzata, accanto a carcerieri più che ad infermieri che anche a noi, nel pubblico, danno un benvenuto fatto di spavento e remissione, in un luogo che non cura, un’istituzione totale che come sosteneva il sociologo Erving Goffman è un regime chiuso e amministrato.
Alle parole di pietra cantate si alterna quindi la comunicazione contro l’alienazione. Questa è la dualità che si respira in sala alla ricerca dell’altro, dell’escluso, che tra miseria, terapia e speranza di libertà cercava e cerca di restare in vita.