Tag

Torre del Papito

Browsing

Torre del Papito

SCHEDA STORICA

TORRE DEL PAPITO

Ai margini del complesso archeologico, in angolo tra via Florida e via di S. Nicola de’ Cesarini è situata una delle torri superstiti del periodo medievale, la torre del Papito nota anche con la denominazione di torre dei Boccamazzi.

Incerta è l’origine del nome “Papito”: alcuni studiosi ritengono che il termine derivi dal soprannome attribuito all’antipapa Anacleto II (1132-1138) della famiglia dei Pierleoni, giovane di età e piccolo di statura e per questo definito “Papetto”; egli avrebbe ricostruito la chiesa di S. Nicola de’ Calcarario, includendo il colonnato del primo tempio del complesso archeologico.

Secondo altri studiosi, e più verosimilmente, il nome “Papito” deriverebbe dalla famiglia dei Papareschi, anche chiamati “de Papa”, che avrebbero consacrato nel 1132 la restaurata chiesa di San Nicola de’ Calcarario e l’altare dedicato alla Santa Croce, alla Vergine Maria e al beato arcivescovo Nicola.

Le notizie d’archivio relative alla torre sono purtroppo frammentarie; secondo Tommassetti la torre del Papito sarebbe stata costruita nel secolo XIV dai Papareschi, poi sarebbe passata ai Foschi “de Judeis”, famiglia di origine ebraica, e alla famiglia dei Boccamazza.

Da un documento dell’Archivio di Sant’Angelo in Pescheria risulta che la torre è ancora dei Boccamazza nel 1369. Infatti il 12 marzo dello stesso anno Angela, vedova di Pietro di Guglielmo di Cesario Cesarini, vende a Francesco di Pucio, notaio del rione Campitelli

[…] un palazzo casa annessa e giardino circondato da chiostro e con pozzo, posto nella stessa regione e nella parrocchia di S. Nicolò di Calcarario”.

Tale palazzo era prospiciente su due lati la via pubblica e confinava con gli altri, “da un lato col forno de’ Cesarini, dietro con Cecco del fu Luzio Foschi, erede di Giovanni Boccamazza, da un altro lato con la torre di un certo Nicolò de’ Boccamazza, che è detta Torre del Papito”.

In un altro documento d’archivio che reca la data del 23 aprile 1369, è riportato che il palazzo era ornato di pitture ed era di recente costruzione; ciò ha indotto Marchetti Longhi a ipotizzare che si trattasse dell’antica abitazione di Giovanni de’ Cesarini addossata alla torre e con ingresso al numero 43 di via S. Nicola de’ Cesarini, ricordata nell’Itinerario di Cencio Camerario.

Nel 1383, secondo il Tommassetti, la torre fu lasciata con testamento da Lella Boccamazzi, vedova di Cecco Montanari, al figlio Giovanni Montanari.

Alla fine del secolo XIV la torre apparteneva ai Cesarini che nel 1444 edificheranno nelle immediate vicinanze un grandioso palazzo, costruito sull’area precedentemente occupata dalle modeste abitazioni di proprietà dei Montanari, dei Cesarii e degli Orsini e la situazione rimarrà invariata fino al primo quarto del secolo XVIII, quando la proprietà passerà ai Persiani, proprietari terrieri e allevatori di bestiame.

Nella pianta del Catasto Urbano ordinato nel 1818 da Pio VII, la torre è prospicente il vicolo dell’Olmo ed è racchiusa su due lati, a settentrione e a occidente, da due fabbricati, così come appariva alcuni anni prima nella pianta di Giovan Battista Nolli.

Nell’isolato che comprende la torre, è probabile, anche se non ne abbiamo testimonianza, che nella metà dell’800 siano stati attuati interventi di ristrutturazione edilizia, così come avvenne per il Palazzo Cesarini. Per quanto riguarda la proprietà Rodolfo Lanciani nella Forma Urbis Romae, alla fine del XIX secolo, la indica ancora di proprietà dei Persiani.

Nel 1917, con l’approvazione della Variante al Piano Regolatore, si attiva il procedimento che si conclude con la Convenzione stipulata tra l’Istituto Romano dei Beni Stabili e l’Amministrazione comunale (2 febbraio 1926) in base alla quale l’Istituto si impegnava, tra le altre cose, al restauro ed eventuale consolidamento del portico medievale della Torre.

Con Decreto Legge del 6 luglio 1931, di approvazione del Piano Regolatore Generale, fu previsto l’allargamento di via delle Botteghe Oscure, con il taglio dei fabbricati che si affacciavano sul lato sinistro della strada.

I lavori di demolizione saranno completati dopo la fine della guerra, mentre tra l’agosto e il settembre del 1941 fu attuato l’isolamento della torre, con la demolizione degli edifici che la cingevano su due lati, il quale mise in evidenza le aperture che nel tempo erano state create nelle murature per il collegamento dei corpi di fabbrica.

Si rese quindi indispensabile l’intervento di restauro con ripresa della struttura laterizia.

Furono tamponate le due porte che si aprivano al piano terreno sui lati meridionale e occidentale e furono risagomate o chiuse altre aperture nei piani superiori, mentre il lato settentrionale fu lasciato interamente privo di finestre.

Alla base, in corrispondenza della via San Nicola dei Cesarini, Antonio Muñoz, direttore dei restauri della torre, volle che venisse realizzato ex novo il portichetto, nel quale furono reimpiegate le colonne che provenivano da un edificio demolito per l’allargamento della via delle Botteghe Oscure.

A causa dei considerevoli restauri effettuati nel tempo e dell’assenza di un rilievo grafico della torre prima del suo isolamento, riesce oltremodo difficile conoscere quali trasformazioni furono realizzate all’interno e in particolare nei due lati settentrionale e orientale.

Testo e immagini dall’Ufficio stampa Zètema Progetto Cultura

Pin It