Anche in questo momento il fenomeno delle mafie può somigliarci, pericolosamente. Più volte sottovalutata, la questione era stata sottolineata da Giovanni Falcone con esiti, come tutti sappiamo, drammatici.

Ci somiglia quella mafia che con l’onore giustifica i crimini che compie in nome di un santo, di una simbologia, di una parentela di sangue. Infiltrata nell’economia mondiale grazie al sostegno di scaltri imprenditori che ai boss, dismessa coppola e lupara, chiedono e offrono favori. Dall’Aspromonte la ‘ndrangheta si è ormai organizzata a fornire beni e servizi: dalla droga alla prostituzione, dallo smaltimento di rifiuti tossici alla corruzione può coprire ogni necessità che diventa pubblica quando lo Stato rallenta le proprie azioni di contrasto.

Ed ecco perché anche in questo momento di emergenza sanitaria e di blocco delle attività commerciali e produttive, si fa largo il monito del Procuratore della Repubblica di Catanzaro Nicola Gratteri, tra i magistrati più esposti nella lotta alla ‘ndrangheta, a cui gli fa eco il Procuratore di Perugia Fausto Cardella. L’appello a che cittadini e istituzioni facciano attenzione al ricatto che le mafie potranno infliggere ora ad una società più vulnerabile è chiaro. Se già prima la crisi economica costringeva le aziende alla chiusura, adesso la recessione cui stiamo andando incontro promuoverà la richiesta di sussidi ingenti che, se lo Stato non sarà in grado di soddisfare, porterà probabilmente all’intervento delle mafie. Benefattori e portatori di consenso utilizzeranno l’usura non come fonte di arricchimento ma perché, grazie al tasso sul prestito, potrebbero riuscire a rilevare l’impresa commerciale e  trasformarla in una lavatrice per il riciclaggio di denaro proveniente da traffici illeciti.

La metamorfosi a cui la ‘ndrangheta si presta coincide con gli storici rapporti tra massoneria deviata e grande impresa, così “se a livello mondiale opera su nuovi mercati, a livello locale continua a esercitare il controllo del territorio con modalità tradizionali come l’estorsione” che nel circolo vizioso diventa protezione e anche “imposizione di servizi – come quello della guardiania -, l’acquisto di merci, l’assunzione di personale e manodopera”, consentendo di “condizionare più facilmente le scelte delle amministrazioni locali”.

I mafiosi non sparano più e usano la violenza solo se necessario, ma questo non significa che il loro potere è diminuito. L’ultimo libro di Nicola Gratteri e Antonio Nicaso, dal titolo La rete degli invisibili, apre alla storia della ‘ndrangheta e alla sua evoluzione. Per spiegare le logiche che reggono la famiglia e il clan il testo ricorre ad un punto di vista duplice, psicologico e antropologico, come spiega lo psicologo clinico Antonino Giorgi per il quale “i mafiosi non hanno un’identità soggettiva, esistono solo in funzione della loro appartenenza”. In questo modo, partendo dalla psiche, l’associazione mafiosa viene scardinata dalle sue fondamenta. Sanno bene come farlo i due autori che a quattro mani hanno scritto una decina di saggi sull’argomento: Gratteri dal punto di vista della magistratura e delle operazioni che con le Forze dell’Ordine la Procura ha portato a termine (ricordiamo che il Procuratore, per il lavoro che svolge contro le mafie, vive sotto regime di scorta dal 1989), Nicaso in qualità di storico delle organizzazioni criminali e massimo esperto di ‘ndrangheta nel mondo.

Il leitmotiv che accomuna tutti i loro libri è la necessità di mettere la Storia al centro, in modo da poter ricostruire fatti e personaggi che dal periodo borbonico hanno trasformato la ‘ndrangheta così come la conosciamo oggi, dimostrando al lettore che qualunque cosa è avvenuta per un motivo ed è indissolubilmente legata al territorio e alla famiglia di origine.

Tre sono le novità che si inseriscono in questo ultimo libro: l’attenzione ai nuovi rampolli, sempre più giovani, al loro linguaggio e atteggiamento legato all’uso dei social network e alle economie digitali e sommerse;  tre capitoli sono dedicati “alla possibilità di scegliere”, a quei giovani e a quelle donne che hanno deciso di tagliare i legami con la famiglia pagando un prezzo altissimo (la forza di quelle madri che grazie ad un progetto del Tribunale dei Minori di Reggio Calabria hanno richiesto “l’allontanamento dei figli minori dalle famiglie affiliate”), la sfida dell’omosessualità contro il pregiudizio violento delle cosche; affrontare e argomentare la cultura mafiosa attraverso le scienze psicologiche che restituiscono ai rituali di affiliazione l’importanza derivata per comprenderne il comportamento, riconoscendo infine che “senza quell’apparato rituale i mafiosi sarebbero qualcosa di diverso rispetto a ciò che sono. È proprio il rituale che li accomuna (…) Senza quei giuramenti, quelle cerimonie che sanno d’antico, quei miti che richiamano alla mente i racconti cavallereschi di cappa e spada, la ‘ndrangheta non avrebbe un’identità, una storia condivisa a cui aggrapparsi”.

 

La rete degli invisibili Nicola Gratteri Antonio Nicaso
La copertina del libro La rete degli invisibili di Nicola Gratteri e Antonio Nicaso, pubblicato da Mondadori

Nicola Gratteri e Antonio Nicaso, La rete degli invisibili, ed. Mondadori 2019, pagg. 204, euro 18.

 

 

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