Svelata l’origine medievale dei terrazzamenti agricoli dell’Appennino settentrionale, e in particolare tosco-emiliano: un esempio di resilienza antica che può ispirare l’agricoltura sostenibile di oggi
Uno studio internazionale a cui ha partecipato l’Università degli Studi di Milano ha ricostruito attraverso tecniche geoarcheologiche avanzate, l’origine medievale dei terrazzamenti agricoli nell’Appennino tosco-emiliano. La ricerca, focalizzata principalmente sul territorio di Vetto d’Enza (Reggio Emilia) evidenzia come queste strutture siano il frutto di strategie di adattamento ambientale adottate dalle comunità locali fin dal IX secolo. I risultati, pubblicati sulla rivista Scientific Reports, potrebbero suggerire nuove strategie per rafforzare la resilienza delle aree montane oggi a rischio per la crisi climatica.
Milano, 28 luglio 2025 – Fin dal IX secolo le popolazioni dell’Appennino settentrionale hanno modellato il loro territorio per fronteggiare sfide ambientali, economiche e demografiche.
A rivelarlo è un nuovo studio condotto nell’ambito del progetto HiLSS – Historic Landscape and Soil Sustainability, finanziato dal programma europeo “HORIZON 2020 – Marie Skłodowska-Curie Actions”. La ricerca è stata guidata da Filippo Brandolini, Marie Curie Fellow presso il Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università Statale di Milano e Massachusetts Institute of Technology (MIT, USA), in collaborazione con l’Università di St Andrews (UK) e l’Università di Newcastle (UK).

Lo studio, pubblicato su Scientific Reports, si è concentrato principalmente sul comune di Vetto d’Enza (Reggio Emilia), situato all’interno della Riserva MAB (Man and the Biosphere) UNESCO dell’Appennino tosco-emiliano, dove sono stati analizzati i terrazzamenti medievali oggetto dell’indagine. In quest’area, grazie all’impiego di tecniche di datazione all’avanguardia come la Optically Stimulated Luminescence Profiling and Dating (OSL-PD) – un metodo che consente di datare i sedimenti analizzando la luce emessa dai minerali di quarzo quando vengono stimolati otticamente, rivelando il momento della loro ultima esposizione alla luce solare – il gruppo di ricerca è riuscito a ricostruire la storia di questi paesaggi unici.
È emerso così che le prime fasi di costruzione dei terrazzamenti agricoli risalgono al IX secolo d.C., ben prima dell’edificazione delle fortificazioni medievali documentate dalle fonti storiche, come il castello di Vetto, costruito solo alla fine del XII secolo. Ma questi terrazzamenti non rimasero immutati: tra l’XI e il XIII secolo, durante il cosiddetto “Periodo Caldo Medievale”, un’epoca caratterizzata da un clima più mite, furono ampliati e ristrutturati per adattarsi alle nuove condizioni ambientali.

Poi nel corso dei secoli, le strutture subirono ulteriori modifiche in risposta ai cambiamenti climatici. Alcuni interventi più recenti risalgono alla “Piccola Età Glaciale” (XIV–XVIII secolo), quando il calo delle temperature e l’aumento delle precipitazioni resero necessario il restauro dei muri a secco e dei terrapieni. Anche in questa fase, l’agricoltura locale dimostrò una notevole capacità di adattamento, traducendosi in innovazioni tecniche che garantirono la continuità delle coltivazioni nonostante le difficoltà ambientali.
Inoltre, la costruzione delle terrazze sembra aver richiesto una notevole mobilitazione collettiva, a conferma del ruolo attivo delle popolazioni rurali nella gestione delle risorse naturali e nella trasformazione del paesaggio.
«Le terrazze di Vetto, oggi in parte abbandonate, sono molto più che semplici tracce del passato, ma rappresentano esempi concreti di come le comunità locali abbiano saputo modellare il territorio per affrontare sfide ambientali, economiche e demografiche. In un contesto come quello attuale, in cui il cambiamento climatico impone nuove strategie di gestione del territorio, riscoprire e valorizzare questi sistemi potrebbe offrire soluzioni efficaci per rafforzare la resilienza delle aree montane» spiega Filippo Brandolini.
In conclusione, questa ricerca offre un contributo importante non solo alla comprensione della storia agraria e archeologica dell’Appennino settentrionale, ma anche al dibattito contemporaneo sulla gestione sostenibile del suolo. Il recupero e la valorizzazione dei terrazzamenti storici potrebbero oggi rappresentare una risorsa strategica per contrastare l’erosione del suolo, incentivare l’agricoltura di montagna e affrontare con consapevolezza gli effetti del cambiamento climatico.

Riferimenti bibliografici:
Brandolini, F., Kinnaird, T.C., Srivastava, A. et al., Geoarchaeology reveals development of terrace farming in the Northern Apennines during the Medieval Climate Anomaly, Sci Rep 15, 24989 (2025), DOI: https://doi.org/10.1038/s41598-025-08396-2
Testo e immagini dall’Ufficio Stampa Università degli Studi di Milano, Direzione Comunicazione ed Eventi Istituzionali