Ho tenuto in mano questo libriccino per una settimana prima di accingermi a buttare giù queste righe. Come trattenuta da una forma di curiosa pudicizia, di timore di violare un patto segreto, un accordo silenzioso nascosto tra le righe. Ci sono libri che spalancano le porte al lettore e lo invitano a varcare il tappeto rosso steso ai suoi piedi; e ci sono libri più riservati, che lasciano che dalla porta socchiusa entri un timido raggio di luce a illuminare un pulviscolo danzante e che impongono allo sguardo di addentrarvisi con delicata lentezza.

È questo il caso di Non ci sono che ombre di Alessandra Stella (Quaderni di poesia, Eretica Edizioni, Buccino [SA] 2020), opera prima di un’autrice dalla voce sottile ma penetrante che esplora il continente sommerso delle paure e della frammentazione di sé che si ricompone a tratti solo attraverso la cucitura solida della scrittura. Strano è il sapore di questi versi e non è un caso che la prima lirica si intitoli proprio “Umami” e porti con sé la sapidità delle lacrime che si mescola al respiro e al sangue ferruginoso che percorre e infetta un corpo visto come “vuoto contenitore” dilavato da “acqua straniera”, spoglia inerte che tuttavia non riesce a cedere all’abbandono e alla stasi.

Il libro di Alessandra Stella, Non ci sono che ombre. Foto di Sara Ricci

Sembra un canzoniere amoroso ma l’inganno si svela presto: l’amore è un “morbo” che risucchia l’orizzonte, che avvolge e stritola, che toglie l’aria e cancella i confini smarriti per perdersi nell’Altro nel tentativo di ritrovarsi intera. C’è un disegno che si mostra in filigrana e che parte da quel “corpo, vuoto contenitore” e conduce alla meta attraverso un sentiero accidentato di ripensamenti, ironico distacco, fulminee visioni, immagini dissonanti, feroce disperazione e ribollente consapevolezza.

Un dialogo per voce sola in cui l’Altro appare lontano perché sepolto nella mente, inabissato nella carne, materia viva e pulsante che esige spazio, che ambisce a godere di vita propria. E il contenitore non basta a trattenere questo anelito, divenendo presto terra bruciata su cui macerie fumanti restano a testimoniare una battaglia mai sopita. C’è un’ombra oscura che si frappone tra lo sguardo e gli oggetti che abitano queste liriche, come se la bellezza, pura e rifulgente, fosse troppo violentemente luminosa per essere contemplata senza straziare gli occhi e quel velo fosco costituisse una lente protettiva per sopportarla.

In quella oscurità, nel luogo in cui “non ci sono che ombre” si annida il tarlo di una depressione paralizzante che al tempo stesso diviene primo motore immobile di una coraggiosa esplorazione di se stessi. E quel corpo disabitato e vuoto, quel corpo che l’Altro non riesce a vedere, quel corpo ridotto in minuscoli frammenti aguzzi privi di significato torna ad essere percorso dal desiderio di “guardare l’orizzonte attraverso un muro: viverlo nell’oltre di sperate meraviglie”.

Ed è ancora l’amore quella forza che, come direbbe Dante, “move il sole e l’altre stelle” a rischiarare le ombre e a proiettare su di esse un vapore di speranza, una possibile risposta a domande inevitabilmente sospese nella rumorosa eco di un vuoto che inghiotte ogni cosa. È l’amore, infine, a restituire le giuste proporzioni a quel corpo che al termine del viaggio ritrova i suoi confini e la propria identità, costellata di cicatrici ma unica e irriproducibile. Questa raccolta di poesie possiede una forza inconsueta che riluce come un lampo nei versi fulminei, rapidissimi, spiazzanti. Che si fa ragionamento, talvolta involuto, attorno al vuoto, prezioso ricamo di parole che si nutrono di silenzio e in esso fanno risuonare una musica propria, un ritmo preciso che è al tempo stesso condanna e assoluzione.

Una scrittura densa di luci e ombre, di dissonanze talvolta stranianti, di accordi sospesi con un punto coronato che ritarda ogni possibile risoluzione e lascia che la mente indugi in quello stato di febbrile attesa che si spegne. È un seme da cui sono certa germoglierà presto altra bellezza. Sotto un velo di terra si intravede già un verde germoglio, filo sottile e tenace con cui tessere altre storie, appiglio per nuovi smarrimenti, traccia impalpabile per ritrovarsi. O forse per perdersi ancora.

Alessandra Stella non ci sono che ombre
La copertina del libro Non ci sono che ombre di Alessandra Stella, pubblicato da Eretica Edizioni (2020) nella collana Quaderni di poesia

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