Il mare breve (A Short Sea), docu-film di Matteo Gamannossi e Riccardo Cocumarolo
14’54” | Italia | Doc | 2025
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Il trailer da IULM Lab: https://www.iulmplay.it/video/KQe1wyRbJY/
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commento a cura di Marika Iannetta
Il mare breve: la luce della solitudine
«Ho trascorso gran parte della mia vita da sveglio,
in attesa di navi che non sono mai arrivate».
Sullo sfondo di un mare mosso in penombra si staglia, sul vuoto cosmico di un ambiente balneare, un anziano signore, un naufrago superstite della vita. L’unico rimasto in circolazione, a suo dire, intento a compiere un’azione apparentemente banale: custodire l’accensione e lo spegnimento di un faro. È completamente solo. La sua voce, che ci culla per tutto il prosieguo della narrazione filmica, è calda e, allo stesso tempo, profonda. Ci arriva lieve ma, come un’improvvisa folata di vento che smuove le foglie, crea nello spettatore uno stato d’allerta. Non possiamo, dunque, distogliere l’attenzione da ciò che ha da rivelare, nel crepuscolo dell’esistenza. Come sottolinea, con tono prostrato, le navi non arrivano più. E nemmeno i marinai, ormai da lungo tempo. Non una sola anima viva si muove durante il succedersi dei giorni o delle notti, eppure, lui è sempre lì, al faro, e aspetta. Continua ad aspettare. A tratti, sembra di scorgere lo spettro dell’impavido capitano Drogo de Il deserto dei tartari di Dino Buzzati, un eroe silenzioso, che vive nell’attesa di qualcosa che sembra non arrivare mai ed è attraversato dal desiderio di sentirsi utile, vivo, al fine di dare un significato alla ripetizione meccanica dei gesti e delle stagioni, pur nel cuore grande di una solitudine senza scampo.
Perché Il mare breve di Matteo Gamannossi e Riccardo Cocumarolo parla proprio di questo, in fondo, della solitudine. Di come navigarla. Di questo sentimento viscerale che ci abita da sempre, fin dal primo vagito della nascita e da cui, invano, tentiamo di sfuggire, nel corso del tempo. E il nostro guardiano, sulla soglia dell’età senile, tutto rughe, capelli bianchi e sguardo nostalgico, forse, una soluzione per far pace con la solitudine l’ha trovata. Sta nel farsi paesaggio. Nell’assorbire, ascoltare i rumori sotterranei e i silenzi brulicanti delle onde che volteggiano. Sta nella capacità di riuscire a immedesimarsi in quella luce lontana, intermittente, che rompe il buio e dà la speranza di vibrare ancora, nonostante gli anni macinati sulla pelle. Sta, poi, nella replica costante di azioni minime che da alienanti diventano salvifiche, nel momento in cui identificano il soggetto come materia pulsante, funzionante, fatta di ricordi eterni, affetti e relazioni familiari.
In un’intima e pacificata comunione con il paesaggio, così, il nostro protagonista, accompagnato nelle composte movenze da una colonna sonora accudente, lascia spazio all’esplosione pacata dell’amore filiale. Si concede un momento di condivisione spensierato ed autentico, lasciandosi travolgere dalla memoria di un’infanzia senza pretese, felice, fatta di giochi paterni e stelle filanti, le quali, come le intermittenze del faro, lo sottraggono per sempre dall’abisso del nulla e lo ricongiungono al filo di un presente che, ancora, vale la pena vivere.
ll guardiano del faro più remoto d’Europa fissa da lontano il mondo invisibile attorno a lui e, vicino al suo pensionamento, cerca di dare un senso a tutta la sua solitudine.
Sinossi
Sin da quando era giovane, esattamente come suo nonno e suo padre, Hans Petur ha svolto, vivendo in totale isolamento, la professione di guardiano del faro di Akraberg, uno degli scogli più remoti d’Europa, nell’arcipelago delle Faroe.
Ora che è finalmente arrivato il suo ultimo giorno di servizio, nell’ultima notte di vento e vuoto che lo aspetta, Hans dovrà capire se la pensione è davvero un premio o se invece tutto quello che, in fondo, desidera non è nient’ altro che l’avventura di quella solitudine perfetta senza tempo e compagnia.
note di regia
L’Europa è da sempre il continente della vicinanza, mostrando se stessa per quello che è: un territorio dove tutto, in fondo, può essere raggiungibile. La storia di Hans Petur, dalle isole Faroe, vuole essere così un ritratto paradossale: la possibilità della lontananza come esplorazione estrema di un resto di vita. Il margine concreto di una vita inquadrata con un cannocchiale che riesce a vedere qualsiasi cosa, ma che, dal canto suo, non viene vista da nessuno. Il faro diventa, così, con la sua verticalità, esperienza di uno sguardo contrastato e il campo lungo della porzione di esistenza dove siamo arrivati, tra mille asperità, conferisce al cortometraggio il valore di un racconto “fisico” dove vento, mare, buio e salsedine di millenni crea il contatto con la solitudine pura e vera di uno straordinario uomo qualunque.
dettagli tecnici
Screening Format: Shooting
Format: digital
Aspect Ratio: Cinemascope (2,65:1)
Sound: Stereo
Lingua: Faroese, Italiano, Inglese
Sottotitoli: Inglese, Italiano
Color: Color
Paese di produzione: Italia, Isole Faroe
Genere: Docufilm, Drammatico
Camera: Blackmagic Pocket Cinema Camera 6K
Pro Lenti: Laowa Nanomorph 27mm, 35mm, 50mm
Audio: Tascam DR-40X, Røde NTG2, Røde Blimp
crew
Regia: Matteo Gamannossi e Riccardo Cocumarolo
Sceneggiatura: Matteo Gamannossi
Fotografia: Giuseppe Campo
Cast: Hans Petur Kjærbo, Edith Holm í Trøðini, Aron Davidson
Editor: Riccardo Cocumarolo, Matteo Gamannossi
Musica: Keaton Henson
Presa diretta: Riccardo Cocumarolo
Sound Design: Riccardo Cocumarolo
Comunicazioni ufficiali e immagini da IULM Lab e Nieminen Film.