18 Maggio 2015
Un nuovo studio pubblicato su PNAS ha messo in evidenza come la diminuita mobilità, e l’incremento della sedentarietà, in collegamento con la pratica dell’agricoltura, abbiano determinato ossa più leggere e più fragili nei moderni umani, nell’arco degli ultimi 30 mila anni.
La mobilità è declinata per la prima volta durante il Neolitico, per poi proseguire gradualmente con l’intensificazione delle pratiche agricole. Nessun cambiamento è avvenuto negli ultimi duemila anni invece, per cui lo scheletro più gracile degli umani non è dovuto alla meccanizzazione e all’industrializzazione, ma alla precedente sedentarietà determinata dal cambiamento nella produzione di cibo.
La diminuzione nella robustezza dello scheletro umano è stata associata all’aumento della sedentarietà nell’Olocene da tempo: tutto questo è stato però difficile da rendere archeologicamente. Il nuovo studio ha preso in considerazione 1842 individui da tutta Europa per un arco temporale che va dal Paleolitico Superiore fino al ventesimo secolo.
Lo studio “Gradual decline in mobility with the adoption of food production in Europe”, di Christopher B. Ruff, Brigitte Holt, Markku Niskanen, Vladimir Sladek, Margit Berner, Evan Garofalo, Heather M. Garvin, Martin Hora, Juho-Antti Junno, Eliska Schuplerova, Rosa Vilkama, e Erin Whittey, è stato pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America.
Link: PNAS 1, 2; John Hopkins Medicine; Daily Mail; Past Horizons
Sennedjem ara i suoi campi con un paio di buoi, usati come bestie da carico e fonte di cibo. Dal a Wikipedia, Pubblico Dominio, caricata da Jeff Dahl