L’identitikit di animali estinti a portata di click
Dal laboratorio di paleontologia della Sapienza nasce il portale PaleoFactory
Il laboratorio di paleontologia di Scienze della Terra della Sapienza ha da oggi una nuova vetrina che si chiama PaleoFactory. Da questo portale infatti è possibile monitorare le attività del laboratorio e avere informazioni sulle ricerche in atto. L’immagine scelta dai curatori è quella di una tigre dai denti a sciabola, il predatore preistorico del quale il laboratorio conserva un intero cranio perfettamente intatto.
Il laboratorio PaleoFactory, diretto da Raffaele Sardella, del dipartimento di Scienze della Terra, ha come obiettivo lo studio degli organismi del passato e la loro evoluzione attraverso metodi all’avanguardia. Il team di ricerca si occupa dell’analisi di reperti fossili grazie all’utilizzo di tecnologie moderne quali la computer graphic e la TAC, accanto ai metodi di indagine più tradizionali. Il gruppo di paleontologi della Sapienza, il cui lavoro si caratterizza per un’ampia multidisciplinarietà, sta già portando avanti e sviluppando alcuni progetti attivi da qualche anno presso l’Università in diversi ambiti, dagli studi scientifici tout court, fino divulgazione e alla didattica.
Una delle ricerche più recenti del team, che ha suscitato grande interesse scientifico, è stata quella relativa a un fossile straordinario. Si tratta del calco naturale di un grifone preistorico, che si è conservato per millenni all’interno di una roccia vulcanica, il Peperino Albano, nella zona degli attuali Castelli Romani. La roccia stata prodotta dall’attività di un grande vulcano, che nella parte finale del Pleistocene (circa 30 mila anni fa) era ancora attivo nella zona. La scoperta di questo grifone preistorico, avvenuta alla fine dell’Ottocento, è dovuta allo studioso italiano Romolo Meli, che raccolse dei blocchi di roccia contenenti evidenti tracce delle penne di un grande rapace. L’attenta analisi delle cavità presenti nelle rocce ritrovate permisero allo scienziato di classificare il fossile come appartenente alla specie del grande avvoltoio grifone (Gbps fulvus). Eccezionalmente, varie parti del corpo dell’animale, come la testa o le zampe, oltre a molte penne delle ali, avevano lasciato delle cavità nella pietra, che ne permisero la ricostruzione.
Ma se fino all’inizio del XXI secolo l’unico metodo per avere informazioni sull’aspetto di questo antichissimo rapace era l’osservazione diretta, negli ultimi anni l’applicazione combinata delle TAC effettuate sui blocchi e delle più moderne tecniche di elaborazione delle immagini al computer, ha permesso al team di PaleoFactory di ricostruire nel dettaglio e senza danneggiare i delicati reperti il suo aspetto originale. Il quadro derivante da questi nuovi studi confermava le indicazioni generalmente conosciute per questo fossile, ma consentiva anche di approfondire alcuni suoi aspetti, come ad esempio la vera causa della sua morte. Il grifone venne ucciso da uno shock termico dovuto all’emissione di materiale vulcanico, ma questo avvenne a temperature tali da non bruciare completamente il suo corpo, che lasciò quindi nella roccia un calco naturale. I risultati di questo nuovo approccio metodologico allo studio del fossile di Peperino sono stati pubblicati da Bellucci, Iurino, Schreve e Sardella nel 2014 sulla rivista internazionale Quaternary Scence Review. Le ricerche riguardanti il grifone proseguono ancora oggi e potranno rivelare ancora molto sugli ultimi momenti della vita del grande rapace e sull’ambiente naturale in cui viveva 30 mila anni fa.
Oltre a promuovere al pubblico studi e scoperte, la nuova pagina web di PaleoFactory si propone di diventare una sorta di vetrina per le attività e per le persone coinvolte nel gruppo di ricerca, come tesisti, dottorandi e collaboratori, e di essere un importante strumento di dialogo con studenti, insegnanti, ricercatori, appassionati. Attraverso il portale è possibile consultare catalogazione di collezioni di fossili, e richiedere l’utilizzo di servizi quali le ricostruzioni virtuali di ambienti e organismi del passato, la preparazione, la stampa in 3D e la ricostruzione fisica dei reperti, gli scavi paleontologici e le ricognizioni sul campo.
Testo dall’Ufficio Stampa e Comunicazione Università La Sapienza di Roma.
Mammut lanoso, modello dal Royal BC Museum, a Victoria (Canada), foto di da Wikipedia, CC BY-SA 2.0, caricata da FunkMonk.