Galleria Nazionale delle Marche: il restauro dello stendardo di Antonio Alberti

L’intervento sull’opera quattrocentesca sarà a carico delle Scuderie del Quirinale di Roma, grazie ai prestiti eccellenti del museo urbinate in occasione della mostra in corso dedicata all’“Arte liberata”

Nell’ambito della mostra Arte liberata 1937-1947. Capolavori salvati dalla guerra in corso a Roma presso le Scuderie del Quirinale, che vede la Galleria Nazionale delle Marche principale partner del prestigioso istituto, è stato sottoscritto un accordo grazie al quale – a fronte degli importanti prestiti concessi dal museo urbinate – l’istituto romano finanzierà il restauro dello stendardo di Antonio di Guido di Giovanni Recchi, più noto come Antonio Alberti da Ferrara, rappresentante la Crocefissione (recto) e i Santi Giacomo Maggiore e Antonio Abate (verso). Il lavoro è stato affidato al restauratore Giacomo Maranesi.

Stendardo Antonio AlbertiNote storiche

Lo stendardo fu realizzato nel 1438 per la Confraternita di Sant’Antonio Abate di Urbino; tuttavia nel 1831, quando il cardinale Giuseppe Albani fece costruire il nuovo palazzo di famiglia demolendo gli edifici preesistenti tra cui l’Oratorio della Confraternita, gli arredi e gli oggetti d’arte, compreso lo stendardo, furono trasferiti nell’Oratorio di San Giovanni Battista.

Negli anni Sessanta dell’Ottocento l’opera venne trasferita nel Museo dell’Istituto di Belle Arti delle Marche, presso l’ex Convento di San Benedetto, per poi passare dal 1883 nel Palazzo Ducale di Urbino, nuova sede di quel Museo che, nel 1912, sarebbe diventato Galleria Nazionale delle Marche.

Le due facce dello stendardo raffigurano, sul recto, la Crocifissione con Longino che trafigge il costato del Cristo e, ai piedi della Croce, la Madonna, San Giovanni Apostolo e la Maddalena Genuflessa mentre, sul retro, i Santi Giacomo Maggiore, in passato confuso con la figura del Redentore, e Antonio Abate.

 

Il restauro

In quest’opera l’autore appare meno legato al decorativismo tardo gotico, che solitamente gli appartiene, per lasciare maggior spazio a una narratività più scarna e didascalica. A causa dell’eccessiva esposizione devozionale e di evidenti ridipinture, l’opera ha in parte perso le caratteristiche originali, pur mantenendo la solidità dell’impianto primitivo.

Pur non presentando fenomeni di degrado in progressione, la lettura del dipinto appare oggi disturbata dalla presenza dall’alterazione dei vecchi interventi di restauro mentre, il verso dell’opera, nell’attuale collocazione, non è visibile. Il restauro mirerà a eliminare i potenziali fattori di degrado e le interferenze visive attraverso la rimozione dei materiali obsoleti legati ai precedenti interventi, risanando le lacerazioni, distendendo il supporto e pulendo le superfici pittoriche.

Al termine delle operazioni, approfittando anche del riallestimento de piano nobile del Palazzo Ducale, l’opera sarà collocata in modo tale da rendere visibili ambedue le facce dipinte.

Testo e immagini dagli Uffici Stampa Mario Ferri e Galleria Nazionale delle Marche

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