PAROLE CHE ALLUNGANO LA VITA: PENSIERI PER IL NOSTRO TEMPO, DI IVANO DIONIGI
Parole che allungano la vita, edito da Raffaello Cortina Editore (2020), è un proficuo saggio di Ivano Dionigi, cultore del mondo classico e già Rettore dell’Alma Mater Studiorum Università degli studi di Bologna.
L’opuscolo di Dionigi, suddiviso in tanti capitoli quante sono le parole cui l’autore dedica particolare attenzione, rappresenta un vero e proprio ‘baluardo’ contro la barbarie della contemporaneità. In un secolo dove la tecnologia – vista da più punti di vista – regna sovrana e l’attenzione dell’uomo è sempre più disinvolta verso nuove frontiere, l’aspetto morale, intrinseco e il valore fondante di concetti che un tempo erano di spiccato interesse, oggi tendono sempre più a scemare verso un continuo stravolgimento del modus vivendi.
L’autore sottolinea l’importanza del ‘classico’, soprattutto in un periodo in cui l’interesse non soltanto per il latino e greco, ma per la cultura classica in toto è sempre più in bilico. Dionigi non manca di sottolineare l’importanza della lettura dei classici e lo fa citando Umberto Eco, durante una conferenza tenutasi il 9 ottobre del 2002, che sentenziò:
“La lettura dei classici allunga la vita” (p. 19).
La nostra era è fortemente debitrice nei confronti del mondo antico e lo stesso Dionigi lo afferma nella sua Premessa:
«Verso la sapienza e i saperi della classicità noi siamo debitori anzitutto di alcuni lasciti culturali specifici. Penso in particolare alla riflessione politica della Grecia classica, al patrimonio scientifico ellenistico, all’autonomia del diritto romano. […] la classicità è il mondo dei libri e non del Libro, delle scritture e non della Scrittura, della ragione e dei suoi limiti, della radicalità delle idee e dei loro conflitti, della critica e dell’autocritica. Ma il debito più rilevante e duraturo rimane quello linguistico» (p. 19).
Il latinista, infatti, focalizza l’attenzione soprattutto sull’utilizzo della parola e di quanto essa possa declinarsi a concetti che, oggi, sembrano essersi persi. Il latinista, infatti, lamenta un sempre meno utilizzo corretto della parola; questo fenomeno, soprattutto, divampante col sempre maggior utilizzo della tecnologia informatica sta portando, inesorabilmente, ad una alienazione linguistica.
Dionigi, prendendo spunto da eventi di attualità, elenca – capitolo per capitolo – una serie di parole (ad esempio: intelligere, invenire, homo ecc.) col fine di ripristinarne il valore intrinseco e di rifocillare quell’umanità che pian piano sembra logorarsi. Ad esempio, nel secondo capitolo – La parola può tutto – Dionigi chiama a testimone Gorgia, uno dei sofisti più esemplari dell’antichità, che, in merito all’utilizzo della parola, affermò che essa può:
«spegnere la paura, eliminare la sofferenza, alimentare la gioia, accrescere la compassione» (p. 26).
Il richiamo al ‘classico’, all’utilizzo del latino e del greco – due lingue morte, sic dicitur, ma sempre così attuali – devono essere considerati un lascito, una lente di ingrandimento, una vera e propria guida per orientarsi nel marasma contemporaneo. Il pamphlet non vuole essere uno studio filologico sul classico, ma una guida sicura al riutilizzo della parola e della lingua in un periodo in cui essa, come suddetto, è più preda dell’alienazione coattiva del contemporaneo.
L’opuscolo di Dionigi è lineare, poco tecnico e rivolto soprattutto a riconsiderare il nostro tempo volgendoci non soltanto al presente, ma anche al passato. Questo concetto è confermato dal sottotitolo del saggio – Pensieri per il nostro tempo – che suggerisce a chiunque si appresti alla lettura di riconsiderare la nostra condizione sotto un’altra luce, forse con un appiglio più critico e meno superficiale.
Classico non è ciò che è stato; la sua lontananza nel tempo non si riassume nell’oblio contemporaneo, ma come affermava Osip Ėmil’evič Mandel’štam, saggista e poeta russo, classico è: «ciò che ha ancora da essere».