Pompei, siamo nell’area extra moenia della città antica presso la necropoli di Porta Sarno, dove la missione archeologica dell’Università Europea di Valencia, in collaborazione con il Parco Archeologico, ha scoperto una nuova tomba il cui proprietario era il liberto Marco Venerio Secundio.

Gli archeologi, durante l’ultima campagna di scavi che si è conclusa appena pochi giorni fa, hanno individuato presso la necropoli di Porta Sarno, ad est dell’antico centro urbano, una tomba con all’interno un individuo inumato ed, eccezionale per Pompei, il corpo non combusto ma in parte mummificato con residui di capelli del defunto.

Sulla lastra marmorea posta sul frontone della tomba l’iscrizione commemorativa ne ha permesso la decifrazione e l’attribuzione ad un proprietario ben preciso cioè proprio Marcus Venerius Secundio, personaggio già noto in città. La struttura sepolcrale è stata datata all’ultimo decennio di vita di Pompei ed è costituita da un recinto in muratura dove si conservano ancora tracce di policromia e disegni: piante verdi su fondo blu.

Chi era questo personaggio? Certamente non sconosciuto a Pompei, Marcus Venerius Secundio era presente nell’archivio delle tavolette cerate del banchiere Cecilio Giocondo e dal nome, riusciamo a ricostruire anche la sua storia, quella di liberto e custode del tempio di Venere.

Una volta “manomesso”, la “manumissio” indica nel diritto romano l’atto con cui il proprietario libera uno schiavo, ha raggiunto un certo livello sociale ed economico come confermerebbe non solo la bella tomba monumentale ma anche l’iscrizione dove, oltre ad essere citato come Augustale, cioè membro del collegio dei sacerdoti dediti al culto imperiale, è ricordato come “colui che diede ludi greci e latini per la durata di quattro giorni”. Una testimonianza diretta di ludi greci, cioè in lingua greca che prima si potevano solo ipotizzare sulla base di riscontri indiretti e oggi simbolo della κοινή mediterranea.

“Abbiamo qui un’altra tessera di un grande mosaico, ovvero la Pompei multietnica della prima età imperiale, dove accanto al latino è attestato il greco, all’epoca la lingua franca del Mediterraneo orientale. Che si organizzassero anche spettacoli in greco è prova del clima culturale vivace e aperto che caratterizzava l’antica Pompei”- dichiara Gabriel Zuchtriegel, Direttore Generale del Parco Archeologico di Pompei.
Dal punto di vista antropologico interessante è anche lo stato di conservazione dello scheletro di questo noto personaggio, uno dei meglio conservati a Pompei. Il defunto fu inumato in una piccola cella ma non era solo perché nella restante parte del recinto sono state trovate due incinerazioni in urna tra cui una appartenente ad una donna di nome Novia Amabilis.

Il rito funerario utilizzato è sicuramente insolito per l’usus pompeiano in quanto nella fase romana si utilizzava l’incinerazione per individui adulti mentre solo i fanciulli venivano inumati. Le analisi preliminari sul defunto hanno constatato un’età avanzata, aveva superato i 60, e le eccezionali condizioni di un ambiente ermeticamente chiuso hanno permesso all’équipe diretta da Llorenç Alapont di ritrovare anche tracce di capelli e una porzione di orecchio. Inoltre vi erano anche elementi di corredo tra cui un unguentario in vetro e numerosi frammenti riconducibili a quello che doveva essere del tessuto.

“Bisogna ancora comprendere se la mummificazione parziale del defunto è dovuta a un trattamento intenzionale o meno – spiega il professor Llorenç Alapont dell’Università di Valencia – In questo l’analisi del tessuto potrebbe fornire ulteriori informazioni. Dalle fonti sappiamo che determinati tessuti come l’asbesto venivano utilizzati per l’imbalsamazione. Anche per chi come me si occupa di archeologia funeraria da tempo, la straordinaria ricchezza di dati offerti da questa tomba, dall’iscrizione alle sepolture, ai reperti osteologici e alla facciata dipinta, è un fatto eccezionale, che conferma l’importanza di adottare un approccio interdisciplinare, come l’Università di Valencia e il Parco Archeologico hanno fatto in questo progetto.”

I resti sono stati trasportati al Laboratorio di Ricerche Applicate nel sito di Pompei dove hanno subito i primi interventi di analisi e conservazione. Inoltre il Parco Archeologico ha avviato una serie di interventi di messa in sicurezza volti a garantire la manutenzione della necropoli di Porta Sarno con la speranza in futuro di rendere fruibile l’area che al momento si trova oltre il confine con la Circumvesuviana.
Foto e video dall’Ufficio Stampa del Parco Archeologico di Pompei