Scheletri murati e subdole vendette:

le oscure origini del Barile di Amontillado di E.A. Poe

Articolo a cura di Gianluca Colazzo e Mariano Rizzo

Nella sterminata produzione di Edgar Allan Poe, universalmente annoverato tra i maestri del gotico moderno, spicca un breve racconto intitolato Il barile di Amontillado (in originale The Cask of Amontillado). Pubblicato nel 1846, esso narra la storia di una terribile vendetta perpetrata dal protagonista e narratore Montresor nei confronti del suo amico Fortunato, da lui ritenuto colpevole di un’offesa tanto deprecabile da non venir mai spiegata: Montresor attira la sua vittima nei sotterranei della sua villa con la scusa di donargli l’oggetto che dà il titolo al racconto, una botticella di pregiatissimo vino spagnolo. In realtà il malcapitato viene portato con l’inganno in un labirinto di catacombe, dove sarà murato vivo e dimenticato per oltre cinquant’anni, durante i quali il suo aguzzino rimane orgogliosamente impunito.

il barile di Amontillado Edgar Allan Poe
Illustrazione ad opera di Harry Clarke, relativa al racconto Il barile di Amontillado (The Cask of Amontillado), all’interno del libro Tales of Mystery and Imagination by Edgar Allan Poe with Illustrations by Harry Clarke, George G. Harrap & Company Limited, London – Brentano’s Publishers, New York, 1923

In effetti Poe aveva già adoperato il tema della sepoltura da vivi in capolavori come il Gatto Nero, il crollo di casa Usher e Berenice; esiste poi un racconto intitolato esplicitamente la sepoltura prematura, nel quale l’autore di Baltimora trattò l’argomento in maniera quasi esegetica, con esiti che agli occhi del lettore contemporaneo possono apparire buffi, se non addirittura dilettanteschi.

Il barile di Amontillado è però uno scritto piuttosto atipico nel contesto del corpus Poeiano: in esso l’autore si allontana dagli stilemi grotteschi e irrazionali che caratterizzano gran parte della sua produzione, ivi compresi i racconti sopra citati; il testo del 1846 è pregno invece di una subdola tensione capace di insinuarsi nel ritmo posato del racconto e, in parallelo, nella mente del lettore. Le mezze verità di Fortunato, le menzogne di Montresor, gli indecifrabili gesti dei due personaggi che rimanderebbero a rituali massonici, il tintinnio dei campanelli sul berretto della vittima, il carnevale che nonostante tutto allieta la città sovrastante: questi e altri sono gli impercettibili espedienti adoperati da Poe per avvincere il lettore e metterlo in contatto col suo lato oscuro. Fortunato diventa così espressione della claustrofobia, dell’intima paura di essere dimenticati; Montresor riflette invece la lucida, insensata malvagità di cui tutti saremmo capaci, ma che nessuno si sognerebbe mai di ammettere.

Proprio per il suo carattere anomalo, questo racconto è stato negli anni oggetto ad analisi e interpretazioni volte a individuarne le possibili fonti d’ispirazione letterarie. Alcune analogie, per esempio, sono state evidenziate con un racconto breve di Honoré de Balzac, intitolato La Grande Bretèche, nonché nella novella The Quaker City di George Lippard, che tra l’altro fu amico personale di Poe.

Un’ipotesi interessante è che la principale fonte per il Barile sia un resoconto pubblicato nel 1840 da Joel T. Headley nelle sue Lettere dall’Italia. Durante il suo lungo soggiorno italiano, il poeta visitò San Giovanni Valdarno, dove ebbe modo di assistere a un macabro spettacolo: gli fu mostrato il cadavere mummificato di un uomo murato in tempi remoti in una parete della chiesa di san Lorenzo. Secondo Headley si tratterebbe di un nobiluomo del XIV secolo, murato vivo per vendetta da alcuni suoi nemici: il corpo, rinvenuto nel 1780, è in effetti tuttora presente e visibile, ma non esiste alcun documento che confermi la versione del poeta; alcuni elementi della sua storia, tuttavia, sono stati incorporati da Poe nel suo racconto, primo tra tutti l’ambientazione italiana.

Non è da escludere, inoltre, che siano stati alcuni frangenti della turbolenta vita di Poe a donargli l’ispirazione per il racconto. Si dice, ad esempio, che l’autore abbia ideato la trama ben vent’anni prima dell’effettiva stesura, quando era un giovane soldato di stanza a Fort Independence, nel Massachusetts. Qui il futuro scrittore avrebbe visto un monumento che commemorava il luogotenente Robert Massie, ucciso in duello dal suo collega Gustavus Drane, col quale aveva contratto dei debiti di gioco; quest’ultimo sarebbe in seguito caduto nella trappola dei soldati di Massie che, desiderosi di vendicare il loro capitano, lo avrebbero fatto ubriacare per poi murarlo vivo in un sotterraneo.

Questa versione, pur riportata in numerosi saggi, è indubitabilmente falsa: il duello in effetti ci fu (nel 1817), ma secondo i documenti ufficiali Drane fu sottoposto al giudizio della Corte Marziale, venne assolto e morì per cause naturali nel 1846, lo stesso anno in cui il barile di Amontillado venne pubblicato.

C’è però un’altra brutta faccenda che interessò personalmente Poe, la quale riflette in pieno tutti gli elementi su cui si fonda il racconto e che coinvolge, insieme all’autore, il politico, scrittore e paroliere Thomas Dunn English. La profonda amicizia che inizialmente legava i due venne meno intorno al 1840, quando Poe chiese aiuto a English per dirimere uno scandalo che aveva al centro le sue (vere e presunte) infedeltà coniugali. Di fronte all’indifferenza di English, Poe reagì prendendolo a pugni: fu quello l’inizio di una lunga bagarre tra i due, che presero a insultarsi vicendevolmente e in maniera plateale; English, in particolare, attaccò Poe dalle colonne del New York Mirror, giornale per cui scriveva, dedicandogli una serie di articoli al vetriolo in cui metteva in ridicolo la condotta e lo stile del suo avversario.

Nel 1846, offeso dall’ennesimo sfottò, Poe decise di querelare sia English che il Mirror per diffamazione; il giudice fu dalla sua parte, anche perché l’autore di Annabel Lee non era il solo bersaglio di English, che non perdeva occasione di sbeffeggiare i suoi molti avversari politici: a quel punto, English decise di adottare una nuova strategia. Pochi mesi più tardi il democratico diede alle stampe 1844, or The Power of the S.F., un romanzo dotato di un intreccio farraginoso, ricco di velati riferimenti alla situazione sociopolitica americana, che chiama in causa società segrete, vendette strazianti e personaggi grotteschi. Tra essi spicca un certo Marmaduke Hammerhead: beone, fedifrago e tutt’altro che docile (hammerhead vuol dire “squalo martello”, ma anche “testa dura” e “alcolizzato”), questi è un poeta squattrinato, autore di una poesia intitolata The black crow, che utilizza spesso l’intercalare nevermore (“mai più”) e fa riferimento a una donna di nome Lenore. Impossibile non riconoscervi Poe e la sua poesia più celebre, il Corvo.

Per un paio di mesi Poe non reagì; poi, sul numero di novembre della rivista Godey’s Lady Book, comparve per la prima volta il Barile di Amontillado. Il terrificante racconto rifletteva in sé molti elementi della querelle intercorsa tra i due poeti: i due protagonisti sono due ex-amici, uno dei quali desidera vendicarsi sanguinosamente sull’altro per un’onta subita. Ma c’è di più: l’intera scena nelle catacombe sembra essere ripresa da un’altra molto simile presente nel lavoro di English; i riferimenti alla massoneria, lo stemma di Montresor, perfino il gesto “strano” che mette in allarme Fortunato sono tutti elementi presenti nel lavoro di English, che Poe provvide a rielaborare per renderli meno riconoscibili. L’autore sceglie inoltre la forma del racconto, agile e senza fronzoli, in contrapposizione alla pesantezza di 1844: in altre parole, Poe intende sbugiardare English mettendo a paragone la propria grandezza letteraria con la viltà delle sue presunte accuse, presentate tra l’altro in un testo di infimo valore. Un attacco a colpi di penna subdolo, elegante e letale.

Probabilmente Poe non immaginava che questo racconto, scritto d’impeto ma di certo influenzato dalle altre fonti sopra citate, sarebbe divenuto col tempo uno dei suoi agghiaccianti capolavori; magari si contentò di veder compiuta la propria vendetta stabilendo una volta per tutte chi, tra lui e English, fosse il vincitore della tediosa bagarre. Sulla quale, è il caso di dirlo, venne finalmente posta la proverbiale “pietra sopra”.

Foto di W.S. Hartshorn (9 Novembre 1848) – LoC “Famous People” collection, Library of Congress, Prints and Photographs Division, Reproduction Number: LC-USZ62-10610. Pubblicata per la prima volta nel 1880; 1904 C.T. Tatman. Immagine in pubblico dominio

Bibiliografia

  • Howard P. Lovecraft, Supernatural Horror in Literature, in Dagon and Other Macabre Tales, Arkham House, Sauk City 1965, ed. it.: L’orrore soprannaturale in letteratura, a cura di Malcom Skey, Theoria, Roma-Napoli 1992;
  • Franco Pezzini, Edgar Allan Poe. La camera pentagonale. Tutto Poe-Volume 1, Odoya, Bologna 2018;
  • Franco Pezzini, Edgar Allan Poe. Il palazzo infestato. Tutto Poe-Volume 2, Odoya, Bologna, 2022;
  • Gabriele Laporta: Introduzione in E. A. Poe, Tutti i racconti del mistero, dell’incubo e del terrore, traduzione di Daniela Palladini e Isabella Donfrancesco, Newton Compton editori, Roma 2004;
  • Leslie S. Klinger, Prefazione, pp. XXII-XXIII in H.P.Lovecraft. I racconti. Edizione annotata, ed. it. a cura di Massimo Scorsone, Mondadori, Milano 2022.
  • English, T. D., 1844 : or, The power of the “S. F.” : A tale : developing the secret action of parties during the presidential campaign of 1844.

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