100 anni di LUCE

La Presidente di Cinecittà illustra le iniziative per celebrare un secolo di storia, memoria e cultura italiana.

Un podcast “Luce e Controluce”, viaggio nel cuore del Paese attraverso le bobine della storia italiana, un film a episodi “Cento anni di Luce”, una mostra-evento che accoglie il pubblico a Cinecittà, in uno dei più grandi Smart Stage d’Europa. Sono solo alcune delle iniziative ed eventi per celebrare questo centenario

Leggi qui il racconto di Alessandro Turillo sulla performance di Quayola (1 giugno 2024)
Leggi qui l’intervista a Davide Quayola, a cura di Alessandro Turillo (21 giugno 2024)
Leggi qui le informazioni ufficiali sulle iniziative
Leggi qui le informazioni ufficiali sulle iniziative cinematografiche

100 anni di Luce


Uno dei tesori nazionali e internazionali più preziosi celebra quest’anno un importante anniversario. Il Luce compie cento anni e si prepara a festeggiare con un articolato calendario di iniziative ed eventi l’importanza di questo pilastro della memoria storica italiana.

Fondato nel 1924, sin dalla sua nascita l’Istituto Luce – da cui sarebbe derivata l’immensa eredità dell’Archivio Luce – ha documentato i cambiamenti che hanno segnato e reso moderno il nostro Paese e l’Europa. Con più di 77.000 filmati oltre 5 milioni di fotografie dagli inizi del Novecento ad oggi, l’Archivio Luce offre tuttora documenti unici sul ventennio, ma anche sul dopoguerra e sul boom economico, fino ai nostri giorni.

Cinecittà

L’Archivio Luce – sottolinea il Sottosegretario alla Cultura Lucia Borgonzoni – custodisce un’inestimabile narrazione per immagini dell’ultimo secolo di storia del nostro Paese: per la sua unicità ed universalità, nel 2013 è stato anche iscritto nel Registro Memory of the World dell’Unesco, che valorizza i più importanti fondi archivistici e bibliotecari del pianeta, intesi come luoghi in cui è custodita la memoria dei popoli e delle culture.

La ricorrenza di quest’anno sarà l’occasione per promuovere le molteplici declinazioni dell’Archivio attraverso diverse chiavi di lettura e per renderlo sempre più accessibile e fruibile anche alle nuove generazioni. Digitalizzare e restaurare sono azioni fondamentali per conservare quanto di più caro esiste per una comunità, la memoria”.

L’Archivio Luce è la biografia visiva del nostro Paese, uno strumento unico per tutti quelli che desiderano comprendere il passato per orientarsi nel presente” dichiara Chiara Sbarigia, Presidente di Cinecittà con delega all’Archivio Luce.

“Con le celebrazioni per il suo Centenario vogliamo contribuire alla diffusione dei suoi straordinari filmati e fotografie, sottolineando la sua vitalità come centro propulsore, anche oggi, di arte e cultura”.

“Una delle priorità della mia Presidenza“, aggiunge Sbarigia, “è stata quella di sottolineare il valore testimoniale dell’Archivio come luogo della memoria, della riflessione e della riscoperta ma anche il suo peso tra gli asset intangibili che contribuiscono al valore del marchio di Cinecittà“.

La prima iniziativa per il centenario è la pubblicazione del podcast “Luce e Controluce”, prodotto da Chora Media per Cinecittà e online a partire dal 16 aprile, con la voce narrante di Andrea Zalone, che si immergerà dentro l’Archivio per raccontare una storia personale e collettiva a metà strada tra il romanzo distopico e il pamphlet storico; un viaggio ironico e allo stesso tempo ricco di spunti di riflessione. In ciascuno dei 10 episodi sarà approfondito un tema (la casa, il cibo, la fede, lo sport, la scuola, i giovani, il sesso, etc.), sviluppato in modo originale tramite narrazioni e contributi sonori.

Ad alcuni protagonisti del nostro cinema e della commedia contemporanea, Michela AndreozziMassimiliano Bruno, Claudia GeriniEdoardo Leo, Francesca Mazzoleni, Susanna Nicchiarelli, Rocco Papaleo, Sydney Sibilia, è invece affidata la realizzazione di otto cortometraggi che andranno a comporre un film collettivo a episodi intitolato “Cento anni di Luce”. Ripercorrendo i classici filoni della commedia all’italiana – truffe, superstizioni, amori, tradimenti, italiani in villeggiatura – le opere saranno realizzate utilizzando le iconiche immagini di repertorio dell’Archivio.

Sarà poi allestita e aperta al pubblico, presso il Teatro 18 a Cinecittà – lo studio di realtà virtuale dotato di un ledwall tra i più grandi d’Europa – una installazione evento e performance di Quayola per i 100 anni del Luce, in cui i dipinti computazionali dell’artista esploreranno una nuova gestualità ed estetica. L’artista e performer di fama internazionale darà nuova vita ai materiali di archivio, attingendo dallo sconfinato patrimonio del Luce, in una serie di video incentrati sul legame tra passato e futuro che ritrarranno la frenesia della vita nelle città, le persone in movimento, le danze, il folklore e i momenti di convivialità. L’opera sarà un esempio della capacità propulsiva del nuovo corso del Luce che intende fare cultura e non semplicemente conservarla.


Commento sull’evento e performance di Quayola, a cura di Alessandro Turillo:

La presentazione a Cinecittà dell’opera “Luce” di Quayola, in occasione dei cento anni dell’Istituto Luce, è un evento di proporzioni epiche, una possibile porta d’accesso alla nuova ondata di digitalizzazione dell’universo tecnologico che sta investendo la cultura contemporanea, per tutte quelle persone che vivono con enorme ritardo l’accadere del sorgere rapidissimo dell’intelligenza artificiale nella quotidianità, ma anche per chi, pur essendo esperto, non ha avuto modo di esplorare le fantasie in azione derivanti da queste nuove possibilità.

A Roma l’artista dà vita alla sua opera sul ledwall del Teatro 18 di Cinecittà: è uno dei più grandi d’Europa, una struttura semicircolare alta quasi come l’edificio che la contiene e che immette immediatamente lo spettatore in una dimensione altra rispetto a qualunque realtà visiva che sia d’uso comune oggi. In questo modo si propone un’idea di visione che è molto più ampia dello schermo di uno smartphone, rompendo ogni consuetudine adottata negli ultimi 30 anni dagli utenti che portano in tasca l’accesso continuo al mondo dell’innovazione tecnologia costante, nel campo della comunicazione.
In qualche modo viene evocata la forma del cinema delle origini: uno spazio buio ed un complesso di schermi atti a provocare uno stato quasi di trance, simile a quello che colse gli spettatori presenti all’opera dei fratelli Lumière, in quel lontano 1895.

Quando si affida il proprio archivio poetico e materiale a qualcuno, le aspettative del risultato finale sono sempre incerte, soprattutto se il tempo trascorso per la creazione di quel materiale è di cento anni. Un tempo vissuto con l’intensità di un lampo e una densità che ha cercato senza sosta di coprire l’arco cronologico della storia dell’uomo.
Quayola comincia la sua ricerca nell’Archivio Luce con algoritmi di analisi, volti a selezionare movimenti e composizioni espressive, al di là della loro chiara connotazione storica.

La finalità è quella di portare il materiale selezionato ad una svolta pittorica, lavorando quasi in una simbiosi con le macchine di calcolo ed il nutrito staff tecnico. Quayola si immerge con il suo sommergibile digitale alla ricerca di quelle preziosità che dalle origini del cinema hanno fatto sognare tante persone, fino alle spiagge del nostro presente.
Ma cosa ci aspetta allora dall’altra parte dello specchio del passato? Possiamo familiarizzare con gli algoritmi, o ne subiremo solo la grande ondata, continuando a sentirci naufraghi di un futuro digitale che stentiamo a capire?

Quayola può rispondere solo in parte a queste domande, e lo fa dando respiro al percorso espressivo che propone in questa performance, connotata da un’introduzione ed un atto performativo che segue e continua poi nel tempo.
Con l’introduzione all’opera, entriamo nel mondo che Quayola ha immaginato per questo evento: un susseguirsi di volti femminili del grande cinema dell’Istituto Luce, lavorati attraverso tre momenti iconografici precisi. Il primo potrebbe essere definito quello della riconoscibilità in un ambiente pittorico in via di mutazione. In questa fase l’immagine è connotata un tratto della “pennellata” che potrebbe ricordare quello del puntinismo. Il bianco e nero delle dive è sottoposto ad una continua modificazione che le rivivifica proprio in virtù del ritrovato movimento, e ne propone la virtù poetica con i canoni del presente. Si passa da una netta riconoscibilità, verso forme sempre più sfumate ed impressioniste, che ci fanno immergere nella tessitura liquida del colore. Siamo portati ad evocare il passare del tempo, e il nascere e dissolversi della bellezza. La musica è un tutt’uno con questo movimento, e si espande anche flebilmente al di fuori del Teatro 18. Il secondo momento potrebbe essere definito quello dell’analisi del volto, dove si assiste alla modalità di lettura da parte della macchina dei volti delle attrici. L’obbiettivo è quello di leggere le espressioni degli occhi e della bocca, attraverso una sovrapposizione di piccoli rettangoli luminosi che sono lo schema di lettura adottato. Ma più la macchina le analizza, più noi siamo invitati a chiederci qual è il nostro sentire rispetto a quanto vediamo. Quayola crea al possibilità per i partecipanti, di vivere a ralenti i propri processi percettivi: come abbiamo visto quelle immagini? Come il nostro sentire si muove rispetto alla poetica del visivo?
Questa analisi algoritmica intanto si estende su tutto il corpo, non solo più i volti, è il corpo ora a sparire, ricomponendosi in una miriade di piccoli cerchi colorati. Chiude questo ciclo il terzo momento dell’introduzione, quello della sintesi estrema, giocosa: allora i volti, la storia, ed il loro portato si trovano sintetizzati in un’insegna luminosa, un volto che ci guarda, e lascia che la nostra consapevolezza dello sguardo digitale si rituffi nel susseguirsi che continua a loop, dalla storia, alla pittura, al momento presente.

Tutto questo sarebbe già bastato ad esprimere una felice ricerca del rapporto tra sensibilità umana e algoritmica, tra celluloide e digitale, tra perdita di memoria e rinascita della stessa, ma fino a questo punto siamo ancora nella parte introduttiva, il viaggio della performance non è ancora partito.

Il set di lavoro di Quayola viene messo al centro della sala, è un tavolo enorme attrezzato di tutto il necessario per una live, il pubblico completa il semicerchio degli schermi in un cerchio che già rappresenta in vivo l’operazione che Quayola sta proponendo, il rapporto uomo-macchina, un viaggio che iniziato nella seconda metà del ‘700 continua ancora oggi a vorticare in tutta la sua ambiguità, anche adesso con noi in attesa della performance.

Fino ad ora abbiamo assistito all’animazione di un’immagine statica, un passato iconografico. Ogni fotogramma statico è sempre anche storia dell’arte antica, adesso invece sugli schermi appaiono immagini in movimento, grumi di colore, sappiamo già che sono un uomo e una donna che ballano, o pescatori che rientrano al mattino su un mare quieto. Anche noi analizziamo le immagini come la macchina, arriviamo a conclusioni, emozioni. La musica è cambiata, da una sonorità più elettronica ad archi profondi. Gli schermi si suddividono in tre o cinque sezioni, e dietro a Quayola compare il modo in cui la macchina sta analizzando le immagini: rettangoli tenuti insieme da rette colorate, danzano anche loro, è l’origine dell’analisi di un corpo in movimento, forme essenziali, a confronto con la massa di colore che prende sempre più forma. L’immagine ora compare in tutta la sua storia, è dettagliata e sovrapposta dagli schemi che prima vedevamo sullo schermo centrale: reticoli di rette per comprendere l’immagine, il modo in cui il calcolo comprende la natura dell’immagine. E così ci si inoltra nel mondo di Quayola, che comincia a giocare con i colori, nell’alternarsi di figure schematizzate, insiemi di rette, definizioni di spazi rettangolari. Rossi, blu, ocra, arancio: invadono la pupilla. Dalla danza a due a quella di gruppo, reminiscenze documentaristiche dell’archivio, piene di quella grazia e classicità che caratterizza le immagini del passato.
Dove siamo? Stiamo riscoprendo il mondo, come già quando le persone al cinema osservavano usanze popolari di altri luoghi? Arriviamo negli anni ’60, forse prima, una signora anziana attraversa la strada, macchine che passano. L’algoritmo procede con le sue analisi, il colore fluisce da una campata di schermo ad un’altra. Ora che conosciamo il campo espressivo, Quayola entra placidamente nella natura selvaggia: cowboy, mucche, e cavalli dentro a questo flusso immaginativo, una commistione tra uomo e macchina. Ne emerge la pura forma delle cose, mentre la macchina si avvicenda per cercare di comprendere quanto si pone al suo sguardo. Sottoposta all’incontro con l’emozione che sprigiona dall’immagine la macchina da vita a una serie di errori interpretativi, essenzializza, perde la solidità analitica che la caratterizza e dialoga con l’invenzione cromatica dell’artista.

Conclude questa performance la danza di una ballerina classica e un gruppo di danzatori su un palco teatrale, mentre l’algoritmo continua nel suo avvicendarsi tra comprendere e fraintendere.

Trovo felice la scelta di un artista contemporaneo, da parte dell’Istituto Luce, proprio nel momento in cui si cerca di valorizzare il ricco patrimonio passato del paese. A seguito della performance sembra che l’opera “Luce” sia pronta ad avvicinare un pubblico vasto, che si muove tra esperienza conoscenza e curiosità.

La strada intrapresa da Quayola nella rivalorizzazione delle immagini è vitale, ma al contempo proietta su tutto il suo lavoro domande e perplessità che sono parte del dibattito contemporaneo.

Speriamo di vedere presto quest’opera aperta al grande pubblico, proprio in virtù di questa doppia valenza che oscillando tra passato e presente slancia verso una maggior presa di consapevolezza su una tematica sempre più in rapida espansione.

L’articolo dedicato: https://www.paesaggicolorati.it/arte-contemporanea/la-nuova-opera-di-quayola-luce-relazioni-temporali-e-nuovi-dipinti-algoritmici/


Ringraziamo Davide Quayola per aver risposto alle nostre domande.

Si tratta di musica originale? Se sì, e se è stato utilizzato un algoritmo, quando l’algoritmo ha composto la musica? 

Le musiche sono state interamente composte da me, utilizzando un software specifico sviluppato all’interno del mio studio negli ultimi anni.

Nel mio sistema è quindi possibile programmare logiche complesse ed attribuire caratteri autonomi e generativi, ma non è propriamente corretto dire che l’algoritmo “compone” la musica. Non esiste infatti un singolo algoritmo, al contrario con questo sistema ho la possibilità di programmare set di regole completamente diverse volta per volta, quindi si può dire che ad ogni musica corrisponde un algoritmo diverso programmato appositamente.

Il mio sistema non produce suono, ma solamente dati poi convertiti in segnali MIDI. Questi dati vengono generati in real-time, quindi esiste sempre un carattere di natura performativa dietro la composizione musicale.

La musica è stata lavorata anche dall’algoritmo nella sua sincronizzazione con l’immagine? In altre parole, quanto l’algoritmo ha avuto libertà nella scelta della sincronizzazione?

Musica e immagini vengono create simultaneamente utilizzando vari sistemi in parallelo che si parlano in real-time. La sincronizzazione è quindi in qualche modo intrinseca nel lavoro visivo fin dall’inizio.

Le modulazioni utilizzate per controllare l’audio sono le stesse utilizzate per controllare parametri della parte grafica/pittorica, quindi esiste una sincronizzazione alla base.

L’algoritmo anche qui non prende alcuna decisione autonomamente ma al contrario viene programmato per eseguire determinate logiche.

La sincronizzazione tra suono e immagine è un tema molto importante nel mio lavoro che porto avanti da molti anni. Nel tempo è stato affrontato con varie strategie diverse… alla fine non conta poi così tanto qualche apparato tecnologico si usa, ma la sensibilità personale di creare le giuste associazioni e mappature tra i vari elementi.

Quali riferimenti sonori sono stati utilizzati?

Nella musica come nella mia ricerca visiva esiste sempre una relazione/tensione con l’heritage ed alcune tradizioni storiche. In LUCE utilizzo esclusivamente campioni di strumenti classici (archi e pianoforte), ma controllati da regole algoritmiche. Mi interessa il contrasto tra strumenti e sonorità classiche/acustiche ma allo stesso tempo esplorando un virtuosismo non umano e logiche compositive completamente diverse.

In maniera simile approccio anche la parte visiva, esplorando una nuova materialità pittorica.

In tutta la mia ricerca esiste un interesse e focus verso quello che io chiamo “nuove gestualità”.

La poetica dell’errore è un tema fondamentale dell’opera di Quayola. Dove emerge questa poetica nella performance?

Nella mia ricerca il processo di creazione dell’opera fa parte dell’opera stessa. Spesso descrivo i miei lavori infatti come vere e proprie documentazioni di processi. Questa “poetica dell’errore” non si trova quindi solamente nell’output finale ma all’interno del processo stesso di creazione e ideazione.

Sono interessato all’osservazione di qualcosa a noi familiare attraverso occhi diversi che, non comprendendo a pieno quello che osservano, creano quindi errori di interpretazione. La poetica dell’errore quindi per me non è solo a livello di traduzione visiva, ma anche interpretativa.

Quanto è stretto il grado di collaborazione con lo staff?

Lo sviluppo di LUCE, come spesso in altri miei lavori, è stato caratterizzato da diverse fasi di sviluppo.

Essenzialmente il lavoro è stato più o meno nelle seguenti fasi:

  • Ricerca all’interno dell’archivio

  • Sviluppo di vari sistemi/software

  • Analisi dei materiali, estrapolazione di dati

  • Composizione/creazione utilizzando questi vari sistemi per interpretare i dati estrapolati dai materiali di archivio.

Mi piace essere molto presente e “hands-on” in tutte le fasi di sviluppo, lavorando da vicino con vari collaboratori specializzati. Nella fase di composizione/creazione finale cerco però di stare più solo possibile, lavorando in studio affiancato solamente dalla mia assistente Giulia.

I sistemi che vengono sviluppati si possono in qualche modo paragonare a strumenti musicali, creati in collaborazione con vari specialisti, ma poi usati da me in maniera intima e personale.

Qui la lista completa dei miei collaboratori:

Quayola Studio:

Maria Elena Brugora (producer)

Giulia Olivieri (ricerca, data management, design/editing assistant)

Margherita Benfatto (assistente di produzione)

Collaboratori Esterni:

Noah Hahnel (sviluppo pipeline)

Davide Carbone (sviluppo software)

Vincenzo Pizzi (sound design assistant)

Edoardo Pietrogrande (consulenza audio/live)

Daniele Davino (technical producer)

Guglielmo Guarnera, Graziano de Vecchia (media server, playback systems)

Questo progetto è stato in gran parte creato utilizzando un software/sistema proprietario di Quayola Studio sviluppato in vari anni di ricerca. Qui i credits delle persone che insieme a me lo hanno sviluppato negli anni:

Nikolay Medviev

Kyle McLean

Natan Sinigaglia

Sebastiano Barbieri

David Li

Alessandro Petrone

Franz Rosati

Tecla Zorzi

Andrea Santicchia


Torneranno poi nelle sale cinematografiche italiane 15 film che hanno segnato la storia del cinema diventando veri e propri cult, nel corso di una programmazione di 30 settimane dedicata ai titoli della tradizione Luce e al suo percorso distributivo.

E ancora, saranno pubblicate 20 pillole che racconteranno la storia del Luce: dall’inaugurazione della sede al Planetario di Roma fino alla diffusione dei cinegiornali attraverso il Cinemobile del Luce; dalla costruzione della nuova sede a Cinecittà alla presenza del Luce a Venezia durante la Repubblica di Salò e alla riorganizzazione dell’Istituto nel dopoguerra.

Altre 10 pillole colorizzate saranno tratte dai filmati in bianco e nero, che illustreranno scene di vita quotidiana del nostro Paese, partendo dai primi filmati del Luce degli anni Venti fino agli anni Sessanta.

Verrà inoltre emesso un francobollo dedicato al centenario del Luce. Un’iniziativa promossa dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy, che prevede l’emissione di un francobollo ordinario appartenente alla serie tematica “le Eccellenze del sapere” dedicato al Luce, emesso da Poste Italiane e stampato dal Poligrafico e Zecca dello Stato Italiano entro il 2024.

Spazio, poi, ai convegni: il primo sarà dedicato al fondo dei documentari dell’Archivio Storico, con la partecipazione dei maggiori studiosi e protagonisti del documentario italiano; il secondo, invece, si terrà nel 2025 presso il Festival della Fotografia Europea di Reggio Emilia.

Infine, sarà pubblicata la Guida all’Archivio Storico e all’Istituto Nazionale LUCE che fornirà un quadro completo dei fondi contribuendo alla diffusione della conoscenza del lavoro di catalogazione condotto dagli archivisti; e un volume sulla “storia e la vita’’ dell’azienda, che vede la partecipazione di numerosi studiosi ed accademici esperti di cinema e fotografia. I volumi saranno distribuiti presso le università, gli istituti culturali italiani e all’estero, le biblioteche, gli archivi e le cineteche.

Testo, video e immagini dagli Uffici Stampa Cinecittà, Zebaki Comunicazione e FramStudio.

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