Il 30 marzo 1748 si diede ufficialmente avvio agli scavi nel sito di Pompei. Non essendo stato ancora inventato il metodo stratigrafico, le operazioni di sterro furono eseguite sotto la direzione dell’ingegnere militare spagnolo Rocco Gioacchino de Alcubierre, colonnello del genio borbonico e lo stesso che a partire dal 1738 intraprese gli scavi dei cunicoli di Ercolano utilizzando manovalanza più varia scelta tra la popolazione locale.

Complesso di Giulia Felice. Foto: Alessandra Randazzo

Nelle operazioni fu coadiuvato dall’ingegnere svizzero Karl Weber e poi da Francesco La Vega i quali compilavano i Giornali di scavo o stilavano le planimetrie dei siti esplorati assicurando quanto più una ricca descrizione dei lavori e non solo una lista degli oggetti ritrovati così come richiesto dalla corte. I disegni tecnici, ancora oggi, stupiscono per i tratti precisi e i dettagli, soprattutto se si pensa alle condizioni in cui questi venivano realizzati.

Anfiteatro di Pompei. Foto: Alessandra Randazzo

L’individuazione del sito dell’antica Pompei non era però certa. L’Alcubierre era convinto che le operazioni di sterro si stessero effettuando nell’antica Stabia e solo quando nel 1763 venne scoperta fuori porta Ercolano l’iscrizione di T. Suedius Clemens con esplicito riferimento alla “republica Pompeianorum” ci si rese conto che il colle della Civita corrispondeva al sito di Pompei.

Nella fase iniziale delle esplorazioni, due furono le aree maggiormente interessate dagli scavi: l’area dell’Anfiteatro e quella della necropoli di Porta Ercolano con gli edifici vicini. Data l’estrema facilità con la quale si poteva scavare il lapillo, non si dovettero utilizzare cunicoli per accedere all’interno degli edifici. In particolare nel 1754 venne esplorata e poi rinterrata la cosiddetta Villa di Cicerone fuori Porta Ercolano, già individuata nel 1749, mentre a nord dell’Anfiteatro venne scoperto il complesso di Giulia Felice.

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