A Palazzo Reale di Milano l’attesissima mostra MUNCH. Il grido interiore
14 settembre 2024 – 26 gennaio 2025

Leggi qui il racconto di Luca Swanz Andriolo (13 settembre 2024)
Leggi qui il racconto di Alessandro Turillo
(22 maggio 2024)
Leggi qui le informazioni ufficiali sulla mostra


“Tutto è fuoco” (Edvard Munch)

Commento a cura di Luca Swanz Andriolo (13 settembre 2024)

A Palazzo Reale di Milano la mostra Munch. Il grido interiore
foto Plastikwombat (Silvia Vaulà e Paolo Grinza). Tutti i diritti riservati

L’Urlo (Skrik) dell’artista norvegese è probabilmente la sua opera più nota o più iconica, perciò sembrerebbe quasi inevitabile che compaia nel titolo di un’ampia esposizione della sua opera, ovvero Il Grido Interiore, da sabato 14 settembre a Milano, a Palazzo Reale. Benché, significativamente, il catalogo sia intitolato Inner Fire, come a suggerire una maggiore e fatale vitalità, come una messa a fuoco su elementi umani e naturali che in effetti si alternano in periodi differenti che non sono legati soltanto all’angoscia, agli spettri delle morti premature in famiglia, ma anche ad una costante ricerca tra il mostrato e il rappresentato, tra il visto esternamente e ciò che emerge dal ricordo, tra il sentimento e la sensazione, tra la vista e la visione.

Gallery degli allestimenti con foto Plastikwombat (Silvia Vaulà e Paolo Grinza). Tutti i diritti riservati

Questo urlo può essere la Natura stessa, che si esprime tramite un individuo dalla fisionomia evanescente, dis-umana, e porta in scena elementi della quotidianità (una passeggiata lungo una prospettiva cittadina), con l’irruzione di un orrore disperato e impotente. Il soggetto porta le mani alle orecchie, come a non volersi sentire (o quasi per schermarsi e proteggersi dall’altro da sé); grida, ma nessuno pare ascoltarlo o sentirlo: il cielo, secondo un dettame già espressionista, riverbera la violenza dell’atto.
Ma questo urlo è anche quello della Medusa di Caravaggio, sorpresa dalla propria stessa decapitazione, così come quelli successivi di un Picasso, ovviamente di Bacon, fino ad arrivare al monstrum post-umano di un Colombotto Rosso, per perpetuarsi nell’immaginario come ghostface, per l’assassino mascherato di Scream di Wes Craven (un teen-horror del 1996).
Perché il grido, sebbene muto, o perso nel fragore della realtà circostante, è l’atto più umano, atavico: è il pianto del bambino, è lo sfogo impotente dell’individuo alienato, l’atto antropologicamente pregnante della prefica. L’urlo è il fisico sul baratro del metafisico. Persino Cristo grida, sulla croce. Ma qui non c’è tortura corporale, non c’è passione, al massimo un umano patimento, ammesso che di umano resti qualcosa negli occhi vuoti e nella figura contorta, fragile, fantasmatica. In fondo, ci spiega Munch stesso, quel corpo è solo tramite ed è la Natura, con il potere terrificante del sublime, a manifestarsi in quella che clinicamente può essere definita una crisi di panico (mai una etimologia potrebbe essere più pregnante), trasfigurata in un autoritratto vicario, che rinuncia ad ogni realismo in virtù di una rappresentazione di sintesi tra esteriore ed interiore:

“Camminavo lungo la strada con due amici quando il sole tramontò, il cielo si tinse all’improvviso di rosso sangue. Mi fermai, mi appoggiai stanco morto a una palizzata. Sul fiordo nero-azzurro e sulla città c’erano sangue e lingue di fuoco. I miei amici continuavano a camminare e io tremavo ancora di paura… E sentivo che un grande urlo infinito pervadeva la natura.” [MM T 2760, fol. 56r, Munch Museum. Datato 22/1/1892. The Violet Journal (Accesso 22-1-2023). Traduzione da Wikipedia]

La vitalità e la mortalità del mondo sono ferite pulsanti. E da Disperazione, prima versione dell’opera, datata 1891, si arriverà alla versione definitiva del 1893. Disperazione, quindi, non paura o spavento. Un moto dell’animo, ma anche uno stato della natura: in quei giorni probabilmente il cielo era “sanguigno” dopo l’eruzione del Krakatoa. E ancora, l’evanescenza dell’identità, che nel suo farsi più vera diventa maschera allegorica. Singolarmente, la versione presente alla mostra è in bianco e nero, ma non perde nulla del suo valore grafico.

Ma Munch è molto altro e molto di più. Non dunque solo bocche spalancate e deformazioni mimiche, ma un rapporto tra paesaggio e soggetto. Dalle cronache della vita anarcoide dei suoi Kristiania Bohemians (che riporta il lettore edotto alle pagine di Knut Hamsun) a un soggetto tormentato come August Strindberg (drammaturgo cui dedica un ritratto mefistofelico, ma mai quanto risulterà infernale il proprio autoritratto), la mostra presenta spesso ambienti vagamente deformati nella prospettiva, ma non allucinati (tranne che nella serie Murder), mentre negli esterni il paesaggio non per forza reca segno di cataclisma o apocalisse, ma si permette una più inquietante alterità, talvolta un’indifferenza leopardiana, quasi paradossale se associata ad un espressionista ante-litteram dai colori violenti e dai tratti vigorosi. In Munch serpeggia la malattia, la presunta calma di una borghesia elegante, la vitalità insopprimibile del bello e del terribile. Ma anche il periodo del vitalismo, della cura, dei nudi maschili, di un ritorno ad una quotidianità mondata da incubi e angosce, un’accettazione della caducità che non sia passiva, come se il grido, diffuso ad ogni cielo plausibile, esaurisse il proprio carico di estrema angoscia (altra parola ricorrente nei titoli dell’artista norvegese) per far spazio proprio al fuoco.

Gli allestimenti curati da Patricia Berman, come illustra, sono

“caratterizzati da un approccio che unisce profondità storica e un forte legame con i contesti culturali in cui le opere sono state create.”

Non è dunque un caso l’attenzione a temi quali la malattia: The Sick Child I e II; By the Deathebed. Fever; Self-Portrait after the Spanish Flu. Ma anche la presenza dell’agonia e la clausura dell’ultima stanza sono una costante che forse erompe dal biografico per abbracciare una precisa idea della funzione dell’arte come scomoda e catartica, tematicamente realistica ma formalmente trasfigurante. Così come i topoi classici quali la Malinconia e un senso di inquietudine ancora maggiore e a suo modo patologico. Anche la religione dà esiti inquietanti, come nelle due madonne tutt’altro che rassicuranti. Non mancano suggestioni gotico-romantiche quali la presenza di vampiri o giustapposizioni bizzarre tra Morte e Primavera (Death and Spring, tipico ritratto post-mortem nella stagione della rinascita). Eppure, il percorso attraverso i colori che ci offre l’esposizione, i momenti di interazione col pubblico, chiamato a scegliere un colore preferito per scoprirne il significato attribuitogli dal pittore, o l’esperienza immersiva in una camera con specchi e proiezioni, insieme alla possibilità di creare in loco e personalmente una litografia, non tolgono nulla al rigore cronologico e tematico, rendendo l’esperienza tra le più appaganti e diversificate.

Non viene ignorato neanche il dialogo tra arte e scienza, essendo un altro aspetto distintivo del lavoro della curatrice Patricia Berman: la connessione tra l’arte di Munch e i progressi scientifici e filosofici della sua epoca, con una particolare attenzione al rapporto con le tecniche di stampa, quali, come si è detto, la litografia, che hanno portato nel 2013 ad un’esposizione quale: Munch/Warhol and the Multiple Print (Scandinavia House), di cui la mostra riporta un breve video, insieme agli affascinanti esperimenti di Munch stesso con il mezzo cinematografico. In altre parole, tra mistero e morte, solitudine e natura, tutto il fuoco promesso dal catalogo si trova in una mostra destinata probabilmente a rimanere storica, almeno in Italia.

Gallery con foto Plastikwombat (Silvia Vaulà e Paolo Grinza). Tutti i diritti riservati


Dentro il fulgore di Munch

Commento a cura di Alessandro Turillo (22 maggio 2024)

Munch è sicuramente uno degli artisti che inconsapevolmente frequentiamo di più al giorno.

Lo vediamo ogni volta che scrolliamo la galleria di emoticon in cerca dell’espressione giusta per dire qualcosa. Il volto dell’urlo ispirato a lui può essere usato in tanti modi, per scherzare, chiedere aiuto, per dire quanto grande sia la nostra paura, ma in ogni caso, è li con noi, insieme al folto gruppo di icone che da quasi trent’anni danno una goccia di immagine ai nostri messaggi.

L’urlo però, prima dei suoi compagni di schermata, da cento trentuno anni ha messo a fuoco un punto essenziale: la forza del nostro sentire ha l’intensità di una stella. Ma se vogliamo dirci umani, dobbiamo dar voce a quel fulgore, qualunque esso sia.

Dopo ‘40 anni dall’ultima mostra milanese, uno dei più importanti pittori del ‘900 torna in Italia per un doppio appuntamento a Milano nel 2024 e a Roma nel 2025.

Con il patrocinio della Reale Ambasciata di Norvegia a Roma, e prodotta da Palazzo Reale di Milano e Arthemisia, in collaborazione con il Museo Munch di Oslo. L’esposizione si propone di ricordare il gesto non solo pittorico ma umano di un artista che ha fatto fluire con la sua tecnica il tessuto della trama di ciò che più ci caratterizza: le nostre emozioni.

L’allestimento di Patricia G. Berman che è una delle più grandi studiose al mondo di Munch, fa emergere con chiarezza sia la classicità che la contemporaneità, di uno dei fondatori dell’arte moderna.

Una delle linee guida del percorso che gli spettatori incontreranno sarà l’incentivo a osservare le opere a partire da quella che era la percezione della realtà di Munch, vissuta attraverso le proprie emozioni.

Tone Hansen, Direttrice del Museo Munch a Oslo, che è partner dell’iniziativa, parlando del suo conterraneo, sottolinea, quanto fosse sensibile alle vibrazioni dell’aria, ed allora penso a come questo racconto, sia così immediatamente percepibile nelle sue tele. Onde di colore, per dire senza veli quanto accade mentre la vita ci scorre dentro.

All’inizio della sua carriera il giovane Edvard si muove tra impressionismo e post impressionismo che lo guidano verso un uso del colore sempre più psicologico e personale, portandolo poi a dare forma a quell’arte fluida e intensa che si è consoliderà nel nostro immaginario.

Artista eversivo per i suoi contemporanei, inizialmente è reputato scandaloso per l’acuta capacità di mostrare il non accettabile della sua epoca. Un uomo la cui biografia certamente fu costellata da afflizioni ma, come ricorda Domenico Piraina, il direttore di Palazzo Reale di Milano, soprattutto un artista che ha saputo parlare una lingua universale, al di là e oltre le sue vicende personali. Dunque, una sollecitazione per il nostro presente e futuro, nella direzione di una maggior consapevolezza del rapporto tra percezione, emozione e realtà.

Ma di cosa parla il suo linguaggio così personale?

Secondo Iole Siena, presidente di Arthemisia, la mostra sarà in grado di metterci a contatto sia con i vissuti di uno dei norvegesi più apprezzati al mondo, sia, con la corrente emotiva vivissima ancora oggi presente in tutti i suoi lavori.

Le opere esposte sono volte a proporre la forte identità artistica del pittore, che diede forma, in modo quasi rabdomantico, all’angoscia esistenziale che il mondo avrebbe attraversato da lì a poco.

Pensiamo alla serigrafia de L’urlo in esposizione, dove la perturbazione delle forme della natura emerge con forza, nella sua ondularità espressiva. Ricordiamo la genesi del celebre dipinto, che rimonta al 1893:

«Una sera camminavo lungo un viottolo in collina nei pressi di Kristiania – con due compagni. Era il periodo in cui la vita aveva ridotto a brandelli la mia anima. Il sole calava – si era immerso fiammeggiando sotto l’orizzonte. Sembrava una spada infuocata di sangue che tagliava la volta celeste. Il cielo era di sangue – sezionato in strisce di fuoco – le pareti rocciose infondevano un blu profondo al fiordo – scolorandolo in azzurro freddo, giallo e rosso – Esplodeva il rosso sanguinante – lungo il sentiero e il corrimano – mentre i miei amici assumevano un pallore luminescente – ho avvertito un grande urlo ho udito, realmente, un grande urlo – i colori della natura – mandavano in pezzi le sue linee – le linee e i colori risuonavano vibrando – queste oscillazioni della vita non solo costringevano i miei occhi a oscillare ma imprimevano altrettante oscillazioni alle orecchie – perché io realmente ho udito quell’urlo – e poi ho dipinto il quadro L’urlo.» [pp. 46-47 dal libro di Edvard Munch, Frammenti sull’arte, a cura di Marco Alessandrini, Milano, Abscondita, 2015, ISBN 978-88-8416-625-8]

Ritornando alla conferenza stampa di presentazione e anticipazione della mostra, durante la stessa Costantino D’Orazio, direttore dei Musei Nazionali dell’Umbria, ricorda che l’esposizione è impreziosita dal taccuino italiano di Munch, e da un filmino girato da lui. Da questo punto di vista, si accenna quasi inconsapevolmente ad un autore vicino alla sensibilità di alcuni suoi colleghi nel nostro tempo, prolifici come lui nella scrittura, e amanti del video.

La mostra presta attenzione al viaggio di Munch in Italia e in particolar modo a Roma, dove passò del tempo sia per lo studio di Michelangelo, sia per venire a commemorare lo zio Peter Andreas Munch. Come ha ricordato l’Ambasciatore di Norvegia in Italia Johan Vibe, l’eminente studioso, parente del pittore, fu il primo straniero ad avere l’accesso agli archivi vaticani. Nel suo passaggio a Roma Munch andrà presso la tomba dello zio, al cimitero acattolico di Testaccio: fatto di cui si potrà ritrovare nota, in alcuni suoi bozzetti.

Un Munch che viaggia, che esprime un sentire sicuramente Europeo e aperto all’alterità presente nel mondo, questo evento è un’occasione secondo Tommaso Sacchi, Assessore alla Cultura del Comune di Milano, per rinsaldare un legame tra le nazioni, nel già sempre amichevole rapporto con la Norvegia, che attraverso il Patrocinio della Reale Ambasciata di Norvegia in Italia, evidenza, l’importanza di questo scambio così ricco e fruttuoso.

Quando un grande amico del tuo passato torna in città allora, è molto probabile che tu voglia incontrarlo, sapere come sta, e soprattutto verificare cosa sia cambiato dall’ultima volta. Può darsi che quell’amicizia nel tempo ti avesse dato molto, e allora prima avvicinandoti a quel momento senti uno strano altalenare tra paura della delusione e eccesiva aspettativa.

Munch torna in Italia, e sono certo che il dialogo che noi abbiamo avuto con lui nel tempo sia fermo al nostro ultimo incontro, immacolato nella sua forza vitale che attraversa il tempo e lo spazio e ci continua guardare sincero, anche da un’icona degli emoticon.


“MUNCH. Il grido interiore” OLTRE 530.000 VISITATORI PER MUNCH, UN SUCCESSO STRAORDINARIO, LA MOSTRA PIÙ VISITATA DELL’ANNO
È il bilancio della mostra che ha chiuso ieri a Palazzo Bonaparte di Roma, e che aveva avuto una precedente tappa a Palazzo Reale di Milano

536.281: è il numero esatto dei visitatori che hanno varcato la soglia della mostra dedicata a Munch, prima a Palazzo Reale di Milano e poi a Palazzo Bonaparte di Roma, tappa inaugurata con grande partecipazione istituzionale alla presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e Regina Sonja di Norvegia.
A Milano i visitatori sono stati 276.805, mentre a Roma 259.476.

Le code interminabili, che hanno scritto una nuova geografia cittadina diventando esse stesse una perfomance artistica, sono state sotto gli occhi di tutti per vari mesi.
Il successo, non solo in termini di numeri ma anche e soprattutto per l’unanime apprezzamento del pubblico italiano e straniero, è legato alla forza emotiva di un artista raro da vedere nelle mostre e alla ormai celebre modalità espositiva di Arthemisia, che coinvolge, spiega e racconta in maniera impeccabile i grandi artisti, confermandosi ancora una volta fautrice delle mostre di maggior successo.

“È senza dubbio una grande soddisfazione assistere al successo delle nostre mostre e vedere una partecipazione così entusiasta – dice Iole Siena, Presidente di Arthemisia – ma il “successo” per me è leggere le parole commosse dei visitatori, osservare le persone che si stupiscono e piangono davanti alle opere, sapere che il nostro lavoro serve a tante persone per imparare, condividere e per conservare nel cuore un ricordo eterno. Questo è ciò che mi restituisce il senso del nostro lavoro.”

UN FENOMENO CULTURALE DI PORTATA INTERNAZIONALE
L’esposizione, dedicata al maestro dell’inquietudine e dell’anima, Edvard Munch, ha attratto anche decine di migliaia di turisti stranieri – circa 210.000 – affascinati dalla possibilità di ammirare da vicino 100 capolavori iconici del grande artista norvegese, un prestito senza precedenti proveniente direttamente dal Museo MUNCH di Oslo.

A stupire è anche la partecipazione italiana: Munch mancava in Italia da ormai decenni e sono stati oltre 320.000 i visitatori provenienti da tutte le regioni del Paese, con un’adesione straordinaria da parte di gruppi organizzati, appassionati d’arte, famiglie, ma anche e soprattutto scolaresche. Più di 3.500 classi, dai licei alle scuole medie fino alle elementari, hanno partecipato a un percorso pensato per unire l’impatto visivo dell’opera di Munch con un ricco e articolato impianto didattico, curato nei minimi dettagli per offrire ai giovani visitatori strumenti critici ed emotivi per comprendere l’arte dell’Espressionismo.

L’ARTE CHE PARLA ALL’ANIMA
A colpire è stato soprattutto il coinvolgente allestimento scenografico, capace di trasportare i visitatori nel mondo emotivo e visionario di Munch, tra suoni, luci e ambientazioni immersive. Un percorso espositivo potente, curato con rigore scientifico e una sensibilità narrativa che ha saputo emozionare e scuotere.

L’ENTUSIASMO DELLA CRITICA E DEI MEDIA
Grande apprezzamento e partecipazione anche da parte della stampa, italiana e internazionale: i giudizi sono stati unanimemente entusiasti, sottolineando la forza espressiva della selezione di opere, l’eccellenza curatoriale e la capacità dell’allestimento di rendere accessibile e toccante un universo interiore complesso e potente.

Con questi risultati, MUNCH. Il grido interiore si afferma come la mostra più visitata in Italia nel 2024/2025, confermando ancora una volta Milano e Roma come i due poli nevralgici di cultura, bellezza e città destinate ad accogliere grandi eventi internazionali e Arthemisia tra le più importanti aziende organizzatrici e produttrici di mostre d’arte a livello internazionale.

La mostra Munch. Il grido interiore è stata prodotta e organizzata da Arthemisia.
Curata da Patricia G. Berman, una delle più grandi studiose al mondo dell’artista, con la collaborazione scientifica di Costantino D’Orazio, è stata realizzata in collaborazione col Museo MUNCH di Oslo.

Main partner
 della mostra è stata la Fondazione Terzo Pilastro – Internazionale, con Poema.

La mostra ha goduto del patrocinio del Ministero della Cultura, della Regione Lazio, del Comune di Roma – Assessorato alla Cultura, della Reale Ambasciata di Norvegia a Roma e del Giubileo 2025 – Dicastero per l’Evangelizzazione.

La mostra ha visto come sponsor Generali Valore Cultura e Statkraftspecial partner Ricolamobility partner Atac e Frecciarossa Treno Ufficialemedia partner la Repubblicahospitality partner Hotel de Russie e Hotel de la Villesponsor tecnico Ferrari Trento e radio partner Dimensione Suono Soft.


Dopo 40 anni dall’ultima mostra a Milano, EDVARD MUNCH (Norvegia, 1863-1944) viene celebrato con una grande retrospettiva, promossa da COMUNE DI MILANO – CULTURA, con il patrocinio della REALE AMBASCIATA DI NORVEGIA A ROMA, e prodotta da PALAZZO REALE e ARTHEMISIA, in collaborazione con il MUSEO MUNCH DI OSLO.

Protagonista indiscusso nella storia dell’arte moderna, Munch è considerato un precursore dell’Espressionismo e uno dei più grandi esponenti simbolisti dell’Ottocento, nonché l’interprete per antonomasia delle più profonde inquietudini dell’animo umano.

La vita di Munch è stata segnata da grandi dolori che lo hanno trascinato ai limiti della follia: la perdita prematura della madre e della sorella, la tragica morte del padre, la tormentata relazione con la fidanzata Tulla Larsen. Tutto ha contribuito a formare la poetica di Munch, che riuscirà a esprimere, grazie a un eccezionale talento, il suo grido interiore trasformandolo in opere d’arte. I suoi volti senza sguardo, i paesaggi stralunati, l’uso potente del colore riescono a raggiungere ogni essere umano, trasformando le sue opere in messaggi universali, il malessere esistenziale che affligge ogni essere umano. È questo che ha determinato la grandezza di Munch, rendendolo uno degli artisti più iconici del Novecento.

La mostra, curata da PATRICIA G. BERMAN, una delle più grandi studiose al mondo di Munch, racconterà tutto l’universo dell’artista, il suo percorso umano e la sua produzione, e lo farà attraverso 100 OPERE, tra cui una delle versioni litografiche custodite a /Oslo de L’Urlo/ (1895), ma anche /La morte di Marat/ (1907), /Notte stellata/ (1922–19249), /Le ragazze sul ponte/ (1927), /Malinconia/ (1900–1901) e /Danza sulla spiaggia/ (1904).

Ad arricchire la mostra milanese, è previsto un ricco palinsesto di eventi che coinvolgerà diverse realtà culturali della città e che andrà ad approfondire la figura dell’artista ed espandere i temi delle sue opere esplorando diversi linguaggi, dal cinema all’architettura, dalla musica alla letteratura e molto altro.
Il programma sarà pubblicato prossimamente sui canali di comunicazioni dei partner coinvolti.

LA MOSTRA AVRÀ UNA SECONDA TAPPA A ROMA, A PALAZZO BONAPARTE, DAL 18 FEBBRAIO AL 2 GIUGNO 2025.

L’ARTISTA
Munch è uno degli artisti che ha saputo meglio interpretare sentimenti, passioni e inquietudini della sua anima, comunicandoli in maniera potente e tragica.
Plasmato inizialmente dal naturalista norvegese Per Lasson Krohg, col quale iniziò la carriera pittorica nel 1880, si spostò a Parigi per la prima volta nel 1885 e qui subì le influenze impressioniste e postimpressioniste che gli suggerirono un uso del colore più intimo, drammatico ma soprattutto un approccio psicologico.

Munch fu per tutta la sua vita condizionato dalla sofferenza e dalla mancanza che conobbe già da bambino, quando subì la perdita scioccante della madre e della sorella, malate di tubercolosi.

A Berlino contribuì alla formazione della Secessione Berlinese e nel 1892 si tenne la sua prima personale, che non solo non fu apprezzata, ma fu anche reputata scandalosa: da quel momento Munch ha incarnato la figura
dell’artista eversivo e maledetto.

Una vita precaria e vissuta “sull’orlo di un precipizio” che lo portò all’alcolismo e a una crisi psicologica, fino al ricovero in alcune case di cura tra il 1908 e il 1909.
Scegliendo l’isolamento, si spostò quindi nella sua proprietà di Ekely a Oslo fino alla sua morte nel 1944, dopo un mese dal suo ottantesimo compleanno.

MUNCH. IL GRIDO INTERIORE
14 SETTEMBRE 2024 – 26 GENNAIO 2025
PALAZZO REALE, MILANO


Milano, 27 gennaio 2025  Si è conclusa ieri la grande retrospettiva dedicata ad Edvard Munch organizzata da Palazzo Reale di Milano e Arthemisia con la collaborazione del Munch Museum di Oslo.

Il successo è andato ben oltre le aspettative: sono stati infatti 276.805 i visitatori che hanno visitato la mostra e sono accorsi per partecipare creando lunghe file, una sorta di installazione artistica urbana, fotografata e ripresa dai media di tutto il mondo.

La mostra, con i 100 capolavori provenienti dal Museo MUNCH di Oslo, era stata annunciata come “la mostra dell’anno” sia per l’eccezionalità dei prestiti che per l’attesa del pubblico per uno degli artisti più amati e meno rappresentati nelle mostre (l’ultima a Milano risaliva a 40 anni fa), è ha confermato l’aspettativa.

La mostra “Munch. Il grido interiore” sale in vetta alla classifica delle mostre più visitate a Palazzo Reale di Milano negli ultimi anni, ponendosi al primo posto.

Una mostra anche molto partecipata emotivamente, come testimoniano le migliaia di condivisioni e contenuti postati sui social networks fin dal primo giorno, accanto alle centinaia di articoli cartacei e web.

Grande successo anche per i tantissimi eventi collaterali che hanno coinvolto diverse realtà culturali della città e che, durante l’apertura della mostra, hanno accompagnato il pubblico alla scoperta di Munch come uomo e artista.

“Siamo orgogliosi di aver riportato a Milano un grande protagonista dell’arte moderna come Edvard Munch, che con il suo linguaggio universale continua a emozionare e parlare a tutte e tutti, oltre ogni barriera temporale e culturale. ‘Munch. Il grido interiore’ è la mostra più visitata a Palazzo Reale negli ultimi sei anni: ha rappresentato non solo un evento culturale di altissimo livello, ma anche un momento di condivisione per la nostra città, come dimostra l’entusiasmo del pubblico. Milano si conferma ancora una volta una capitale culturale di riferimento, capace di attirare l’interesse internazionale e proporre progetti unici”, ha detto l’Assessore alla Cultura Tommaso Sacchi.

“Per noi di Arthemisia – dichiara Iole Siena, Presidente di Arthemisia – è davvero un grande orgoglio aver potuto scrivere una pagina importante nella storia culturale di Milano e di Palazzo Reale. Questa mostra sarà ricordata nel tempo, sia per i contenuti ineccepibili, sia per l’affetto dimostrato dal pubblico. Le lunghe code sono state sotto gli occhi di tutti per diversi mesi, a testimoniare l’interesse e l’entusiasmo delle persone.  Per noi è stata una ulteriore prova che il “format Arthemisia”, che unisce il rigore scientifico ad una divulgazione didattica ed emotiva, è quello giusto.”


Si parte l’11 febbraio a Palazzo Bonaparte di Roma con la mostra dell’anno: MUNCH. Il grido interiore, con 100 capolavori provenienti dal Munch Museum di Oslo.

Presentata in anteprima a Palazzo Reale di Milano, dove chiuderà il prossimo 26 gennaio attestandosi come la mostra più visitata in Italia nel 2024, la mostra giunge a Roma – a distanza di oltre 20 anni dall’ultima esposizione – e sarà presentata con un nuovo allestimento fino al 2 giugno.

Edvard Munch (Adalsbruk, Norvegia, 1863 – Oslo, 1944), uno dei maggiori protagonisti del Novecento, interprete assoluto delle più profonde inquietudini dell’animo umano, le cui opere sono raramente esposte nelle mostre per le difficoltà legate ai prestiti, viene celebrato con una magnifica retrospettiva, la più grande mai realizzata sino ad oggi in Italia.

Prodotta e organizzata da Arthemisia in collaborazione con il Munch Museum di Oslo, curata da Patricia G. Berman (una delle più autorevoli studiose al mondo di Munch), con il patrocinio del Ministero della Cultura, della Reale Ambasciata di Norvegia a Roma, della Regione Lazio, del Comune di Roma – Assessorato alla Cultura. Partner principale della mostra è la Fondazione Terzo Pilastro Internazionale.

In mostra ci saranno i capolavori più noti di Munch, tra cui Despire, Malinconia, Danza sulla Spiaggia, Le ragazze sul ponte, La morte di Marat, Notte Stellata e anche una delle versioni de L’Urlo.

Comunicazioni ufficiali e immagini (ove non indicato diversamente) dall’Ufficio Stampa Arthemisia. Aggiornato il 20 dicembre 2024 e il 27 gennaio 2025.

Dove i classici si incontrano. ClassiCult è una Testata Giornalistica registrata presso il Tribunale di Bari numero R.G. 5753/2018 – R.S. 17. Direttore Responsabile Domenico Saracino, Vice Direttrice Alessandra Randazzo. Gli articoli a nome di ClassiCult possono essere 1) articoli a più mani (in tal caso, i diversi autori sono indicati subito dopo il titolo); 2) comunicati stampa (in tal caso se ne indica provenienza e autore a fine articolo).

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