DAL CAOS AL COSMO. METAMORFOSI A PALAZZO TE
la mostra dal 29 marzo al 29 giugno 2025
a cura di Claudia Cieri Via

Clicca qui per la presentazione del 28 marzo 2025, commento a cura di Giuseppe Fraccalvieri 
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Palazzo Te 500 anni di creatività



la presentazione del 28 marzo 2025, commento a cura di Giuseppe Fraccalvieri

Come si può celebrare ciò che già pienamente riempie gli occhi e l’animo di visitatori e cittadini?
Quella di festeggiare il cinquecentenario di Palazzo Te potrebbe sembrare quasi una missione impossibile.
Ha illustrato il direttore di Fondazione Palazzo Te, Stefano Baia Curioni, come per una ricorrenza così importante si siano previste molte e notevoli iniziative, con tre grandi tappe artistiche: la mostra Dal caos al cosmo. Metamorfosi a Palazzo Te, poi il progetto espositivo con Isaac Julien, a cura di Lorenzo Giusti, Direttore della GAMeC di Bergamo, e infine un labirinto creato da Marco Balich nei Giardini dell’Esedra.

Palazzo Te: 500 anni di creatività – la guida

Con questa prima tappa, la mostra Dal caos al cosmo. Metamorfosi a Palazzo Te, curata da Claudia Cieri Via, si è sicuramente cominciato col piede giusto. Un progetto espositivo che, per usare le parole del Direttore Baia Curioni, non è estremamente grande ma sicuramente assai prezioso, anche grazie agli importanti prestiti da grandissime istituzioni.

Non è tuttavia solo una questione di prestiti notevoli. Collocare delle opere negli spazi già completi di Palazzo Te non è cosa semplice, e il gusto, la sensibilità e l’attenzione scientifica della curatrice hanno permesso una selezione che dona grandissimo valore alla visita. Le opere scelte sembrano legarsi con perfetta naturalezza agli spazi affrescati di Palazzo Te: il motivo è che molte sono direttamente legate alla storia di questi luoghi.
Il progetto espositivo coinvolge inoltre i nostri sensi e stupisce con temi di grande attualità, ma che erano oggetto di discussione già secoli addietro, come ci sottolinea la curatrice.

Dal caos al cosmo. Metamorfosi a Palazzo Te. Foto di Giuseppe Fraccalvieri
Il direttore Stefano Baia Curioni e il sindaco Mattia Palazzi. Foto di Giuseppe Fraccalvieri

Prima del percorso vero e proprio, troviamo un plastico dell’edificio e una cartina della città al tempo, accompagnati da ricchi apparati esplicativi. Possiamo così non solo notare le modifiche al Palazzo, ma pure contestualizzare come questo si sia trovato a lungo su una vera e propria isola. L’immaginazione non può che correre a quel tempo e cambiare la nostra percezione di quanto abbiamo intorno a noi.
Nella stanza successiva, i due protagonisti, Federico II Gonzaga e Giulio Romano sono raffigurati (entrambi da Tiziano Vecellio, il primo con replica Factum Arte e il secondo ritratto originale) mentre sui muri vengono riccamente descritti i loro destini incrociati. Una mappa del Palazzo illustra le stanze.

Dal caos al cosmo. Metamorfosi a Palazzo Te. Foto di Giuseppe Fraccalvieri
Il sindaco Mattia Palazzi e il direttore Stefano Baia Curioni. Foto di Giuseppe Fraccalvieri

La mostra non poteva che aprirsi con Giulio Romano: la prima sezione si intitola Le favole di Ovidio ed è nella stanza del Palazzo che da lui prende il nome. Qui troviamo esposti preziosi disegni, provenienti dal Museo del Louvre di Parigi e dall’Albertina di Vienna. Queste opere vedono il Pippi impegnato sugli stessi temi della Camera delle imprese, la prossima nel percorso.

Arriviamo quindi alla Camera del Sole e della Luna e alla seconda sezione, intitolata La ciclicità del tempo, dove è protagonista un prezioso volume dalla Biblioteca Centrale di Roma, i cui passi della traduzione ovidiana di Niccolò degli Agostini dialogano con i carri del Sole e della Luna sulla volta.

Nella Sala dei Cavalli troviamo la terza sezione, Virtù, eros e potere, che gloriosamente ci riporta (con originali del Correggio e copie) alcune opere del ciclo degli Amori di Giove, commissionato da Federico II Gonzaga per i giorni di permanenza di Carlo V nella città ducale, nel 1530. In quell’anno, il 24 febbraio veniva incoronato Imperatore nella Basilica di San Petronio a Bologna, grazie a Papa Clemente VII. Non si poteva che collocare questi dipinti nella sala di rappresentanza, ci spiega la curatrice. Troviamo qui anche un dipinto di Jacopo Tintoretto, che vede affrontate Minerva e Aracne nella loro mitologica sfida, e incisioni di Adamo Scultori.

Nella sezione Eros, ibridazioni e sublimazione troviamo quindi uno dei dipinti più rappresentativi di questa mostra, Amore e Psiche di Jacopo Zucchi, nella grandiosa camera che prende il nome dal medesimo mito. Il dipinto dalla Galleria Borghese dialoga quindi col banchetto che vede protagonisti i due innamorati. A guardarli, dall’altra parte della stanza, Polifemo assiso sul suo scranno di roccia, mentre satiri e uomini gioiscono, a testimoniare una unione pacifica tra natura e cultura e, come evidenzia la curatrice, un dialogo tra diversità che c’è sempre stato.

Nella Camera dei Venti troviamo la sezione successiva, intitolata L’ordine delle stelle. L’elemento acquatico è protagonista dei miti di Narciso ed Ermafrodito nelle opere della mostra, oltre che con gli animali nell’incisione di Giulio Romano. Opere non di grandi dimensioni fisiche queste, ma che sapranno colpire per la loro straordinaria raffinatezza.

Dall’oceano sulla terra a quello nel cielo: mentre astronomia, astrologia e mitologia si incontrano nelle raffigurazioni, uno specchio collocato al centro della stanza non potrà non coinvolgere i visitatori, che potranno trovare nuovi punti di vista e nuove illusioni ad ingannare il proprio sguardo.

La sezione Superbia, punizione, violenza viene invece ospitata nella Camera delle Aquile. Il Nettuno rapisce Anfitrite di Giulio Romano e il Ratto di Proserpina di Rubens dialogano con i rapimenti di Europa, Proserpina, Anfitrite nei bassorilievi dei riquadri della camera da letto.
Un Rubens estremamente luminoso, i cui colori sembrano quasi richiamare l’abbaglio della folgore di Zeus, per una raffigurazione di grande movimento e drammaticità: oggi la si direbbe facilmente cinematografica.

Nello spostarci verso le ultime sezioni della mostra, attraverso la Loggia di Davide, ammiriamo un primo assaggio di arte contemporanea con la scultura di Giuseppe Penone, Dafne. La curatrice ha evidenziato come questo artista lavori sugli elementi naturali, operando molto su una struttura poetica, trasformando un albero in struttura bronzea.

Troviamo quindi il Trionfo di Ovidio, nella raffigurazione dalla cerchia di Nicolas Poussin.

In conclusione, la mostra Dal caos al cosmo. Metamorfosi a Palazzo Te, curata da Claudia Cieri Via, ci è parsa una vera e propria opera di ri-contestualizzazione, che permetterà di vedere giustapposte opere in un dialogo plausibile e autentico. E pure le opere che sfuggono a questa logica risultano collocate con gusto e significative rispetto allo spazio circostante, andando ad arricchire le sfaccettature dei miti rappresentati. Alla fine della visita si esce con un senso di pienezza: non una mostra grande, si diceva, ma un pasto gourmet che lascia sicuramente soddisfatti e, ciò che più importa, a interrogarci ancora su quanto avvenuto nei secoli in questi luoghi, incontrando di nuovo alcuni dei suoi protagonisti.

Come ha spiegato il Direttore di Palazzo Te, Stefano Baia Curioni, questo è un luogo meraviglioso che ha coinvolto molti nei secoli, ma pure un luogo enigmatico dove si stratificano molti livelli narrativi. Palazzo Te si può vedere come opera d’arte totale che mette insieme arte e architettura, letteratura.
L’impegno per questo cinquecentenario è un impegno particolare: si proverà a fare di più e ad andare oltre la meraviglia, di modo che Palazzo Te possa ispirare il futuro e una capacità di progettazione.
Il progetto della mostra ruota intorno al tema della Metamorfosi, e racconta la speranza, l’utopia che la speranza possa trasformarsi e conquistare la pace. Si è lavorato molto sull’intonazione, sull’agire con garbo e non in modo roboante, perché Plazzo Te luogo di poesia e come tale va celebrato.

Nel suo intervento, la curatrice Claudia Ceri Via ha illustrato come la metamorfosi, il tema proposto da Baia Curioni per questa  occasione 1525-2025, sia un tema a lei molto caro. Un tema ovviamente presente a Palazzo Te, ma che con questa mostra vuole si vuole spingere a una più profonda comprensione degli affreschi del Palazzo.

La professoressa della Sapienza Università di Roma ha spiegato come allestire a Palazzo Te sia in realtà molto complicato: già vi sono affreschi e tematiche diverse, che vanno ad attingere alle opere antiche di Apuleio e Ovidio. Non siamo insomma in un luogo asettico ma sempre con questa mostra si è voluto cogliere un dialogo tra le opere che parlano.
C’è questa sintonia tra il Palazzo e il poema di Ovidio, e con questo percorso espositivo si è voluto entrare nel merito di alcune tematiche interessanti. 

La docente ha anche espresso soddisfazione per come – tra originali del Correggio e copie – si sia riusciti ad ottenere quasi tutti i dipinti del ciclo degli Amori di Giove, che testimoniano il rapporto forte tra Federico II Gonzaga e l’imperatore Carlo V. Contestualizzarli nella Sala dei Cavalli, vederli esposti come potevano esserlo nel Cinquecento, è in sé un piacere.
La curatrice ha anche toccato altri temi fondamentali di questa mostra, il tema della duplicità (con la figura di Ermafrodito) e quella del rapporto con la natura. Il mito diventa infatti una guida che mette in rapporto gli esseri umani con la natura e anche per un amore con la natura.

Nel suo intervento di oggi, il sindaco di Mantova, Mattia Palazzi, ha innanzitutto sottolineato come Palazzo Te non arrivi stanco a questo anniversario; è giusto quindi celebrare una strategia e un lavoro condiviso negli ultimi dieci anni.
Un lavoro costante di rilettura del Palazzo, delle sue sale, che non viene dato per scontato. Anche con questa mostra, che ci aiuta a comprendere anche il tempo che viviamo e i valori che vorremmo, per rimetterli al centro del dialogo pubblico.
Non meno rilevante per questa strategia è l’investimento in opere materiali, sia eventi come iniziative, per portare qui i giovani, per renderli questi spazi vivi nella quotidianità dei mantovani, come dei turisti.
Non solo luogo di meraviglia, ma di formazione, dove costruire competenze ed esperienze, dove ci possa essere un confronto. Quest’anno, con l’apertura delle Fruttiere, inaugurate da Isaac Julien, ci sarà quindi anche un nuovo grande spazio espositivo per la vita culturale della città, con attenzione al contemporaneo.
In serata la nuova illuminazione dell’Esedra verrà anche inaugurata, mentre proseguono restauri.
Altro fattore di grande importanza è la credibilità che si è costruita nel tempo, perché non si ottengono prestiti dai più grandi musei del mondo se non la si è costruita nel tempo.

Questo in sintesi il senso degli interventi occorsi durante la presentazione di oggi, 28 marzo 2025, nella Sala dei Capitani di Palazzo Te. Sono intervenuti il Presidente di Fondazione Palazzo Te, Enrico Voceri, e il Direttore Stefano Baia Curioni, la curatrice della mostra Dal caos al cosmo. Metamorfosi a Palazzo Te, Claudia Cieri Via, il Direttore Generale Fondazione BAM, Luca Giovannini, e infine il Sindaco di Mantova, Mattia Palazzi.

Eugenio Cajes (copia da Antonio Allegri, detto Correggio), Ratto di Ganimede (1604), olio su tela, cm 175x82, Madrid, Museo Nacional del Prado (inv. P000119). Dettaglio, foto di Giuseppe Fraccalvieri
Eugenio Cajes (copia da Antonio Allegri, detto Correggio), Ratto di Ganimede (1604), olio su tela, cm 175×82, Madrid, Museo Nacional del Prado (inv. P000119). Dettaglio, foto di Giuseppe Fraccalvieri

Il racconto delle Metamorfosi di Ovidio attraversa le camere, le sale e le logge di Palazzo Te, dal caos delle origini alla dimensione temporale della storia, dalla übris dei mortali e le conseguenti punizioni da parte degli dèi, all’affermazione della loro supremazia sugli esseri umani. Il percorso all’interno di Palazzo Te enuncia in apertura, attraverso i miti di Orfeo ed Euridice, di Apollo e Marsia e di Apollo e Pan, la contrapposizione fra le divinità, gli esseri umani e semiumani nella polarità fra apollineo e dionisiaco, che si esprime in particolare nella musica a corda di Apollo e di Orfeo e nella musica a fiato di Pan, nella danza armoniosa delle Muse e delle Grazie e in quella sfrenata delle Menadi e dei Satiri.

Le metamorfosi, dunque, coinvolgono la vita degli esseri umani, ma anche degli animali e delle piante, fino ad arrivare a processi di ibridazioni, di deformazioni, di cambiamenti di status che trovano una grandiosa espressione “nell’affresco cosmogonico” di Ovidio e di Apuleio che Giulio Romano mette in scena nelle pitture, negli stucchi, nelle decorazioni e nei linguaggi architettonici di Palazzo Te attraverso le sue metamorfosi in un mondo in continua trasformazione.

Da queste forme in incessante movimento prendono le mosse anche gli scrittori e gli artisti contemporanei, che frequentemente attingono alle Metamorfosi di Ovidio per immergersi nel mondo della natura vegetale e animale in un sentire all’unisono, per esprimere, al massimo delle loro potenzialità, le sperimentazioni di dinamismi in mutamento. È il caso di Dafne, che nella sua metamorfosi nella pianta dell’alloro sublima la violenza di Apollo, oppure di Siringa, che inseguita dal satiro si trasforma nelle canne che andranno a costruire la siringa di Pan, simbolo di armonia, ma anche di Arianna, che viene sublimata in una costellazione, o di Fetonte che sbalzato dal carro di Apollo per aver osato avvicinarsi troppo al sole precipita nel fiume Po, come racconta Ovidio.

Il lavoro di Penone sulla materia vivente è esemplare di questa filosofia della natura per trovare una certa assonanza con il processo artistico di Giulio Romano sulla trasformazione/deformazione delle forme architettoniche assimilabili alla natura: dalle colonne tortili ai triglifi slittati che nell’ibridazione con le forme della natura, ma anche con il mostruoso e il grottesco, esprimono una rottura dei canoni stilistici classici nelle architetture in continuo movimento, in quelle trasformazioni manieriste che trasmettono anche una certa instabilità e trovano espressione nel potente affresco della caduta dei Giganti.

La mostra si colloca nell’ambito delle iniziative per i 500 anni di Palazzo Te.

Palazzo Te: 500 anni di creatività – la guida

Palazzo Te 500 anni

LE FAVOLE DI OVIDIO

Le favole latine e i miti greci rappresentano da una parte l’evasione della realtà nel fantastico, dall’altra le interpretazioni della realtà in forma simbolica. In questo senso è esemplare la decorazione complessiva di Palazzo Te, dimora di ozi e di piaceri, dove Federico II Gonzaga scelse le Metamorfosi di Ovidio come racconti allegorici del suo carattere e delle sue virtù. È ciò che ci riferiscono le testimonianze in merito all’operato di Giulio Romano e della sua scuola, che a partire dalla Camera di Ovidio ricordano l’antico non solo nei soggetti ma anche nella composizione, che richiamano quelle del terzo stile pompeiano, su sfondo scuro e alternate a piccole scene di paesaggi. Qui le narrazioni ovidiane, attraverso i magnifici disegni di Giulio Romano, mettono in scena miti di amore e morte, come quelli di Orfeo ed Euridice, o della gara musicale fra la musica apollinea e dionisiaca fra Apollo e Pan e fra Apollo e Marsia.

Giulio Pippi, detto Giulio Romano

Bacco e Arianna

1527 circa

inchiostro marrone con penna, lavis, pietra nera, cm 67,2×42,8

Parigi, Musée du Louvre, Département des Arts graphiques (inv. 3488 recto)

 

Giulio Pippi, detto Giulio Romano (attribuito)

Contesa tra Apollo e Pan

1527 circa

inchiostro marrone con penna, lavis, cm 69,6×48,7

Parigi, Musée du Louvre, Département des Arts graphiques (inv. 3641 recto)

 

Giulio Pippi, detto Giulio Romano

La competizione musicale tra Apollo e Pan

1527 circa

matita nera, penna bruna, cm 69,8×42,2

Vienna, The Albertina Museum (inv.14192 R.100)

 

Giulio Pippi, detto Giulio Romano

Frammento di Baccanale

1527 circa

inchiostro marrone con penna, lavis, cm 67,9×48,5

Parigi, Musée du Louvre, Département des Arts graphiques (inv. 3508 recto)

 

Giulio Pippi, detto Giulio Romano

Morte di Orfeo

1527 circa

inchiostro marrone con penna, lavis, cm 31×24,9

Parigi, Musée du Louvre, Département des Arts graphiques (inv. 3494 recto)

 

Giulio Pippi, detto Giulio Romano

Il supplizio di Marsia

1527 circa

inchiostro marrone con penna, inchiostro nero con penna, lavis, carta beige, pietra nera, cm 66,3×50,2

Parigi, Musée du Louvre, Département des Arts graphiques (inv. 3487 recto)

 

LA CICLICITÀ DEL TEMPO

Il percorso attraverso le Metamorfosi raffigurate a Palazzo Te trova un importante nucleo nella Camera del Sole e della Luna, dove Giulio Romano raffigura sulla volta il carro di Apollo e quello della Luna in movimento l’uno dietro l’altro, restituendo una efficace immagine del grande tema della ciclicità del tempo che apre il secondo libro del poema di Ovidio.

Niccolò Degli Agostini

Tutti li libri de Ovidio Metamorphoseos tradutti dal litteral al verso vulgar con le sue allegorie in prosa et istoratio

1522

cm 21,2x16x4

Roma, Biblioteca Nazionale Centrale (inv. 000022578)

 

VIRTÙ, EROS E POTERE

All’interno di questa sezione, che si apre con il confronto tra i monocromi della sala dedicati alle vicende di Ercole e le incisioni tratte da questo apparato decorativo, viene evocato il celebre ciclo degli Amori di Giove, commissionato da Federico II Gonzaga a Correggio in occasione del soggiorno di Carlo V a Mantova. Le opere con le trasformazioni del padre degli dèi, qui esposte in originale o in copie del XVII secolo, sono tra le raffigurazioni più sensuali e coinvolgenti di tali miti.

Ma come racconta Ovidio nelle Metamorfosi (VI, vv., 1-145) le feroci passioni del padre degli dèi vengono denunciate nel divenire il soggetto dell’opera di tessitura con cui la giovane Aracne sfida Minerva in una gara al telaio. La dea incolpando la giovane tessitrice di un grave atto di superbia, la punisce trasformandola in un ragno. La vicenda è ben raffigurata da Jacopo Tintoretto nel dipinto che si conserva alla Galleria degli Uffizi.

Ludovico Dolce

Le trasformationi di M. Lodouico Dolce

1561

cm 23×16,5×3

Mantova, Biblioteca Teresiana (inv. 174.F.4)

 

Adamo Scultori (incisore)

Giulio Pippi, detto Giulio Romano (inventore)

Ercole strangola il leone Nemeo

bulino, mm 213×144 (impronta)

Roma, Istituto Centrale per la Grafica

 

Adamo Scultori (incisore)

Giulio Pippi, detto Giulio Romano (inventore)

Ercole e Anteo

bulino, mm 213×144 (impronta)

Roma, Istituto Centrale per la Grafica

 

Antonio Allegri, detto Correggio

Danae

1530-1531

olio su tela, cm 158×189

Roma, Galleria Borghese (inv. 125)

 

Eugenio Cajes (copia da Antonio Allegri, detto Correggio)

Ratto di Ganimede

1604

olio su tela, cm 175×82

Madrid, Museo Nacional del Prado (inv. P000119)

 

Eugenio Cajes (copia da Antonio Allegri, detto Correggio)

La favola di Leda

1604

olio su tela, cm 165×193

Madrid, Museo Nacional del Prado (inv. P000120)

 

Jacopo Robusti, detto Tintoretto

Minerva e Aracne

1575-1585

olio su tela, cm 145×272

Firenze, Galleria degli Uffizi (inv. Collezione Contini Bonacossi 35)

 

EROS, IBRIDAZIONI E SUBLIMAZIONE

Il dialogo non avviene solo tra le varie favole antiche, ma anche tra autori. È in questa sala che si materializza il rapporto tra la narrazione ovidiana e quella di Apuleio. Il racconto del mito di Amore e Psiche è qui rappresentato nella volta con toni scuri e scorci incredibili che comunicano attraverso le improvvise illuminazioni i momenti della storia legati alle trasgressioni e alle punizioni. L’incontro tra i due amanti viene ben descritto, e in questa occasione posto a confronto, anche dal pittore Jacopo Zucchi, che con la stessa cura dei particolari rappresenta ogni oggetto presente nella stanza in cui si incontrano il dio e la bellissima giovane.

Nella parte bassa si avvia un racconto per lo più gioioso che si svolge sulle pareti sottostanti dove la solarità del banchetto nuziale è seguito da altri miti d’amore e morte, come Venere e Marte e Venere e Adone, ma anche da metamorfosi, in continuità con quanto già proposto a Roma da Raffaello, Sebastiano del Piombo e dallo stesso Giulio Romano in vari contesti decorativi, tra i quali quello di Polifemo e Galatea sia nella Loggia della villa di Agostini Chigi a Roma, sia nella loggia di Villa Madama.

Jacopo Zucchi

Amore e Psiche

1589

olio su tela, cm 173×130

Roma, Galleria Borghese (inv. 10)

 

Giovanni Battista Scultori (incisore)

Giulio Pippi, detto Giulio Romano (inventore)

Giove e Olimpiade

1538

bulino, mm 163×222

Vienna, The Albertina Museum (inv. It/I/29/4)

 

L’ORDINE DELLE STELLE

La metamorfosi è movimento continuo, dal cosmo, qui rappresentato nella complessità dei venti e delle costellazioni che influenzano i caratteri degli esseri umani, al caos, che attiva tematiche come il doppio, l’ibrido e la trasformazione di corpi e forme.

Il mito di Narciso è doppio nel suo rispecchiamento sull’acqua ed è doppio nell’eco del suono e della voce della ninfa Eco, ma entrambi tendono all’unità, al cosmo, come Ermafrodite e Salmace.

Justus Glesker

Ermafrodito

1664-1669

avorio, cm 9,3×23,5

Firenze, Galleria degli Uffizi (inv. Avori Bargello (1878) n. 170)

 

Giovanni Antonio Boltraffio

Narciso al fonte

1500-1510

olio su tavola, cm 19×31

Firenze, Galleria degli Uffizi (inv. 1890, 2184)

 

Ippolito Scarsella, detto Scarsellino

Salmaci ed Ermafrodito

1615 circa

olio su tavola, cm 41,5×56

Roma, Galleria Borghese (inv. 214)

 

Adamo Scultori (incisore)

Giulio Pippi, detto Giulio Romano (inventore)

Cattura di grandi pesci

1563-1565

bulino, cm 20,9×31,2 

Milano, Castello Sforzesco, Raccolta delle Stampe Achille Bertarelli (inv. MPP 366)

 

SUPERBIA, PUNIZIONE, VIOLENZA

La rappresentazione della caduta di Fetonte, che perso il controllo dei cavalli del carro di Apollo rovina, campeggia sulla volta della Camera delle Aquile in un meraviglioso e ardito scorcio prospettico.

In questo ambiente, negli stucchi della volta la metamorfosi assume il significato di strumento d’inganno per le divinità dell’Olimpo ai fini di insidiare e rapire le giovani ninfe per possederle. È il caso del ratto di Europa da parte di Giove, di Anfitrite da parte di Nettuno ma anche di Proserpina rapita da Plutone. I magnifici disegni di Giulio Romano per questi stucchi sono per lo più ispirati a rilievi antichi, come nel caso del sarcofago con il ratto di Proserpina, ripreso, anche attraverso la mediazione del disegno di Giulio Romano, da Rubens nel dipinto che si conserva a Parigi (Musée du Petit Palais) e che l’artista poteva aver visto in occasione del suo soggiorno a Mantova nel primo decennio del Seicento.

Giulio Pippi, detto Giulio Romano

Nettuno rapisce Anfitrite

1527-1528 circa

inchiostro marrone con penna, cm 41,2×21,3

Parigi, Musée du Louvre, Département des Arts graphiques (inv. 3496 recto)

 

Pieter Paul Rubens

Ratto di Proserpina

1614-1615

olio su tavola, cm 38×67

Parigi, Musèe du Petit Palais (inv. PDUT954)

 

METAMORFOSI E PERFORMANCES NELL’ARTE E NELLA NATURA

Il racconto del poema di Ovidio approda dal caos delle origini del mondo alla dimensione temporale.

Da queste forme in continua trasformazione prendono le mosse anche gli scrittori, i poeti e gli artisti contemporanei che attingono ai miti delle Metamorfosi di Ovidio per immergersi nella natura vegetale e animale in un sentire all’unisono. Fra questi è emblematica la vicenda di Dafne, che nella sua trasformazione in alloro sublima nella pianta il terrore della violenza di Apollo.

Il lavoro di Penone sulla materia vivente è esemplare di questa filosofia della natura, così come quello di Giulio Romano che elabora il movimento negli elementi architettonici e nelle decorazioni plastiche, che da oggetti si trasformano in profili umani, animali o naturali.

«La metamorfosi coinvolge anche la vita degli esseri umani, degli animali e delle piante, per arrivare a ibridazioni, deformazioni e cambiamenti ravvisabili anche nella letteratura e nell’arte contemporanea – spiega Claudia Cieri Via, curatrice della mostra –. In questa prospettiva, è stata scelta un’opera come Dafne di Giuseppe Penone, un artista che lavora sulla materia vivente con vigore esemplare e totalizzante, così come rivelano le annotazioni poetico- filosofiche che accompagnano i suoi disegni. Questa compenetrazione tra natura e materia, tra arte e poesia, emerge in modo molto affine nell’operato sia dell’artista quanto di Giulio Romano».

Giuseppe Penone

Dafne

2014

bronzo, cm 285x111x100

Collezione Giampiero Rinaudo & Antonella Falaguerra

Courtesy Tucci Russo Studio per l’Arte Contemporanea, Torre Pellice e Torino

 

DAL MITO ALLA STORIA ANTICA AI TRIONFI

La sezione Dal mito alla storia antica ai trionfi propone un altro viaggio nel tempo con Aby Warburg di cui nella Camera degli Stucchi è visibile una foto della storica mostra del 1927, quando lo storico dell’arte amburghese progettò Ovid Austellung proprio partendo dalle Metamorfosi e studiando la sopravvivenza dell’Antico nell’arte del Rinascimento.

I temi affrontati nelle sue tavole spaziano dall’inseguimento al rapimento, dalla morte sacrificale al sacrificio umano, dalla danza sacrificale al lamento funebre. Il testo di Ovidio si trasforma, secondo Warburg, “in uno scrigno di tesori per i valori espressivi della dinamica psicologica” che il progetto espositivo intercetta e collega puntualmente al percorso e agli artisti selezionati.

DAL CAOS AL COSMO: L’ANTICO, LA STORIA, I TRIONFI

Le Metamorfosi di Ovidio sono un testo fondamentale anche dal punto di vista storico, dato che il poeta decide di concludere la sua opera con l’apoteosi di Cesare, narrata nel libro XV. Infatti, il poema venne ultimato nel primo decennio del I secolo d.C. e al suo interno vengono narrati oltre duecentocinquanta miti del mondo antico. La sua straordinaria importanza consiste nella radicale novità con cui il poeta augusteo – celebrato da Nicolas Poussin nel dipinto che raffigura il suo Trionfo probabilmente assumendo la fisionomia del più grande poeta e letterato del tempo, Giovan Battista Marino – affrontò l’argomento mitologico, che, dietro una apparenza di favola, nasconde un alto significato morale. Il suo ritratto si può infine rispecchiare negli stessi versi del poeta che concludono le Metamorfosi.

«E ormai ho compiuto un’opera che né l’ira di Giove né il fuoco, né il ferro, né il tempo che tutto rode potranno cancellare. Quando vorrà verrà pure il giorno fatale e…ponga fine allo spazio della mia vita. Ma con la parte migliore di me io volerò in eterno più in alto delle stelle, e il nome mio rimarrà indelebile. E ovunque si estenda sulle terre domate la potenza romana, le labbra del popolo mi leggeranno e per tutti i secol, grazie alla fama, se qualcosa di vero c’è nelle predizioni dei poeti, io vivrò.»

(Metamorfosi, XV, vv. 870-874)

 

Nicolas Poussin (cerchia)

Trionfo di Ovidio

1625 circa

olio su tela, cm 148×176

Roma, Gallerie Nazionali di Arte Antica, Galleria Corsini (inv. 478)

 

Comunicazioni ufficiali e immagini (ove non indicato diversamente) dagli Uffici Stampa Lara Facco P&C e Fondazione Palazzo Te. Aggiornato il 28 marzo 2025.

Þegi þú, Týr, þú kunnir aldregi bera tilt með tveim; handar innar hægri mun ek hinnar geta, er þér sleit Fenrir frá.

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