I Marmi Torlonia. Collezionare Capolavori” è una mostra che va raccontata a partire dal suo epilogo. L’esposizione, frutto di un’intesa tra il Mibact e la Fondazione Torlonia, si comprende del tutto raggiungendo la sua ultima sala, la numero 14, dove è esposto il catalogo monumentale curato da Pietro Ercole Visconti e poi dal nipote Carlo Ludovico, stampato in otto edizioni dal 1876 al 1885.

I Marmi Torlonia. Collezionare Capolavori. Foto: Alessandra Randazzo

Qui è esposta l’edizione monumentale del 1884-’85 che offre le fotografie di tutte le 620 sculture di cui si componeva il Museo Torlonia e che fu il primo esempio di un catalogo di sculture antiche integralmente riprodotte in 161 tavole in fototipia.

Il Museo fu voluto intorno al 1876 dal principe Alessandro Torlonia non solo per dare una collocazione unitaria alle raccolte del padre Giovanni e dei suoi predecessori, fino ad allora contenute nelle loro sontuose residenze, ma anche per esporre al pubblico i frutti dell’accumulo privato secondo un percorso organizzato in gallerie e sale per gruppi tematici e anche classificato con la redazione di un catalogo. Un Museo che fu principalmente il progetto culturale di una generosa e lungimirante politica culturale di segno privato, intesa a compensare la dispersione di un patrimonio d’arte antica accumulato in Roma per secoli. (Salvatore Settis).

I Marmi Torlonia. Collezionare Capolavori. Foto: Alessandra Randazzo

Il catalogo esposto in sala racconta le tre componenti originarie del Museo Torlonia e delle sue 77 sale dell’edificio di Via della Lungara, chiuso al pubblico agli inizi del Novecento, nell’acquisto in blocco di “Antiche ed insigni collezioni”, nei materiali emersi dagli sterri della Roma che attraverso i nuovi quartieri in costruzione si faceva capitale d’Italia, nelle “escavazioni” dei latifondi di famiglia. E da qui partiamo per visitare la mostra, perché i curatori Salvatore Settis e Carlo Gasparri hanno voluto ispirarsi a queste origini per progettare l’esposizione della selezione di 92 opere greco-romane tra i marmi della più prestigiosa collezione privata di sculture antiche al mondo.

I Marmi Torlonia. Collezionare Capolavori. Ritratto di Caracalla (regnò 198–217 d.C.), su busto antico non pertinente da Villa Albani, inizi del III secolo d.C Foto: Alessandra Randazzo

La mostra infatti è ideata come un racconto che inizia dall’evocazione del Museo Torlonia verso il 1885 per poi procedere indietro nel tempo fino alle collezioni quattro-cinquecentesche: Il Museo Torlonia si racconta qui come una collezione di collezioni, o come un gioco di scatole cinesi, in cui una raccolta racchiudeva in sé pezzi provenienti da collezioni ancor più antiche.

Il progetto scientifico di studio e valorizzazione della collezione è di Salvatore Settis, curatore della mostra con Carlo Gasparri. Electa, editore del catalogo, cura anche l’organizzazione e la promozione dell’esposizione, mentre il progetto d’allestimento è di David Chipperfield Architects Milano con il progetto della luce di Mario Nanni per Lumi Viabizzuno. L’esposizione si dipana negli ambienti dello spazio espositivo dei Musei Capitolini a Villa Caffarelli, tornati alla vita dopo oltre cinquanta anni di oblio grazie all’impegno di Roma Capitale per restituire alla cittadinanza un nuovo spazio espositivo progettato e interamente curato della Sovrintendenza capitolina. La Fondazione Torlonia ha restaurato i marmi selezionati con il contributo di Bvlgari che è anche main sponsor della mostra.

I Marmi Torlonia. Collezionare Capolavori.Gruppo di due guerrieri, uno con firma di Philoumenos (?) da Villa Albani, I secolo d.C. marmo pentelico con integrazioni in marmo lunense; base moderna in bardiglio Foto: Alessandra Randazzo

David Chipperfield nel suo allestimento mette in scena i Marmi Torlonia in cinque sezioni che seguono una sequenza narrativa con cronologia invertita e usano colori diversi per la differente definizione delle aree così che ogni scultura, proprio come nelle fototipie del catalogo monumentale, abbia uno sfondo omogeneo per essere meglio apprezzata.

Un sistema di basamenti di altezze e dimensioni variabili, caratterizzati dall’uso del mattone grigio scuro e trattati come estrusioni dalla pavimentazione delle sale, sono a tutti gli effetti delle strutture architettoniche su cui poggiano direttamente le opere scultoree senza la mediazione di sostegni o piedistalli.

I Marmi Torlonia. Collezionare Capolavori. Statua di caprone dalla collezione Giustiniani, corpo della fine del I secolo d.C. con testa attribuita a Gian Lorenzo Bernini. Statua di guerriero dalla collezione Giustiniani, età imperiale per il frammento antico del corpo; verso la metà del II secolo d.C. la testa antica non pertinente marmi bianchi di qualità diverse per le parti antiche e le integrazioni Foto: Alessandra Randazzo

Il tempo a ritroso voluto dai curatori della mostra ci guida, allora, nella Sezione I che evoca il Museo Torlonia in alcune delle sue componenti più significative ed espone l’unico bronzo della raccolta, un Germanico portato alla luce nel 1874 e prontamente restaurato e integrato come descritto da Pietro Ercole Visconti nel Catalogo: “La testa, trovata in parte, ma ridotta in minuti frammenti, venne con la guida di quegli avanzi restituita dal ristauro; come altresì una parte del braccio e della gamba dritta”. La statua proviene da Cures, in Sabina, e raffigura in nudità eroica il figlio adottivo dell’imperatore Tiberio, famoso per le sue vittorie sulle tribù germaniche.

I Marmi Torlonia. Collezionare Capolavori. In primo piano statua di Germanico da Cures in Sabina, I secolo d.C. Bronzo. ph Astrologo

Tre celeberrimi ritratti qui esposti sono quelli della Fanciulla di Vulci, datata tra la fine della Repubblica e i primi anni del principato di Augusto, la cui delicata acconciatura era un tempo impreziosita da inserti d’oro e pietre preziose, il cosiddetto Eutidemo I di Battriana della Collezione Giustiniani, il busto di età tardo repubblicana dal crudo realismo detto il Vecchio da Otricoli, già nella galleria dei busti imperiali (perché originariamente attribuito a Galba) che terminava il percorso museale; proprio dalla stessa galleria provengono i venti busti di ritratti imperiali (o creduti tali), di varia provenienza, ordinati secondo l’ordine cronologico dei personaggi rappresentati.

I Marmi Torlonia. Collezionare Capolavori. Foto: Alessandra Randazzo

La Sezione II ci conduce invece tra i materiali provenienti dagli scavi ottocenteschi di Giovanni Raimondo Torlonia e del figlio Alessandro, il fondatore del Museo, nelle loro proprietà dell’agro romano: le tenute di Roma Vecchia e della Caffarella, le Ville dei Quintili, dei Sette Bassi e di Massenzio e altre ancora dove emersero notevoli aree archeologiche. Tra queste sono i resti della villa sull’Appia Antica di Erode Attico -un ricchissimo filosofo e mecenate greco, nonché usuraio, vissuto nel II secolo d.C.- che vi aveva esposto preziose sculture importate da Atene; un personaggio tanto sicuro della propria fama da far scrivere sulla propria tomba: “Giacciono in questo sepolcro i pochi resti di Erode figlio di Attico, nativo di Maratona, mentre la sua fama è sparsa in tutto il mondo“.

I Marmi Torlonia. Collezionare Capolavori. Replica del gruppo di Eirene e Ploutos (Pace e Ricchezza) di Kefisodotos dalla Villa dei Quintili, fine I secolo d.C. marmo pentelico Foto: Alessandra Randazzo

Nel corso dell’Ottocento gli scavi Torlonia si estesero ancora lungo la via Appia e la via Latina, dove erano in antico importanti sepolcreti e anche l’acquisizione di altri latifondi in Sabina e nella Tuscia portò agli scavi del Portus Augusti, il principale sbocco a mare di Roma in età imperiale, come a quelli dell’antica Cures, oggi Fara Sabina.

Proprio dagli scavi di Porto riemerse l’eccezionale bassorilievo con la dettagliatissima scena che ritrae il Portus Augusti, edificato a partire dal 42 d.C. dall’imperatore Claudio. Il restauro di quella che doveva essere un’offerta votiva ha restituito le tracce della policromia originaria che rivestiva l’intera lastra marmorea e l’efficace illuminazione del reperto in mostra permette di leggerne senza difficoltà i dettagli e i molteplici particolari nonostante le sue relativamente piccole dimensioni (122×75 cm): dalle decorazioni delle vele della nave alla scena del sacrificio propiziatorio al viaggio, dal faro all’ingresso del bacino, alle figure di Bacco/Liber Pater e di Nettuno.

I Marmi Torlonia. Collezionare Capolavori. Bassorilievo con veduta del Portus Augusti da Porto (1864), intorno al 200 d.C. marmo pentelico con tracce di policromia Foto: Alessandra Randazzo

Poco oltre il rilievo si ammira la coppia del satiro e della ninfa colti in un invito alla danza e nei suoi momenti iniziali, con il satiro che inizia a prendere il ritmo battendo il piede sulla pelle del kroupezion e la ninfa che si allaccia il sandalo: una scena che fa comprendere appieno la capacità di rappresentare la grazia da parte dell’ignoto artista di età imperiale.

I Marmi Torlonia. Collezionare Capolavori. Statua di Satiro, replica dal gruppo detto Invito alla danza da Roma Vecchia, Villa dei Sette Bassi, replica della fine del I secolo d.C. da originale del II secolo a.C. Statua di Ninfa, replica dal gruppo detto Invito alla danza da Roma Vecchia, Villa dei Sette Bassi, replica della fine I– inizio del II secolo d.C. da originale del II secolo a.C Foto: Alessandra Randazzo

Il Settecento è poi il secolo che ci guida nella Sezione III del nostro viaggio a ritroso perché proprio nel corso del XVIII secolo le collezioni Torlonia si arricchiscono delle straordinarie raccolte di Villa Albani, costruita a partire dal 1747 dal cardinale Alessandro Albani per ospitare la sua collezione di antichità poi acquisita dai Torlonia, e della raccolta dei marmi dello scultore Bartolomeo Cavaceppi (1716-1799), frutto delle sue attività nel restauro e nel commercio di marmi antichi, comprata all’asta da Giovanni Torlonia nel 1800.

I Marmi Torlonia. Collezionare Capolavori. Cratere con simposio bacchico, detto Tazza Cesi o Vaso Torlonia alla fine del XV secolo nella chiesa di Santa Cecilia in Trastevere o in San Francesco a Ripa, poi nella Villa Cesi, infine a Villa Albani; fine II–inizi I secolo a.C. marmo pentelico Foto: Alessandra Randazzo

La grande Tazza con Simposio bacchico è esposta nella Sezione V della mostra ma sicuramente rappresenta al meglio i tesori degli Albani passati ai Torlonia ed è testimone, tra l’altro, delle fortune ma anche delle peripezie del collezionismo romano; il gigantesco bacile era infatti giunto al Cardinale Albani dal giardino del cardinal Cesi dove risulta documentato dal 1530 circa e allestitaoallora come vasca da fontana accompagnata da un Sileno con otre e prima ancora è testimoniata da un disegno quattrocentesco in una chiesa di Trastevere (Anna Maria Riccomini ne ricostruisce le tracce in un avvincente saggio del catalogo della mostra).

I Marmi Torlonia. Collezionare Capolavori. Statuetta restaurata come Apollo con la spoglia di Marsia dalla collezione Giustiniani, parti antiche del I secolo d.C. marmo pentelico per il torso, marmo bianco per le integrazioni Foto: Alessandra Randazzo

Nella Sezione IV la replica del Fanciullo che strozza l’oca dall’originale in bronzo dello scultore ellenistico Boethos, e una coppia di marmi restaurati e integrati in modo da rappresentare la storia di Apollo che scortica Marsia sono i pezzi che meglio evocano il gusto del raffinatissimo collezionista Vincenzo Giustiniani (1564–1637). Dalla memoria della Galleria Giustiniana le sue collezioni vennero disperse dopo la morte del marchese ma il nucleo più consistente della sua collezione di antichità fu acquistato dal Principe Giovanni Torlonia nel 1816 ed entrò a far parte del Museo nel 1859.

I Marmi Torlonia Collezionare Capolavori. Statua di divinità, c.d. Hestia Giustiniani Marmo pario Foto: Alessandra Randazzo

E’ davvero difficile scegliere tra i tanti capolavori esposti e, ammirati dalla celeberrima Hestia Giustiniani, ci basterà segnalare lo straordinario Nilo Torlonia, già Albani Barberini e già conservato a Palazzo Giustiniani: un capolavoro della scuola alessandrina di età ellenistica originariamente collocato nel Foro della Pace di Vespasiano.

I Marmi Torlonia. Collezionare Capolavori. Sarcofago a colonne con Fatiche di Ercole, e coperchio con coppia di defunti distesa già in Palazzo Savelli, poi Orsini; intorno al 170 d.C. marmo asiatico Foto: Alessandra Randazzo

Arriviamo alla Sezione V che offre una selezione di sculture del Museo Torlonia già documentate in precedenti collezioni del XV e XVI secolo. Pezzi che passarono di mano in mano, collezioni disperse e finalmente raccolte dai Torlonia nelle stanze del loro Museo. Dalle collezioni degli Orsini, o meglio dalla dimora Orsini già Savelli, proviene probabilmente il sarcofago con le fatiche di Ercole e coppia di defunti recumbenti sul coperchio.

I Marmi Torlonia. Collezionare Capolavori. Sarcofago a colonne con Fatiche di Ercole, e coperchio con coppia di defunti distesa già in Palazzo Savelli, poi Orsini; intorno al 170 d.C. marmo asiatico Foto: Alessandra Randazzo

Nell’ultima sala della mostra ci accoglie un tavolo con ripiano di porfido forse ricavato da una grande colonna e sopra questo giaciglio dal sapore imperiale è proprio collocato quel sontuoso volume del Catalogo del Museo Torlonia (1884) con il quale abbiamo iniziato la scoperta della mostra su I Marmi Torlonia. A Villa Caffarelli, sul Campidoglio, fino al 29 giugno 2021.

 

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