Immaginare Pompei come una città con ampi spazi dedicati al verde oggi è difficile. Ma grazie agli affreschi presenti in molte domus con raffigurazioni di giardini fantastici e agli ampi studi di archeobotanica, gli studiosi oggi sono riusciti a ricostruire quella che doveva essere l’area verde sia di una residenza privata sia del verde comune.  Nel momento stesso in cui la città tornò alla luce, il verde cominciava a ricoprire gli spazi, complice il fertile terreno vulcanico e la mitezza del dolce clima campano.

Blick auf das große Theater von Pompeji, 1793, Gouache über Feder in Braun und Grau, 587 x 850 cm, Klassik Stiftung Weimar, Graphische Sammlungen. ah309

Non essendo avvertita l’esigenza di manutenzione del monumento e complice l’aurea romantica delle ruine, la vegetazione non destava preoccupazione. Molte le testimonianze letterarie e pittoriche arrivateci grazie ai viaggiatori del tempo. In particolare, molti vedutisti esaltavano la presenza di piante che selvagge e incolte correvano sulle creste dei muri o si inerpicavano sulle colonne.

L’immagine del verde è stata ripresa solo recentemente a Pompei, grazie anche al prezioso studio e alle campagne di garden archaeology promosse da Wilhelmina Jashemski o al lavoro di Anna Maria Ciarallo dove si è potuto ricostruire un ampio repertorio botanico e floristico che documentano le molteplici varietà e diversità biologiche che disegnavano il verde di Pompei e che popolavano una città romana di I secolo d.C.

Casa degli amanti, giardino. Foto: Alessandra Randazzo

Dopo l’unità d’Italia e l’apertura al pubblico degli scavi, la gestione del verde venne ripensata con l’eliminazione delle piante infestanti e la cura di quegli arbusti che andavano ad introdursi con le radici all’interno di cavità murarie, ormai diventate un tutt’uno con l’architettura. Inoltre, vennero sostituiti i platani, la cui manutenzione era particolarmente costosa, con la messa a dimora di pini marittimi così da creare ampie porzioni d’ombra per i visitatori, mentre cipressi furono piantati a bordura di giardini e domus. Ulteriori cambiamenti avvennero in epoca fascista, quando ad essere messe a dimora furono piante esotiche e palme all’interno delle domus aperte al pubblico e nei viridaria.

Casa del Frutteto. Foto: Alessandra Randazzo

La creazione di un Laboratorio di Ricerche Applicate all’interno del sito a partire dagli anni ’80 è stato inoltre un prezioso incentivo per lo studio di tutti gli spazi verdi pubblici e privati di Pompei, soprattutto perché si è riusciti a restituire una corretta immagine, molto vicina a quella riscontrata sugli affreschi dei giardini della città vesuviana. Le fonti antiche, le rappresentazioni pittoriche e le analisi archeo botaniche hanno permesso in molti casi, grazie alla scoperta di pollini e semi, di ricostruire in vivo le specie coltivate all’interno dei viridaria. Nelle aiuole si è così scoperta una certa preferenza per i sempreverdi e i ginepri ma anche per le piante medicinali e coronarie, cioè mirto e alloro, per intrecciare corone, oltre a fiori e alberi da frutta.

Ma i giardini non ospitavano solo verde e così si diffonde la moda tutta orientale di arricchire gli spazi con fontane, ninfei, vasche ed euripi oltre a statue di bronzo e di marmo, tutti tipici elementi dei grandi parchi delle ville d’otium piuttosto che delle case urbane. Questi spazi venivano così ad offrire luoghi riservati da far ammirare agli ospiti ma anche dove poter passeggiare tranquillamente lontano dal trambusto domestico a godere del paesaggio.

Giardino con euripo di Loreio Tiburtino. Foto: Alessandra Randazzo

Nelle tipologie abitative più arcaiche, non esisteva un vero e proprio giardino ma era preferibile, anche per l’economia familiare, avere a disposizione un ricco hortus, orto coltivato, per la produzione di verdura e frutta. Verso la fine del II secolo a.C. e poi soprattutto a partire dal I secolo a.C., l’hortus viene circondato da un peristilio che progressivamente acquisisce le caratteristiche di un vero e proprio giardino. Ad influenzare questa moda, sicuramente le tendenze che provenivano dall’oriente e in particolar modo dalla cultura ellenistico-alessandrina. Vaste aree della casa furono così destinate a verde che divenne parte integrante delle abitazioni più lussuose grazie a giardinieri professionisti che diedero vita all’ars topiaria: il giardinaggio.

Casa della Venere in conchiglia. Foto: Alessandra Randazzo

In questi giardini, più o meno estesi, venivano coltivati peschi e limoni che le moderne tecniche di scavo permettono di riconoscere attraverso i resti dei pollini, dei legni, dei semi e hanno permesso l’identificazione delle specie coltivate, mentre i vuoti lasciati nel terreno dalle radici stabiliscono la dislocazione delle essenze messe a dimora. Alcune colture hanno avuto un’importanza particolare all’interno dell’economia della stessa città; in particolare i quartieri che si sviluppavano intorno all’area dell’Anfiteatro hanno restituito tracce di vigneti e di spazi verdi con diverse destinazioni d’uso.

Nella foto la raccolta nel Foro Boario davanti al grande anfiteatro.
Ph. Ciro Fusco

La fertilità del suolo permetteva una coltura estensiva ed intensiva per cui si privilegiava, soprattutto in vista della conservazione, ortaggi che potevano essere immersi in aceto o salamoia, per poi essere consumati durante l’anno in conserve. Tra i frutti invece noccioli, fichi, meli, peri, uve da tavola, che potevano essere consumati sia freschi che secchi o pesche che erano conservate nel miele. Importante il ritrovamento qualche tempo fa anche di un’area destinata a vivaio di essenze arboree che ha permesso l’identificazione delle specie più comuni coltivate nei ricchi giardini pompeiani.

Un’eco del lusso del verde pompeiano lo possiamo trovare oggi nelle pitture parietali che adornano i triclini delle case e che presentano una grande varietà di alberi, specie vegetali, uccelli di ogni specie e fontane monumentali, spesso utilizzati come prospettive illusionistiche per ampliare verso un immaginario spazio esterno un ambiente interno.

Frutteto. Foto: Parco Archeologico di Pompei

Un mirabile esempio di ricchezza del verde è dato dai bellissimi affreschi che ci ha restituito la Casa del Frutteto, dove è possibile ammirare limoni e corbezzoli, piante da frutto e ornamenti da giardino e un albero di fico a cui è attorcigliato un serpente, simbolo di prosperità e ricchezza. Una vegetazione degna di un paradiso terreste avvolge il riposo degli antichi abitanti di questa dimora che conserva uno dei più begli esempi di pittura da giardino rinvenuta in città. A differenza di quanto attestato in altre abitazioni dove la pittura da giardino era riservata solo alle stanze di rappresentanza, qui alcuni ambienti sono arricchiti oltre che da un verde lussureggiante anche da motivi prettamente egittizanti con riferimenti alla dea Iside, indizio di una devozione particolare del proprietario della casa al mondo orientale. Ma a caratterizzare gli ambienti anche statue faraoniche, rilievi con il bue Api e figure egizie, idrie e situle che si mescolano a vasi-fontana e quadretti con Dioniso.

Frutteto. Foto: Parco Archeologico di Pompei

Altri giardini, forse letterari in quanto gli scavi non hanno confermato le notizie, sono quelli che nel 1841 visita Alexandre Dumas nella Casa del Fauno: “Alle spalle è un giardino che doveva aver tutto disseminato di fiori; in mezzo a quei fiori sgorgava una fontana che ricadeva in un bacino di marmo. Intorno intorno si sviluppava un portico sostenuto da ventiquattro colonne di ordine ionico, oltre le quali si scorgevano ancora altre colonne e un secondo giardino, piantato a platani e lauri, alla cui ombra sorgevano due tempietti consacrati agli dei lari”.

Casa del Fauno.

Una visita a Pompei permetterà quindi di affacciarsi nel verde di una città antica e di una abitazione privata ma anche di riposare la mente su quel prezioso patrimonio ricostruito di odori, colori e piante che la città e il sapiente lavoro di specialisti ci ha permesso di studiare.

https://www.facebook.com/pompeiisoprintendenza/videos/636311670499484/

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