Le insegne di Palazzo Massimo sono state ritrovate nel 2005, durante degli scavi effettuati sul Palatino, in un’area compresa tra il Colosseo e l’attuale Via Sacra. Il rinvenimento è avvenuto all’interno di una fossa ricavata in uno degli ambienti semipogei della terrazza di età flavio-neroniana di un piccolo tempio pertinente le Curiae Veteres, sedi di un culto civico istituito secondo la tradizione da Romolo, e citate da Tacito come uno dei vertici dell’area sacra del Palatino, attribuito anch’esso al fondatore mitico della città.
In questo quadro topografico si inquadra il ritrovamento dei signa, all’interno di una fossa, che, dal punto di vista stratigrafico, ha tagliato un pavimento che ha restituito materiale databile agli inizi del III secolo d.C.; pertanto, la deposizione delle insegne, va fissata in un momento compreso entro la fine del III- inizio IV secolo secolo d.C. A confermare questa datazione, le analisi effettuate tramite carbonio-14 sui resti lignei degli astucci che custodivano le lame delle lance.
Ma a chi appartenevano questi importanti oggetti, emblemi dell’esercito romano?In linea generale potrebbero essere appannaggio di alte cariche dello stato e militari, ma è proprio tutto l’insieme ritrovato che suggerisce invece l’appartenenza ad un corredo imperiale.
Le modalità di seppellimento e relativo occultamento, la cronologia e il contesto di rinvenimento (le insegne furono infatti nascoste in un antico luogo di culto sul Palatino), portano a ritenere che questi signa appartenessero a Massenzio, ucciso da Costantino nella battaglia di Ponte Milvio del 312. Si pensa infatti a qualcuno del seguito di Massenzio stesso che, venuto a sapere della sua morte, ha voluto occultare le insegne in un sito come le Curiae Veteres, strettamente collegate a Romolo e alla Roma delle origini, richiamati nella propaganda politica del princeps per legittimare il potere preso con la forza.
Le insegne esposte presso Palazzo Massimo alle Terme possono ritenersi un ritrovamento assolutamente unico ed eccezionale. Ci sono tre scettri, tre punte di lancia da parata e quattro punte di lancia portastendardo. Gli oggetti furono accuratamente avvolti nella seta dei vessilli e riposti in una borsa di cuoio, poi sepolti nella fossa dove gli archeologi li hanno ritrovati in uno stato di conservazione assolutamente sorprendente.
Le punte di lancia conservano ancora tracce di legno degli astucci che le proteggevano e, su tutti gli oggetti, si è mineralizzato il tessuto che li avvolgeva. La tecnica con cui vennero realizzati questi signa, il materiale e la decorazione fa presupporre la provenienza da un’unica officina e, non esistendo nel mondo classico reperti simili, solo i documenti figurati ne hanno permesso una ricostruzione.
Scettri con sfere
Gli scettri avevano due sfere in vetro dorato che potevano essere montate, a seconda delle cerimonie, all’estremità di aste lunghe o corte. La sfera, in calcedonio azzurro proveniente forse dall’India, era fissata ad una corta asta ed era sormontata da un oggetto oggi perduto, forse un’aquila.
Lo scettro con la sfera verde, sostenuto da una corona ad otto petali, venne realizzato in ferro, rame e oricalco (una lega pregiata molto simile al colore dell’oro). L’impugnatura, anch’essa preziosa, era intarsiata in legno e rivestita con foglie d’oro.
Lance da cerimonia. Trovate in coppia presentano cannule che si aprono in un fiore a sei petali su cui si innesta la cuspide multilama. Il colore, in entrambe le punte, è volutamente bicromo, ottenuto utilizzando ferro e oricalco. Una variante è quella con punta triangolare in ferro con base sagomata a forma di pelta base,
Lance portastendardo. Le due punte ritrovate, in ferro con alette laterali, appartenevano ad aste portanti stendardi quadrangolari fissati alle alette tramite lacci di cuoio. Le altre due punte più allungate, dovevano invece portare stendardi triangolari allungati o a forma di fiamma.