L’ITALIANA IN BICICLETTA, romanzo di Pina Maria Rinaldi: «l’audacia del primo passo e il bruciore delle cadute»
L’italiana in bicicletta (Giunti, 2024), romanzo d’esordio di Pina Maria Rinaldi, è uno di quei libri che, una volta letti, non vorresti mai riporre, che vorresti avere sempre lì, a portata di occhi e di mano, sul comodino, o sulla scrivania, o sul divano, o dovunque siano i tuoi “luoghi di lettura”, in modo da poter riallacciare, di tanto in tanto, un dialogo con loro.

La storia narrata fa delicatamente scivolare il lettore nel primo decennio del Novecento, con una vividezza di riferimenti che lo porta a ricostruire in automatico, nella propria mente, scenari, volti, suoni e odori, allestendo quasi una proiezione personale di un film in costume.
Le ambientazioni descritte abbracciano mondi completamente diversi, da un punto all’altro del globo, dall’Italia dell’elegante città di Bari al Cile della pittoresca Valparaíso, passando attraverso l’Oceano Atlantico e quello Pacifico, che sembrano sospendere i personaggi in un’interminabile terra di mezzo.
È, infatti, sul transatlantico Regina Margherita che si apre il racconto, ad aprile del 1906, con la protagonista Serafina in procinto di abbandonare i luoghi e gli affetti della propria infanzia per raggiungere una frontiera sconosciuta e un padre che è sempre stato una figura evanescente, costantemente assente per lavoro ed emotivamente distante per carattere.
La netta separazione dalla vita trascorsa nel capoluogo pugliese è segnata dal saluto composto dello zio Luigi che, immobile sul molo, con il cuore pesante e il cappello poggiato sul petto, guarda la nave allontanarsi dalla costa. Poi, l’avventura di Serafina ha inizio, tra le lacrime che le segnano il volto, i timori che le affollano i pensieri e il coraggio che comunque la sostiene nell’affrontare l’ignoto.
«Serafina sentì una stretta al cuore al pensiero della nave che scivolava sull’acqua, la prua rivolta verso un mondo di cui non riusciva a immaginare i contorni, alle spalle una scia bianca che sembrava inghiottire la sua vita di prima.»
Man mano che le miglia marine l’allontanano dalla sua terra, giorno dopo giorno, settimana dopo settimana, Serafina acquisisce determinazione e consapevolezza, finendo per portare con sé, insieme ai bauli imbarcati sulla nave, un aggiuntivo bagaglio fatto di esperienze e relazioni umane.
Accanto al ricordo della madre Marisa, persa tragicamente durante l’adolescenza, e ai volti famigliari dello zio Luigi, con il suo atelier in via Sparano, e dell’amica Assunta, essenziale punto di riferimento negli anni del collegio, iniziano a delinearsi nella vita di Serafina nuove figure altrettanto importanti, che andranno a influire, in un modo o nell’altro, sul suo percorso di crescita.
La bicicletta, simbolo d’indipendenza e di libertà, nonché filo rosso che la lega alla madre, la segue dal Vecchio al Nuovo Mondo, come un viatico tra un’esistenza e l’altra.
Ma Serafina non è la sola a conquistare il lettore: i personaggi che entrano in scena sono tutti ugualmente tracciati con grande definizione, sensibilità e intensità. Nessuno è esente da difetti o manchevolezze, nessuno si erge a modello di virtù, né al contrario incarna valori esclusivamente sbagliati, perché tutti si rivelano profondamente veri, umani, fragili sotto alcuni aspetti e inaspettatamente tenaci sotto altri; ognuno fa quello che può per affrontare la vita, facendo i conti con ciò che essa offre, propone o dispone per loro.
Durante la lettura, dunque, ci si potrà facilmente affezionare all’anticonformista e avventata Marisa, o all’abile sarto Luigi La Rocca, o alla giunonica e ciarliera Carmela, insieme al marito Annibale, apparentemente sottomesso ma pronto a lanciare le sue argute stoccate; oppure, ancora, alla maestra Rosalba, al dongiovanni Gustavo, all’affascinante medico di bordo Alberto Evans, alla mite e paziente Juana. Non si potrà restare indifferenti, soprattutto, al complesso e divisivo personaggio di Gioacchino La Rocca, padre di Serafina, e alla sua lenta evoluzione, di pari passo con quella della figlia.
Altrettanto di spessore sono le descrizioni degli ambienti che, senza mai dilungarsi in eccessivi dettagli, riescono con pochi e ben calibrati rimandi a ricostruire interi contesti.
La città di Bari, così, prende forma attraverso le sue vie, i suoi locali e i suoi edifici storici: l’Istituto Margherita di Savoia; il Caffè Pasticceria Stoppani; il Politeama Petruzzelli; il piazzale della Stazione con i venditori di sgagliozze; il ristorante L’Ostricaro di via Piccinni; le osterie di Piazza Ferrarese; i Giardini Garibaldi, che si offrono alle passeggiate nelle giornate di bel tempo; il molo San Nicola, «punteggiato dalle lanze dei pescatori attraccate in disordine», da dove all’imbrunire partono i varcheceddàre per la loro pesca notturna.
La metropoli di Valparaíso, invece, si rivela, tratto dopo tratto, attraverso il suo miscuglio di idiomi, profumi e colori: la multietnicità dei negozi, dal salone di parrucchiere Johnny Watson alla Pâtisserie La Parisienne, passando per la rivendita di calzature italiane Lo Stivale; le lunghe vie che costeggiano il mare, come calle Independencia; la plaza de la Victoria, con i suoi alberi e le sue aiuole; l’esclusiva località di villeggiatura Viña del Mar; la collina del Cerro Conceptiòn, abitata dalle famiglie più in vista; gli spettacoli al Teatro Victoria; lo squallore dei conventillos, dove si vive nella povertà più estrema ma si trova ancora spazio per la generosità.
Personaggi e luoghi, inoltre, sono supportati da una trama avvincente, densa di eventi e di cambiamenti di scena, che non annoia mai e che lascia la voglia di andare avanti per scoprire come si evolvono le vicende.
Maria Pia Rinaldi, nata in Basilicata, cresciuta in Puglia, formatasi in Germania e nel Regno Unito, trasferitasi in Cile – dove ha messo su famiglia – e infine rientrata con marito e figli in Italia, porta in questo suo bellissimo romanzo tutta la potenza e la pienezza delle sue esperienze multiculturali: una vera e propria marcia in più che conferisce spessore e tridimensionalità al narrato.

Un romanzo storico e di formazione, in conclusione, che parla di sogni e di aspirazioni, di ostacoli da superare per affermare la propria identità e la propria unicità, di rivendicazione dei diritti troppo spesso negati alle donne, di solidarietà e comprensione reciproca, di seconde possibilità.
In poche parole, di vivere e rialzarsi a ogni caduta, come suggerisce l’estratto riportato sul retro di copertina:
«I lividi non l’avevano scoraggiata. Continuava a ripetere che le grandi imprese iniziano tutte con l’audacia del primo passo e il bruciore delle cadute».

SCHEDA
Casa Editrice: Giunti
Data di pubblicazione: settembre 2024
Collana: A
Codice ISBN: 9788809916920
Numero di pagine: 384