La gatta è l’ultimo lungometraggio della regista romagnola Silvana Strocchi. Il film, tratto dal libro La gatta della scrittrice francese Colette, sta viaggiando di cinema in cinema per mostrare al pubblico una Bologna troppo spesso dimenticata. Non solo Bologna, ma anche eros e sentimento. La pellicola è nata grazie al supporto della Genoma Films, di Emilia Romagna Film Commission e della Cineteca di Bologna.

La gatta: trama

Il film riprende la trama del romanzo di Colette, adattandolo ad un contesto contemporaneo e, soprattutto, bolognese. Orfeo (Luca Mazzamurro) figlio di una ricca dinastia bolognese impegnata nella lavorazione e vendita di tessuti, si sposa con Camille (Margherita Varricchio) una giovane ragazza estremamente bella. Tuttavia, nonostante l’unione sia favorita da tutti, a fare da terza protagonista in questo dramma sentimentale sarà Sasha, la gatta di Orfeo.

La simbologia della gatta

Leggere la trama così, senza approfondimento, potrebbe far storcere il naso al lettore/spettatore medio che crederà di trovarsi davanti ad un’opera bizzarra e leggera. Niente di più sbagliato! Ripercorrendo quella che è la scrittura di Colette, comprendiamo sin da subito che la figura del gatto altro non è che un simbolo. Ma cosa raffigura? Tornando alla pellicola della Strocchi, Sasha raffigura l’infanzia ovvero quel pezzo primordiale di noi dal quale facciamo tutti fatica a staccarci. Per tale motivo Camille sa benissimo, sin dall’inizio del film, di essere destinata a perdere la partita contro Sasha.

Camille rappresenta un futuro, un qualcosa di diverso e di eccessivamente adulto. Orfeo, al contrario, non riesce a staccarsi dalla propria infanzia. Il film mostra un vero e proprio conflitto famigliare che converge nella figura di Orfeo. Orfeo come eterno bambino, come uomo castrato dalla figura materna o, semplicemente, Orfeo come un albero le cui radici sono troppo robuste per essere estirpate. A far da supporto emotivo e amoroso al personaggio di Camille sarà Nick (Nicola Fabbri) da sempre innamorato della bella protagonista.

La Gatta Silvana Strocchi
La locandina del film La Gatta, per la regia di Silvana Strocchi

 

La tecnica cinematografica

I libri di Colette da sempre si prestano a trasposizioni cinematografiche. Basti pensare al grande successo che fu il film Chéri di Stephen Frears. Per quanto riguarda La gatta, la regia della Strocchi decide di “prendersi il suo tempo”. Un tempo non sempre cronologico ma definibile come un tempo della memoria.

Il punto di vista è perennemente quello di Orfeo. Con l’uso del flashback, spesso lo spettatore ha la possibilità di vedere il passato del protagonista. Un passato che torna continuamente e che vede la sua incarnazione in Sasha. Bologna, protagonista silenziosa della pellicola, fa parte di quella memoria. Dal centro cittadino con la sua maestosità medioevale alla campagna che sembra inghiottire le casa di Orfeo, Bologna sembra fagocitare tutto. Bologna e la bolognesità che è parte intrinseca dei personaggi che vogliono amare ed essere amati in questo film. Non può esserci salvezza per Orfeo e questo è ben noto sin dall’inizio del film. La salvezza, paradossalmente, è l’abbandono. Ovvero abbandonarsi alla memoria e a tutto ciò che ci circonda.

La gatta è un film indipendente coraggioso che ha alle spalle un percorso travagliato. Ora, fortunatamente, la pellicola è pronta a conquistare i cinema ed ha già ottenuto delle proiezioni di grande successo. Speriamo che il cinema indipendente possa prendere sempre più spazio sui nostri schermi!

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