A proposito del termine Spatriati, Mario Desiati, al termine del suo ultimo omonimo romanzo, nelle pagine dedicate alle “note dallo scrittoio o stanza degli spiriti”, scrive:
Spatriato è il participio passato del verbo spatriare, che sta per andar via o, come dice la Treccani, cacciare dalla patria. In alcuni dialetti meridionali, tra cui il martinese, ha altre sfumature, come incerto, disorientato, ramingo, stordito, senza arte né parte, in alcuni casi persino orfano […].
È forse questa l’unica definizione univoca che si può applicare ai due protagonisti del romanzo, Francesco e Claudia. Dei due martinesi seguiamo un’evoluzione che, a partire dall’adolescenza fino all’età adulta, ha più i tratti di un’involuzione che di un’evoluzione vera e propria.
Di fatto, i due non smettono mai di essere spatriati, nei confronti della propria terra d’origine che a più riprese abbandonano in cerca di un posto in cui poter essere chi credono di essere davvero, ma anche nei confronti della vita in generale. Per quanto le vicende della vita e i passi già percorsi dai propri genitori cerchino di instradarli, Claudia e Francesco rifiutano le linee rette per scegliere di perdersi.
Di seguito, l’articolo continua rivelando alcuni elementi della trama.
Marchiati da situazioni familiari delicate che ne decretano l’avvicinamento, i due spatriati cresceranno insieme, creando un legame capace di varcare i confini di ogni classificazione:
Come chiamarlo questo prodigio, questa relazione che c’eravamo inventati? Come chiamare il nostro istinto comune, quella forza solidale che ci faceva annusare i pensieri l’uno dell’altra? Era molto più di sottile e sofisticato dell’innamoramento, era una nazione libera e indipendente e non aveva nome”. (p. 161)
A renderli dapprima complici è l’adulterio di cui si rendono responsabili il padre di Claudia e la madre di Francesco divenendo amanti. Entrambi vittime di un’educazione borghese e di retaggi culturali propri di una provincia del sud Italia qual è Martina Franca, i due ragazzi cercano di “sopravvivere” inventando un proprio codice all’interno di una comunicazione e di un mondo che esclude chiunque altro.
Dunque, non è né amore, né pura amicizia, la loro, eppure c’è qualcosa esattamente nel mezzo privo di nome che non permette all’uno di trascorrere una giornata senza che ne segua il racconto con l’altro.
Non hanno nome neppure le identità in cui Claudia e Francesco si calano e che non cercano mai di circoscrivere, spinti dal desiderio di non avere limiti, guidati soltanto da una libertà che trova la più diretta forma d’espressione nella fluidità sessuale.
Milano e Berlino sono le grandi città che si prestano a quest’espressione di sé, che non sembra realizzabile a Martina Franca. Mario Desiati propone, così, l’abusatissimo topos dell’opposizione tra provincia e grande città non privando la narrazione di stereotipi e cliché di sorta. Ne è emblema il fatto che per Martina Franca Francesco sarà sempre un “irregolare”, un uomo che non ha trovato il proprio posto nel mondo perché privo di una moglie, un figlio, un lavoro certo, tutte convenzioni che non fanno che avallare lo stereotipo della provincia “chiusa” che funziona soltanto secondo norme incontrovertibili.
La narrazione del contrasto tra provincia e grande città e l’insistenza sull’espressione della sessualità, insieme a dialoghi non sempre coerenti e verosimili, ma talvolta presi in prestito da dinamiche proprie dei più banali film adolescenziali, sono forse gli unici punti deboli del romanzo. Tuttavia, possono ugualmente trovare una loro ragione d’esistere se si guarda all’intento generale del romanzo: la rappresentazione di una generazione che, figlia di chi ha vissuto il boom economico, deve avere a che fare con un mondo in cui le risorse sono cambiate, le aspettative accresciute e non sempre realizzabili. Risultato di ciò è la continua ricerca di una felicità inseguita e mai raggiunta per tutta la vita, un giovanilismo che mostra la perenne incertezza degli adulti.
L’intero romanzo è, infatti, permeato da un sottofondo di insoddisfazione e di Sehnsucht:
La nostalgia di un desiderio non ancora realizzato o irrealizzabile, di qualcosa di indefinito nel futuro o di un bene irraggiungibile. […] Desiderio del desiderio, malattia e malinconia di ogni essere vivente che anela all’impossibile o addirittura all’infinito. […]
Insomma, Spatriati, non certo è un libro privo di difetti e neppure di pregi, ma la sua presenza all’interno della dozzina del Premio Strega 2022 e il suo messaggio intimo e al contempo universale, perché banalmente ognuno a modo proprio può identificarsi in uno spatriato, la dice lunga sulle strade che la nuova letteratura contemporanea ha intrapreso.
Spatriati di Mario Desiati è candidato alla LXXVI edizione del Premio Strega.
Il libro recensito è stato cortesemente fornito dalla casa editrice.