18 Gennaio 2016
I moderni umani sarebbero emersi in Africa 150 mila anni fa, per poi disperdersi negli altri continenti a partire da 50 mila anni fa (teoria fuori dall’Africa – OOA: Out-of-Africa), colonizzando in seguito pure le Americhe.
Molti modelli presuppongono a questo punto che le migrazioni causate da bande (o piccoli gruppi umani in genere) determinino un’accumulazione di lievi mutazioni genetiche nocive. Questo carico di mutazioni ovviamente viene incrementato sulla distanza considerata.
Un nuovo studio ha preso in considerazione queste ipotesi e le ha verificate, testando interi genomi per popolazioni provenienti dalla Repubblica Democratica del Congo, e da Namibia, Algeria, Pakistan, Cambogia, Siberia e Messico. Si è poi proceduto alla simulazione della distribuzione spaziale delle mutazioni nocive. Questa si è in effetti rivelata coerente con la dispersione fuori dall’Africa.
Gli autori dello studio sottolineano l’enorme quantità di dati considerati, e come anche solo 5 anni fa un lavoro simile non sarebbe stato possibile.
Lo studio “Distance from sub-Saharan Africa predicts mutational load in diverse human genomes”, di Brenna M. Henn, Laura R. Botigué, Stephan Peischl, Isabelle Dupanloup, Mikhail Lipatov, Brian K. Maples, Alicia R. Martin, Shaila Musharoff, Howard Cann, Michael P. Snyder, Laurent Excoffier, Jeffrey M. Kidd, e Carlos D. Bustamante, è stato pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America.
Link: PNAS; (PDF) via Swiss Institute of Bioinformatics.
Immagine satellitare dell’Africa, opera della NASA, da Wikipedia, Pubblico Dominio, caricata da Anomie.