Dopo il rinvenimento di 60 monete databili all’età imperiale (III-IV sec. d.C.), il sito del Gran Carro di Bolsena ha restituito, durante attività di mantenimento delle capacità tecniche da parte dei sommozzatori della stazione navale di Civitavecchia nel Lago di Bolsena, in località Sant’Antonio, altre 14 monete della medesima epoca e un coltello bronzeo di età protostorica.
La scoperta è avvenuta durante alcune attività di ricognizione del Servizio di Archeologia subacquea delle acque interne della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la provincia di Viterbo e per l’Etruria meridionale, coordinato dalla dottoressa Barbara Barbaro e dall’assistente tecnico Egidio Severi.
Il sito del Gran Carro di Bolsena e l’Aiola
Il Gran Carro di Bolsena nell’omonimo lago è un sito palafitticolo sommerso appartenente all’età del ferro di 1500 m² e grazie alle nuove scoperte, la Soprintendenza sta indagando sul suo uso nei tempi antichi che come dimostra la presenza delle monete è eccezionale.
Il sito è stato scoperto nel 1959 e si trova sulla costa orientale del Lago di Bolsena a circa 100 metri dalla riva a circa 7,5 metri di profondità. Lo stato di conservazione di questo villaggio palafitticolo è eccezionale. Affiorano e sono ancora visibili più di 400 pali lignei su una superficie di circa 800 m², zona in cui si sono concentrate le operazioni archeologiche dalla prima scoperta ad oggi.
L’abitato principale, afferma la dottoressa Barbara Barbaro, Funzionaria responsabile della Soprintendenza specializzata in archeologia protostorica, doveva collocarsi su collina. La particolarità del Gran Carro è la presenza di palafitte durante l’età del Ferro; questo, infatti, fa ipotizzare la presenza di una seconda zona abitativa sulla piana di cui le palafitte rappresenterebbero l’approdo di collegamento via lago con Bisenzio.
La posizione del sito lo rende un perfetto snodo di passaggio in età etrusca tra le città di Vulci e Orvieto.
La dott.ssa Barbaro spiega che la zona dell’Aiola è di particolare interesse. Una struttura ellittica in pietrame ammassato a circa 2 metri di profondità si colloca dove tutt’oggi è presente una fonte termale di acqua calda. Il sito non dovrebbe essere stato sommerso o semisommerso prima dell’ultima datazione data dal rinvenimento delle monete e quindi utilizzato a scopi che ad oggi sono classificati come rituali, cosa che potrebbe essere confermata dal coltello qui individuato nell’ultima ricognizione.
L’Aiola negli ultimi sessant’anni è stata poco considerata durante gli studi, ma nell’ultimo anno è divenuta la principale protagonista di ricerche archeologiche dove, a partire dal prossimo anno, si intenderà scavare soprattutto per confermarne il suo uso continuativo dall’età del Ferro all’età Imperiale.
In questo luogo è stata rinvenuta la base di una colonna in tufo etrusca e reperti databili all’età romana repubblicana.
Per quanto riguarda la tutela del sito, il Gran Carro rientra in un progetto europeo in collaborazione con L’Università della Tuscia e l’Istituto Centrale del Restauro sullo studio dell’inquinamento delle acque e di come questo abbia effetti deleteri sulla conservazione del legno.
Inoltre, per la poca profondità, il sito è da tempo oggetto di furti clandestini, ma da febbraio 2021 sotto richiesta della dottoressa Barbaro è stato sottoposto a vincolo con divieto di balneazione, pesca e ancoraggio. La salvaguardia dell’aria è dovuta in particolar modo alla collaborazione con i subacquei specializzati del Centro Ricerche Archeologia Subacquea Aps, i quali sono stati i primi a segnalare la presenza delle monete.
I reperti archeologici dal Gran Carro di Bolsena
Le monete ritrovate rappresentano Costanzo II e denoterebbero il carattere votivo del contesto in quanto non si presentano in modo concentrato in un singolo luogo, ma sparse a carattere apotropaico, il primo rinvenimento è stato segnalato dal centro subacqueo 20 anni fa con 15 monete, seguito poi dalle ultime ricerche con la restituzione di un numero elevato di queste.
Il coltello con manico a lingua da presa ed estremità revolute, è dell’età del ferro di cultura villanoviana, rinvenuto nel pietrame dell’aiola, si ipotizza, afferma la dottoressa Barbaro, di uso sacerdotale per dividere le viscere.
I reperti del Gran Carro ritrovati tra gli anni ’60 e ’80 sono esposti nel Museo Territoriale del Lago di Bolsena e in accordo con il direttore Paolo Bianco, è in progetto un nuovo allestimento con tutti i materiali delle nuove ricerche e una mostra su tutte le monete del bolsenese tra cui quelle del Gran Carro.
Inoltre, il Gran Carro rientra nel progetto Digital Library della Cultura italiana dell’Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione (ICCD), con l’obiettivo di creare il modello 3D di una parte dell’insediamento e di tutta l’Aiola, e un modello BIM (Building Information Modeling) da caricare sulla piattaforma Inception (sviluppata dall’Università di Ferrara- dipartimento di Architettura), che saranno fruibili a tutti gli studiosi ed esposti graficamente nel nuovo allestimento museale.
Si ringrazia la Dott.ssa Barbara Barbaro e Bolsena – Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per l’area metropolitana di Roma, la provincia di Viterbo e l’Etruria meridionale per il materiale fornito per l’articolo.