QUANDO LA VITA TI VIENE A TROVARE: LUCREZIO, SENECA E NOI, UN SAGGIO DI IVANO DIONIGI
Quando la vita ti viene a trovare: Lucrezio, Seneca e noi, pubblicato da Editori Laterza (2018), è un saggio di Ivano Dionigi, insigne latinista, già rettore dell’Università Alma Mater Studiorum di Bologna e presidente della Pontificia Accademia di Latinità.

Nel saggio Dionigi tratta una delle tematiche che più hanno interessato il panorama della filosofia antica e, in generale, il pensiero dei romani e dei greci, ovvero la contrapposizione tra epicureismo e stoicismo. Protagonisti sono Tito Lucrezio Caro, poeta e fervido sostenitore dei precetti di Epicuro, e Lucio Anneo Seneca, uno degli autori più prolifici della letteratura latina, nonché seguace delle teorie stoiche di Zenone di Cizio.
Il saggio è suddiviso in due parti: la prima è dedicata alla presentazione e ai precetti delle due scuole di pensiero, epicureismo e stoicismo, da sempre contrapposte per la diversa tipologia di modus vivendi; la seconda vede protagonisti Lucrezio e Seneca, attivi in un intenso dialogo (ovviamente fittizio), messo in scena dalla penna maestra di Ivano Dionigi, profondo conoscitore dei due autori latini.
La scelta della tematica da parte dell’autore risponde, anche, alle esigenze contingenti. Il sottotitolo del saggio, infatti, recita: Lucrezio, Seneca e noi; l’intento di Dionigi è legato alla volontà di rispondere a determinati interrogativi, che ancora oggi – sebbene in un mondo iper-tecnologico e meno dedito alla riflessione – risultano attuali.
Chi meglio di Seneca e Lucrezio può aver contribuito a rispondere ad atavici quesiti sui quali gli stessi antichi, da secoli, si interrogavano? Il perché della vita, il senso della morte, la ricerca della felicità, la vita ideale e l’importanza della religione. Queste tematiche rappresentano il fulcro, la linfa della discussione su cui poggia l’intero saggio di Dionigi.
L’autore per rispondere esaustivamente a quesiti sine die focalizza l’attenzione sulle caratteristiche peculiari che hanno visto contrapposti epicureismo e stoicismo. Se da un lato il senso della felicità va ricercato nell’otium e nel «Vivere nascosto», come professava Epicuro; dall’altro, certamente, all’otium va contrapposto il negotium, la vita attiva e impegnata che completa l’essere umano e lo incardina in una dimensione ideale.
A fare eco alle due teorie sono Lucrezio e Seneca. Il primo si fa propulsore di una vita disimpegnata, votata alla completa tranquillità ‘atarassìa’ e alla noncuranza delle divinità: questo non preclude l’esistenza degli Dèi, ma sottolinea la loro estraneità al destino degli esseri umani – motivo per cui Lucrezio è stato fortemente osteggiato dalla Chiesa, le sue teorie non collimavano con il credo della ‘nuova religione’ – e sarà riscoperto soltanto nel 1417, quando, grazie a Poggio Bracciolini, il De rerum natura sarà riportato alla luce. Dall’altro Seneca, autore delle Lettere a Lucilio e precettore di Nerone, che, sulla scia di Zenone, ritiene che il negotium, l’impegno, sia alla base della vita ideale dell’essere umano.
Se per Lucrezio, quindi, la vita ideale si esprime con il completo disinteresse e con il «vivere da straniero nella città», come aveva già anticipato Aristotele nella Politica; per Seneca l’otium militante è l’unica ragion d’essere di una vita felice. Sebbene il filosofo latino si sia fatto promotore delle idee di Zenone, nelle battute finali della sua vita, dopo la delusione per le vicissitudini politiche che lo hanno costretto ad allontanarsi dalla vita impegnata, Seneca sembra abbracciare qull’otium di cui gli epicurei andavano fieri.
La contrapposizione delle idee dei due scrittori romani si sostanzia tra la scelta di una vita contemplativa ovvero impegnata. In questo si concreta la contrapposizione tra le due diverse scuole filosofiche.
La seconda parte del saggio vede, come suddetto, Lucrezio e Seneca impegnati in un intenso dialogo destinato a rendere i precetti di Epicuro e Zenone intramontabili. Non mancano nel dialogo, altresì, pensieri e idee che lo stesso Ivano Dionigi vuole trasferire al lettore.
Il saggio, sebbene focalizzato su questioni filosofiche, risulta essere chiaro ed esaustivo; il linguaggio, soprattutto nella seconda parte, è coinvolgente. La scelta del tema e l’attenzione su Lucrezio e Seneca è la diretta conseguenza della volontà dell’autore di far comunicare due mondi apparentemente lontani, ma ancora così vicini e in sintonia su tematiche immortali. Lo stesso Dionigi, infatti, nel Prologo al suo saggio (p. X) afferma:
«[…] quel Lucrezio e quel Seneca possono essere nostri interlocutori: non perché abbiamo risolto tutti i nostri problemi e quindi s’impongano come modelli; ma, più semplicemente, perché ci hanno preceduti nelle nostre stesse domande; perché […] ci hanno prospettato concezioni diverse e rivali del mondo; perché, pur da sponde opposte, hanno sperimentato, in solitudine e in autonomia, cosa significa sopportare la verità quando la vita ti viene a trovare».
