La distanza dei sentimenti:

Spaccapietre dei Fratelli De Serio

Articolo a cura di Gianluca Colazzo e Mariano Rizzo

Da un paio di decenni la Puglia è il set prediletto per una gran quantità di opere cinematografiche: la fondazione Apulia Film Commission ha saputo promuovere eccellentemente il fascino ancestrale di questa regione, i suoi paesaggi bucolici e i centri storici immacolati, che sono diventati il teatro perfetto per storie intense e poetiche, drammi e favole. Tuttavia chi si approccia a Spaccapietre, l’ultima fatica dei fratelli De Serio, cercando questa Puglia scenografica, rimarrà inevitabilmente deluso: i registi piemontesi, saliti alla ribalta nel 2012 con l’intenso Sette opere di misericordia, scelgono infatti di mostrarne il lato periferico e degradato. Niente scorci panoramici, niente inquadrature monumentali, ma solo campi brulli e riarsi che si estendono per chilometri e chilometri, lasciando al massimo intravedere le luci di una città irraggiungibile.

Lo stesso senso di vuoto e squallore si riflette nella storia dei protagonisti Giuseppe e Anto’ (Salvatore Esposito e Samuele Carrino), un padre e un figlio che si trovano di colpo ad affrontare la perdita di Angela (Antonella Carone), morta di fatica in un centro di coltivazione illegale. Per rendere il lutto più sopportabile, Giuseppe fa al bambino una promessa impossibile da mantenere: prima o poi riuscirà a far ritornare da lui la mamma perduta. La loro vicenda, tuttavia, prenderà una strada opposta al sogno e alla speranza: disabile a causa di un incidente sul lavoro, l’uomo dovrà infatti affidarsi agli stessi aguzzini di Angela, entrando così in un mondo di sacrifici e umiliazioni, dove trovare calore umano è impossibile… o quasi.

Spaccapietre, presentato con grande riscontro di critica alle Giornate degli Autori della 77° Mostra del Cinema di Venezia, si ispira alla vicenda di Paola Clemente, morta a 49 anni mentre lavorava illegalmente in un’azienda agricola; impossibile, dunque, non vedere in questo film una netta denuncia al caporalato, piaga sociale che tuttora affligge il Meridione. I fratelli De Serio scelgono di portarne in scena gli aspetti più crudi e depersonalizzanti, che si evincono tanto nell’epopea di Giuseppe e Anto’ quanto nel modo in cui essa è raccontata. Nulla, nello sviluppo della storia, è concesso al sentimento e all’emozione: le interazioni tra i personaggi sono asettiche e discontinue, quasi esclusivamente gestuali; non è un caso che nelle fila del cast di contorno figurino volti noti del teatro pugliese, come Vito Signorile e Licia Lanera. Non è così per i due protagonisti, i quali regalano al film i pochi momenti di sincera tenerezza: un plauso va sicuramente a Salvatore Esposito, che è riuscito ad allontanarsi dai suoi personaggi-feticcio per interpretare efficacemente un uomo smarrito e incapace di fronte a una serie crescente di drammi.

Spaccapietre

Questo alternarsi tra distanza emotiva e rapporto filiale è con una serie di espedienti tecnici interessanti: a interminabili scene in campo lungo e inquadratura fissa si contrappongono piani sequenza che lasciano fuori i volti e sfocano gli ambienti per concentrarsi su dettagli apparentemente insignificanti. I lati oscuri dell’animo umano che vengono fuori da questa vicenda sono invece illustrati mediante una fotografia che privilegia la luce naturale: in questo la scelta della Puglia come set ha consentito di avvalersi di meravigliosi tramonti oscuri in cui il sole appare come una minima striscia all’orizzonte, quasi a simboleggiare l’impossibilità di raggiungerlo.

Spaccapietre si giostra dunque tra un crudo realismo e una simbologia esasperata, prossima all’allegoria: questo, tuttavia, risulta essere un punto debole. L’annichilimento dei sentimenti comporterebbe inevitabilmente il trovarsi super partes, o quantomeno far passare sottotraccia il proprio punto di vista: i De Serio, come già detto, prendono invece una posizione netta e non si risparmiano una sequela di stoccate nella forma di scene smaccatamente didascaliche. In alcuni frangenti si avrà addirittura l’impressione di assistere a una versione neorealista de La vita è bella, il che, se da un lato giova all’empatia dello spettatore, dall’altro vanifica in parte lo sforzo di fotografare con taglio documentaristico le brutture del caporalato. Questa indecisione risulta fin troppo evidente nel finale che, senza fare spoiler, richiederebbe un coinvolgimento emotivo abnorme, ma finisce per confondere lo spettatore.

Spaccapietre è dunque un bel film confezionato alla perfezione, con un ottimo cast e un’attenzione maniacale alle componenti tecniche; sarebbe tuttavia stato auspicabile studiarne approfonditamente l’identità, scegliendo se girare un film realista oppure una favola nera.

Spaccapietre

Spaccapietre
La locandina del film Spaccapietre, per la regia dei fratelli Gianluca e Massimiliano De Serio, La Sarraz Distribuzione

Il film è in programmazione in quattro sale pugliesi: il Multicinema Galleria a Bari (Corso Italia, 15), il Cinema Sidion a Gravina in Puglia (Via Bari, 33), l’UCI Cinemas a Molfetta (Via dei Portuali, 12) e il CineTeatro Buccomino a Spinazzola (Corso Umberto I).

Per le foto si ringrazia Apulia Film Commission

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