La zona esterna ai confini di Pompei, il suburbio, è sempre stato popolato da numerosi complessi insediativi che rispondevano ad esigenze di carattere produttivo (vino, olio), residenze sia temporanee che di soggiorno fisso da parte del proprietario. Gli scavi in località Civita Giuliana, a 700 metri a nord ovest dalle mura dell’antica Pompei, hanno infatti rivelato una villa rustica, già in parte indagata agli inizi del ‘900 e solo recentemente oggetto di scavi stratigrafici da parte degli archeologi.

Tra il 1907- 1908, ad opera del Marchese Giovanni Imperiali su concessione del Ministero della Pubblica Istruzione, fu data la possibilità di scavare nella zona a nord dell’area attualmente portata alla luce e già ad emergere furono importanti resti del settore residenziale e produttivo di una villa (15 ambienti).

Il settore residenziale si articolava intorno ad un peristilio e su due lati era delimitato da un porticato con colonne in muratura. Degli ambienti messi in luce sul lato orientale del peristilio, solo cinque hanno avuto un’adeguata documentazione fotografica che ha permesso di ubicare con precisione le strutture.

Le pareti erano decorate in III e IV stile e gli ambienti hanno anche restituito oggetti legati alla vita quotidiana, all’ornamento personale e al culto domestico dei residenti. Del settore produttivo, invece, non si hanno informazioni tali da poterlo ubicare in maniera precisa, ma sicuramente doveva essere dotato di un torcularium, di una cella vinaria e di altri ambienti per lo stoccaggio delle derrate prodotte dal fondo agricolo che circondava la villa. Di incerta posizione anche un lararium dipinto su un angolo del cortile.

I resoconti degli scavi del Marchese Imperiali sono stati pubblicati nel 1994 dall’allora Soprintendenza di Pompei con una monografia. Ulteriori resti di strutture sono state trovate in maniera casuale nel corso degli anni e dalla stessa Soprintendenza nel 1955, ma l’incuria e l’abbandono hanno fatto si che la zona fosse preda di scavi clandestini individuati solo grazie alle proficue indagini svolte dai Carabinieri.

Questi professionisti dell’illecito avevano infatti realizzato dei cuniculi che seguivano perfettamente le pareti perimetrali degli ambienti, provocando irreparabili brecce nei muri antichi, danneggiamento degli intonaci e la perdita di importantissimi reperti e strati archeologici. L’esigenza di interrompere questo scempio, ha portato finalmente l’avvio di nuovi scavi grazie alla sinergia tra il Parco Archeologico di Pompei e la Procura della Repubblica di Torre Annunziata.

Gli archeologi hanno individuato una mangiatoia lignea di cui è stato possibile realizzare il calco, così anche di uno dei due cavalli che si trovavano all’interno. Ulteriori indagini hanno poi successivamente permesso di portare alla luce integralmente l’ambiente e hanno messo in luce anche la parte restante di un secondo cavallo e di un terzo equide sfuggito all’attenzione degli scavatori clandestini, ritrovato integro con l’apparato scheletrico completo in connessione, bardato con morso e briglie in ferro e sull’osso occipitale, tra le orecchie, elementi decorativi in bronzo applicati probabilmente su elementi di cuoio non rinvenuti.

Un fiore bianco dipinto su una parete con fondo nero e un graffito con il nome di una bambina, Mummia, sono invece le ultime scoperte da un ambiente, la volta di un criptoportico della villa.

Questi ritrovamenti hanno portato anche a fare delle ipotesi sul proprietario della residenza, forse un generale o un illustre cittadino di Roma appartenente all’illustre famiglia dei Mummii, come sembra suggerire quel nome graffito sul muro che sarà oggetto di studi assieme ad altre iscrizioni da parte del noto studioso ed epigrafista Antonio Varone. La villa venne solo parzialmente danneggiata da alcune scosse pre-eruzione del 79 d.C. e sarà ancora oggetto di scavi sistematici così da restituirla al territorio e sottrarla agli scavatori clandestini.

Foto: Parco Archeologico di Pompeii

Write A Comment

Pin It