Nuova vita per la sezione Campania Romana del Museo Archeologico di Napoli. Le sale poste al piano terra dell’ala occidentale ospiterannocirca duecento reperti provenienti dai più importanti centri della regione, compresi quelli vesuviani, come  Pompei ed Ercolano, sia i siti flegrei come Cuma, Baia, Pozzuoli sia i centri dell’interno come Capua, oggi Santa Maria Capua Vetere.

Campania Romana
Campania Romana. Foto: Valentina Cosentino
Sala 3: Pozzuoli – Pompei

Obiettivo dell’esposizione è ricostruire una serie di contesti della prima età imperiale e offrire al pubblico una visione quanto più completa della vita pubblica, civile e religiosa degli antichi abitanti della Campania romana attraverso tutti gli elementi ritrovati nel corso degli scavi quali sculture, pitture parietali, epigrafi, ecc.

Vi troveranno posto, solo per citare alcuni dei materiali previsti, le sculture che ornavano l’anfiteatro dell’antica Capua, le sculture colossali del Capitolium di Cuma, il ciclo di affreschi della basilica di Ercolano e, sempre da Ercolano, la ricostruzione della celebre quadriga in bronzo che costituirà un vero e proprio inedito.

Campania Romana.
Campania Romana. Foto: Valentina Cosentino Quadriga da Ercolano

La quadriga, infatti, è rimasta per molto tempo quasi un enigma per gli studiosi già ai tempi della scoperta in quanto ritrovata in un gran numero di frammenti che ne ha da sempre ostacolato la ricostruzione e l’interpretazione scientifica.

I frammenti bronzei furono rinvenuti nel maggio del 1739, quando gli scavatori borbonici, procedendo per cunicoli in direzione dell’attuale Via Mare, si imbatterono, ad una distanza di circa 155 metri dal teatro, in un cavallo quasi intero e in numerosi frammenti di un carro bronzeo monumentale.

Il recupero proseguì con altri rinveniementi nelle successive esplorazioni borboniche nel XVIII secoli e poi con la ripresa degli scavi dopo l’unità d’Italia (1871-1872) e ancora nel secolo scorso (1932, 1961).

Campania Romana. Foto: Valentina Cosentino Quadriga da Ercolano

Il luogo del rinvenimento, in un’area cruciale dell’impianto urbano della città di Ercolano grazie alla presenza di numerosi edifici pubblici  cui, è compreso tra l’ingresso della Basilica Noniana e la fronte dell’Augusteum, spazio aperto e colonnato dedicato al culto degli imperatori che, in età claudia, aveva invaso il Decumanus Maximus con un chalcidicum (ambiente porticato) fiancheggiato da due archi quadrifronti.

Proprio sulla sommità dell’arco quadrifronte occidentale, che si ergeva davanti alla Basilica Noniana e che nel corso dell’eruzione crollò su di essa, potrebbe aver trovato posto la nostra quadriga.

Il cavallo bronzeo recuperato nel 1739 fu restaurato con un intervento che suscitò le critiche di molti contemporanei (tra questi anche J. J. Winckelmann).

Ad esso si deve la ricomposizione del “Cavallo Mazzocchi” (inv. n. 4904), così denominato per l’iscrizione fatta apporre sul suo basamento dal cardinale Alessio Simmaco Mazzocchi (1684-1771).

Campania Romana. Foto: Valentina Cosentino
Quadriga da Ercolano

Dal “Cavallo Mazzocchi”, al centro dell’esposizione, gli archeologi sono ripartiti per lo studio e la ricomposizione della quadriga bronzea, combinando le indagini di tipo tradizionale con le più innovative tecnologie di rilevamento digitale e grafica 3D oggi a disposizione.

Una tazza argentea rinvenuta a Boscoreale rappresenta la fonte iconografica più attendibile.

La composizione originale, che prendeva a modello un monumento trionfale di età augustea collocato a Roma, era formata da un tiro a quattro cavalli e da un carro di forma semiovale su cui insisteva la statua del trionfatore.

Campania Romana
Campania Romana. Foto: Valentina Cosentino
Ercolano

I cavalli erano disposti in posizione simmetrica a due a due e i loro baltei erano forse arricchiti da piccole figure commemorative di battaglie tra Romani e barbari; la cassa del carro, invece, era decorata da grandi figure bronzee applicate che, utilizzando tipi statuari di tradizione greca tardo-classica ed ellenistica, celebravano membri della famiglia imperiale giulio-claudia.

La ricostruzione digitale della quadriga, presente in allestimento, è stata realizzata dall’ISMed-Cnr.

Da Cuma e in allestimento nella sala XXXII della sezione Campania Romana “Il Gigante di Palazzo e la triade Capitolina” provenienti da scavi promossi dal viceré don Ramiro Gusmán, duca di Medina de las Torres (1637-1644).

Il torso di Giove seduto fu trasportato a Palazzo Reale ed esposto al pubblico nella piazza antistante per volontà del nuovo viceré, don Pietro Antonio di Aragona (1666-1672).

Campania Romana
Campania Romana. Foto: Valentina Cosentino
Cuma

La scultura, pertinente una figura seduta, subì delle modifiche all’altezza del bacino così da ottenere un corpo eretto, completato nella parte inferiore da una grande spoglia di aquila su cui poggiavano due stemmi, retti da braccia posticce.

La sua gigantesca mole indicava il punto di confluenza, nel Largo di Palazzo, della salita di Santa Lucia, detta da allora “salita del Gigante” e della strada della Darsena, inaugurata da don Pedro nel 1688.

La statua prese il nome di Giove Terminale e divenne così testimone della gloria del viceré.

Ben prestò però il torso della statua ospitò formule di protesta contro il malgoverno spagnolo, prima, austriaco poi. Fregiata di banda tricolore e berretto frigio, la statua divenne successivamente simbolo della repubblica giacobina del 1799.

Durante il periodo napoleonico il Gigante fu ancora portavoce del malcontento popolare, questa volta contro re Giuseppe.

Nel 1807 la statua fu smontata, privata dei posticci seicenteschi e trasferita in quello che sarebbe diventato nel 1816 il Real Museo Borbonico oggi Museo Archeologico di Napoli e qui venne dimenticata fino ad oggi che ritrova un’adeguata ricollocazione. La tradizione antiquaria aveva attribuito la statua all’edificio inglobato in una Masseria nei pressi dell’area forense, per questo, detta del Gigante.

Campania Romana
Campania Romana. Foto: Valentina Cosentino

Tra il 1938 ed il 1952 Amedeo Maiuri avviò la scoperta del foro di Cuma e mise in luce i resti di un grande tempio. Il recupero di due teste femminili, una di Giunone e l’altra di Minerva, associate al torso colossale, gli permise di ricomporre il gruppo cultuale capitolino e identificare il monumento con il Capitolium della città romana.

Il viaggio continua e ci ritroviamo in un altro celebre sito vesuviano, Pompei.

Dai Praedia di Giulia Felice un  fregio dipinto, rinvenuto nell’atrio della casa, in via dell’Abbondanza, mostra vari personaggi impegnati in varie attività in uno spazio all’aperto che i portici colonnati e le statue equestri sullo sfondo fanno identificare con il foro.

Campania Romana
Campania Romana. Foto: Valentina Cosentino
Macellum di Pompei

La varietà delle scene, la diversa caratterizzazione dei personaggi, la provvisorietà delle installazioni di vendita restituiscono la vivacità di un giorno di mercato periodico, quale era quello che si svolgeva ogni nove giorni, le nundinae, poste sotto la protezione di Giove o di Mercurio, occasione di attività amministrative dei magistrati, di incontri e di festa.

Le statue dei Dioscuri di Baia inaugurano il percorso, introducendo il primo segmento espositivo dedicato all’area flegrea (Baia, Cuma e Pozzuoli).

Si continua, poi, con i reperti dal comparto vesuviano, incontrando prima Pompei con manufatti provenienti dall’area del Foro triangolare (tempio di Asclepio, Palestra Sannitica e teatro) e del foro civile (tempio di Apollo, tempio di Venere, Basilica, Macellum, Capitolium e Tempio della Fortuna).

Campania Romana
Campania Romana. Foto: Valentina Cosentino
Baia

Un focus ad hoc è dedicato non solo all’area del teatro di Ercolano, con la ricostruzione virtuale della celebre Quadriga (non collocabile con certezza, presumibilmente inserita tra foro e teatro), ma anche all’Augusteum, per il quale si riproduce la ipotetica collocazione originaria di sculture e affreschi; per la prima volta, infatti, è presentata al pubblico la sequenza completa delle decorazioni presenti nelle nicchie.

Per quanto riguarda l’antica Stabiae, è presente in allestimento la replica dell’Afrodite Sosandra, messa a confronto con la scultura proveniente da Baia.

Da non perdere, nell’itinerario di visita, le sale dedicare all’anfiteatro e al teatro di Santa Maria Capua Vetere: l’allestimento segue il principio tematico scelto da Michele Arditi per il cosiddetto Gabinetto delle Veneri, adottando l’amore come fil rouge delle opere esposte (Afrodite, Adone, Ganimede e altre rappresentazioni delle passioni di Zeus).

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