5 Settembre 2014 – dal blog di Cratete
canova
C’è un passo celebre dell’Odissea nel quale Ulisse, non appena svanita la nebbia magica di Atena, si appresta a entrare nel palazzo di Alcinoo. Il momento è descritto come solo un grande scrittore avrebbe potuto fare: l’esitazione dell’eroe, incerto se entrare in una casa straniera e preoccupato di porre di nuovo la sua vita alla mercé di un diritto all’ospitalità non sempre rispettato nel Mediterraneo omerico, è ricreata nella pausa atmosferica delle ekphrasis, le divagazioni che il narratore si prende per descrivere lo splendore del palazzo suddetto.
Tutti ricordano i muri di bronzo, le porte d’oro, gli architravi d’argento. Un particolare che ho riscoperto di recente mi ha dato da pensare: ai lati di un architrave stanno due statue canine, “opera di Efesto” (che è come dire “fatte da dio” – letteralmente), che il narratore commenta così: “due cani resi immortali e privi di vecchiaia”. Le opere d’arte incastonano un momento nel tempo: il prima e il dopo stanno ai margini, ma la pietra/tela hanno un loro tempo insieme preciso e infinito. Il tempo del racconto, poi, è un altro bell’enigma, e quello che nel giro di qualche centinaio di versi sta per succedere ad Ulisse ci permette di pensarci un attimo: inconsapevole come tutti gli altri presenti dell’identità del naufrago/ospite Demodoco sta cantando della discordia fra Achille e Ulisse nel campo troiano degli Achei, un evento del recente passato che il racconto dell’aedo trasforma in resoconto quasi giornalistico; per Ulisse, invece, quello è un passato ormai remoto, e ciononodimeno doloroso. (Per la cronaca, in questo passo Omero – o chi per esso – ha inventato l’ironia tragica).
Il paradosso temporale si raggiunge però quando, ormai rivelata la sua identità al re Alcinoo, Ulisse prenderà a raccontare le più fantastiche delle sue avventure, da Polifemo alle Sirene, da Circe ai Lestrigoni. Quello che per il narratore/protagonista è un passato lontano (ricordiamoci dei sette anni passati dal nostro sull’isola di Ogigia, prigioniero di Calipso) per gli ascoltatori feaci è una novità, addirittura per noi lettori è il futuro incarnato dalle pagine che ancora dobbiamo sfogliare. Questo è uno dei primi esempi in assoluto di racconto a incastro: interessante considerare che una delle prime opere letterarie della cultura occidentale ospiti già un simile intricato dispositivo. Come se la percezione istantanea dei diversi strati temporali di un racconto fosse qualcosa di innato, o quantomeno di antichissima tradizione orale, un meccanismo che l’ascoltatore coglie con la stessa rapidità con cui lo spettatore si incanta di fronte a un raffinatissimo bassorilievo di gesso.

Il video qui sopra è la mia proposta per l’iniziativa di Gallerie D’Italia chiamata Curator For A Day, con la quale la fondazione di Banca Intesa SanPaolo propone ai visitatori delle sue tre sedi museali (Milano, Napoli, Vicenza) di farsi curatore, guida, narratore per un giorno, reinterpretando a proprio piacimento una delle molte opere ospitate dalle Gallerie. Gallerie che, ricordo, sono visitabili gratuitamente e contengono un patrimonio artistico che potete vedere voi stessi. Non che le sedi museali in sé siano brutte, eh.

coccodrillo
gringott
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