Il giorno della civetta, di Leonardo Sciascia

Emblematico titolo per un romanzo giallo dal cuore siciliano pubblicato nel 1961 dalla casa editrice Einaudi.

Leonardo Sciascia, noto scrittore di Racalmuto, consacra il suo nome con un’opera alquanto singolare: un libro specchio della realtà siciliana degli anni ’50 e ’60.

Sciascia, l’impegno della ragione – Intervista a “Binocolo” (1985), su RAIPlay: https://www.raiplay.it/video/2019/11/Sciascia-limpegno-della-ragione—Intervista-a-Binocolo-2aa677a6-1049-4c23-90b7-f849612cb15c.html

Così realistico e vicino ai tempi di scrittura da veder citati i nomi dei luoghi della provincia solo con la lettera iniziale. Non a caso, infatti, preferisce evitare la denominazione intera dei paesi agrigentini per allontanare da sé l’accusa a riferimenti espliciti a fatti realmente accaduti.

Due le stesure di cui lui riferisce, nella Nota, le motivazioni:

[..] Sostanzialmente, dalla prima alla seconda stesura, la linea del racconto è rimasta immutata.

[..]Ma è certo, comunque, che non l’ho scritto con quella piena libertà di cui uno scrittore (e mi dico scrittore soltanto per il fatto che mi trovo a scrivere) dovrebbe sempre godere. Inutile dire che non c’è nel racconto personaggio o fatto che abbia rispondenza, se non fortuita, con persone esistenti e fatti accaduti.1

Il titolo porta con sé un significato pregnante associando in un legame ossimorico la civetta, animale notturno, alla luce del giorno.

Leonardo Sciascia il giorno della civetta DeepAI
Immagine creata modificando due immagini generate con DeepAI, licenza d’uso

Questo è il nuovo modus operandi della mafia: agire indisturbata di giorno, davanti agli occhi di tutti. L’incipit del romanzo si costruisce sulle coordinate di spazio e tempo del delitto intorno al quale si svolgeranno le indagini.

Luogo e momento del reato sono descritti attraverso l’uso frequenti di onomatopee, metafore e anafore con una sintassi paratattica che accelera il ritmo della narrazione.

L’autobus stava per partire, rombava sordo con improvvisi raschi e singulti. La piazza era silenziosa. nel grigio dell’alba, sfilacce di nebbia ai campanili della Matrice: solo il rombo dell’autobus e la voce del venditore di panelle, panelle calde panelle, implorante ed ironica. Il bigliettaio chiuse lo sportello, l’autobus si mosse con un rumore di sfasciume. L’ultima occhiata che il bigliettaio girò sulla piazza, colse l’uomo vestito di scuro che veniva correndo.2

La situazione di equilibrio iniziale, palesata da un’incalzante sequenza narrativa, è subito alterata dall’esordio:

[..] Si sentirono due colpi squarciati: l’uomo vestito di scuro, che mi stava per saltare sul predellino, restò per un attimo sospeso, come tirato su per i capelli da una mano invisibile; gli cadde la cartella di mano e sulla cartella lentamente si afflosciò.2

La similitudine che Sciascia utilizza per descrivere il momento dell’omicidio diventa la personificazione della morte nell’atto di tirare su per i capelli la vittima.

Da quell’immagine inizia un climax ascendente di omertà messo in rilievo da similitudini e metafore insistenti.

L’espressione del viso, il colore e i gesti dei presenti vengono descritti dallo scrittore in maniera così realistica da renderci spettatori della scena.

La faccia del bigliettaio “era diventata colore di zolfo” , il panellaro “come un granchio” cominciava ad allontanarsi; l’autista era come impietrito, i passeggeri dell’autobus sembravano “ facce di ciechi”. Le donne presenti non avevano il coraggio di parlare, le loro facce erano “come dissepolte da un silenzio di secoli”.

Atteggiamenti che, insieme a dichiarazioni vaghe e lettere anonime, se da un lato erano pane quotidiano per la Sicilia del tempo, tuttavia per Bellodi, il capitano parmense a cui era stato affidato il caso, sarebbero diventati incomprensibili.

[..]Il maresciallo non capiva perché il capitano stesse applicato a studiare quelle scritture. «È come spremere una cote, non esce niente» disse, alludendo ai fratelli Colasberna e soci, e a tutto il paese, e alla Sicilia intera.3

Attraverso le parole di don Mariano Arena, il mafioso di turno, emerge un quadro chiaro della società del tempo con il cambio di focalizzazione. È l’antagonista di Bellodi a fare una fotografia alle azioni e al modo di essere degli uomini.

[…] l’umanità la divido in cinque categorie: gli uomini, i mezz’uomini, gli ominicchi, i (con rispetto parlando) pigliainculo e i quaquaraquà. [..] che dovrebbero vivere come le anatre nelle pozzanghere, ché la loro vita non ha più senso e più espressione di quella delle anatre.4

Bellodi agli occhi di Arena è un uomo,

«[…] anche se mi inchioderà su queste carte come un Cristo, lei è un uomo…»

ma questo non gli servirà a nulla. La mafia è arrivata ai piani alti dello Stato e le indagini sull’omicidio Colasberna saranno insabbiate e seguiranno la pista del delitto passionale.

Il giorno della civetta rappresenta una rivoluzione per i contenuti trattati; mai prima di allora si era parlato di mafia se in saggi e opere teatrali. Invece Sciascia, scrittore anticonformista e puntuale, sceglie di affidare ad un’opera letteraria, ad un romanzo giallo, la trattazione di un tema spinoso e attuale.

Foto scattata a Leonardo Sciascia nell'estate del 1979 al gruppo parlamentare radicale alla Camera dei deputati. Immagine in pubblico dominio
Foto scattata a Leonardo Sciascia nell’estate del 1979 al gruppo parlamentare radicale alla Camera dei deputati. Immagine in pubblico dominio

Egli stesso, nell’Avvertenza scritta da Sciascia in occasione dell’uscita del giorno della civetta nella collana «Letture per la scuola media» Einaudi nel 1972, riferisce la novità del romanzo:

[..]Ho scritto questo racconto nell’estate del 1960. Allora il Governo non solo si disinteressava del fenomeno della mafia, ma esplicitamente lo negava. La seduta alla Camera dei Deputati, rappresentata in queste pagine, è sostanzialmente, nella risposta Del Governo ad una interrogazione sull’ordine pubblico in Sicilia, vera. E sembra incredibile: considerando che appena tre anni dopo entrava in funzione una commissione parlamentare d’inchiesta sulla mafia.5

Sciascia porta a termine il suo obiettivo con un realismo così spiccato da riprodurre perfettamente nella loro schiettezza e spontaneità non solo i gesti e le parole dei personaggi e protagonisti della storia, ma anche i pensieri, le abitudini e le consuetudini “discutibili” della società del tempo, rendendoli più vivi con le espressioni proverbiali tipiche del parlato.

Il finale, che sembrava decisamente chiuso per via del trasferimento del Capitano e la risoluzione del caso come delitto passionale, si riapre con le parole di speranza dello stesso Bellodi ritornato a Parma:

[..] Rincasò verso mezzanotte, attraversando tutta la città a piedi. Parma era incantata di neve, silenziosa, deserta. ‘In Sicilia le nevicate sono rare’ pensò: e che forse il carattere delle civiltà era dato dalla neve o dal sole, secondo che neve o sole prevalessero. Si sentiva un po’ confuso. Ma prima di arrivare a casa sapeva, lucidamente, di amare la Sicilia: e che ci sarebbe tornato.

«Mi ci romperò la testa» disse a voce alta.[…]»6

Il successo del romanzo è replicato anche nella versione cinematografica (1968) firmata dal regista Damiano Damiani, e gli attori protagonisti Franco Nero e Claudia Cardinale.

La pellicola si guadagnò ben tre David di Donatello nell’edizione del 1968: miglior produttore, migliore attrice protagonista (Claudia Cardinale), miglior attore protagonista (Franco Nero) e una Targa d’Oro a Damiani.

Lo stesso Sciascia, chiamato a esprimere un parere, conscio delle varianti dell’opera filmica rispetto a quella letteraria, non entra nel merito se non per distinguere le due cose e per giustificare la mancata fedeltà del film alle sue pagine come il frutto della libertà e delle finalità dell’autore regista diverse da quelle dall’autore scrittore.

la copertina del romanzo Il giorno della civetta, di Leonardo Sciascia, nell'edizione nella collana gli Adelphi
la copertina del romanzo Il giorno della civetta, di Leonardo Sciascia, nell’edizione nella collana gli Adelphi

Note:

1 la Nota, a fine volume dell’edizione in questione, riporta quella dell’edizione Einaudi del 1961.

2 incipit del romanzo.

3 p. 9.

4 p. 49.

5 dall’appendice dell’edizione utilizzata, dove viene “riproposta l’Avvertenza scritta da Sciascia in occasione dell’uscita del Giorno della civetta nella collana «Letture per la scuola media» Einaudi nel 1972.”

6 p. 59.

Tutte le citazioni sono tratte dall’edizione Adelphi Editori S.p.A. Milano, febbraio 2022.

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