In questo articolo continuiamo la nostra indagine circa le origini degli iloti; presumibilmente, secondo  le fonti, a Sparta ve ne erano due tipologie. Sarebbe infatti doveroso, secondo le parole dello storico culturale americano, Orlando Patterson1, fare una distinzione tra iloti asserviti in Laconia e quelli asserviti in Messenia, come evidenziato in uno dei suoi scritti  a testimonianza di ciò:

La discussione […] è che gli iloti della Laconia erano stati veri e propri schiavi che avevano vissuto un lungo processo che li aveva visti passare dal vivere in capanne ad avere un vero domicilio da persone semi-libere. I Messeni, dall’altra parte, erano state persone libere stabilitesi in Messenia, che avevano visto il loro status gradualmente ridotto da quello di persone prima semilibere e poi virtualmente schiavizzate. La schiavitù, sebbene del tipo che stava lentamente cambiando, meglio descrive la condizione dei Laconi, ed è difficile da comprendere perché i classicisti vorrebbero vederci qualcos’altro. (Patterson 2003: 295-296)

Dunque, i primi, cioè gli iloti della Laconia, sono asserviti da un’originaria condizione di contadini; i secondi, invece, sono resi schiavi in seguito ad una guerra di conquista. Entrambi i casi sono espressione rispettivamente di asservimento e sottomissione schiavile che col trascorrere del tempo si sono fuse presentando le medesime caratteristiche servili.

Messene iloti Messenia Laconia
Il teatro dell’antica Messene. Foto di Herbert Ortner, CC BY 2.5

Gli iloti, sia quelli della Laconia che della provincia della Messenia, convivevano entrambi con gli Spartani all’interno della stessa comunità. Occorre chiarire però in che modo essi fossero integrati. Le prime attestazioni della sottomissione della Messenia appaiono nelle elegie di Tirteo, il quale afferma che Teopompo, re di Sparta, occupò Messene dopo 20 anni di guerra, al tempo dei loro antenati, probabilmente agli inizi del VII secolo. Il poeta non aveva mai menzionato i Messeni con il nome di “iloti”, forse perché questa etichetta non era ancora stata coniata. I nuclei familiari e forse le comunità che avevano lasciato intatte, erano assegnate a singoli padroni spartani ai quali avrebbero dovuto dare un gravoso dazio e un tributo simbolico.

Spartani e Messeni combatterono ancora ai tempi del poeta Tirteo, e le allusioni del poeta sulla prima conquista di Teopompo mostravano che gli Spartani consideravano la loro spedizione contro questi ultimi come una guerra contro dei soggetti rivoltosi. È sicuramente possibile che le conquiste di Teopompo non erano estese a tutta la regione della Messenia poiché gli Spartani erano impegnati anche su altri fronti per espandere il loro territorio. La fuga all’estero di un numero considerevole di Messeni in occasione delle rivolte avrebbe lasciato agli Spartani un numero ridotto di forza lavoro, e non a caso i segni indicano che la diserzione era un problema costante. I padroni spartani volevano essere sicuri di avere il necessario per compensare tali perdite con l’importazione di schiavi-merce o altre forme di dipendenza.

Una graduale mescolanza dei nativi e altri schiavi spiegherebbe il perché, in accordo con quanto afferma Tucidide (I, 101, 2), “la maggior parte” degli iloti che si ribellarono nel 464 a.C. erano «discendenti degli antichi Messeni che erano stati asserviti una volta». Esso probabilmente voleva soltanto spiegare, attraverso la retorica filo-spartana, come gli abitanti della Messenia non fossero veramente tutti Messeni ma semplici schiavi. Pausania il periegeta credeva che lo status di ilota non era ancora stato imposto ai Messeni dopo il definitivo asservimento e che questa accezione fosse stata utilizzata soltanto a partire da Teopompo.

Infatti una definizione formale della categoria degli “iloti” non può essere stata presente fino al VI secolo, quando una serie di riforme della società spartana inclusero l’imposizione di aggiungere una nomenclatura specifica. Dunque si spiega perché il nome di “iloti” fu assegnato ai contadini che avevano precedentemente costituito una grande varietà di forme di dipendenza. Qualunque siano i cambiamenti, non ci sono dubbi riguardo al fatto che i Messeni abbiano sperimentato fondamentalmente lo stesso regime di dipendenza dalla prima conquista con la loro liberazione fino a circa tre secoli dopo nel 370: uno stato di servitù imposto a seguito di una conquista.

La storia di Teopompo circa le origini degli Iloti della Laconia durante la migrazione dorica è contraddetta non solo dall’archeologia, la quale non trova prove su larga-scala di movimenti di popolazione se non la notizia di violente incursioni, ma anche da almeno quattro tradizioni letterarie rivali. Così come molto più tardi, questa versione offre uno spunto completamente diverso per la servitù dei Laconi; lungi dall’essere conquistati da parte di estranei, sono stati puniti per aver disobbedito al proprio governo.

In breve, due storie trattano gli iloti della Laconia come greci pre-dori sottomessi dalla conquista: nel 700 a.c. Pausania e nel 1100 Teopompo; probabilmente gli altri due che li trattano come compagni dei Dori fatti prigionieri a Sparta come punizione per aver disobbedito ad ordini legittimi del loro re sono nel 700 Antioco o nel 1100 Eforo. La totale incompatibilità delle quattro storie sarebbe una prova sufficiente che le nostre fonti non hanno reali informazioni sulle origini degli iloti della Laconia.

Più significativo di queste storie sulle origini è il fatto che gli iloti della Laconia non hanno un’identità etnica distinta; essi erano semplicemente iloti mentre i servi Messeni erano considerati come iloti. La mancanza di un’identità etnica distinta tra servi laconici, tuttavia, non ci dice nulla circa la data o i mezzi del loro assoggettamento. Gli iloti della Laconia erano così considerati come Lacedemoni, non perché la loro identità originale si fosse gradualmente distaccata dai loro conquistatori, ma perché questa era la loro identità originale.

Nella prima età del ferro il Lacedemone era considerato, a Sparta come in molte altre parti della Grecia, presumibilmente come un gruppo etnico. Attraverso la cooperazione, gli Spartani riuscirono a unificare politicamente la regione sotto il loro dominio. Le cose che noi sappiamo riguardo Sparta, d’altra parte, ci danno fortemente l’idea che loro siano stati assoggettati in seguito ad una conquista. A differenza di tutti gli altri Greci, che consideravano gli schiavi come veri e propri beni mobili o barbari acquistati, gli Spartani vedevano gli iloti attraverso una visione servile.

Messenia. Per molti studiosi è stato necessario individuare una differenza tra iloti della Messenia e della Laconia. Foto KARDO.FAMILY (by Lily), CC BY 3.0

Nino Luraghi, rifacendosi alla tesi di Patterson, ritiene che la posizione di superiorità spartana deriva da un’unificazione tra differenti comunità etniche e sociali piuttosto che da una violenta guerra di conquista. Differentemente dalla schiavitù-merce egli dipinge la servitù ilotica come un’unione di schiavi importati e umili gruppi di contadini locali. Lo stesso Luraghi postula la sua teoria menzionando l’episodio della conquista della Messenia, dopo la quale gli Spartani governarono i popoli sottomessi secondo un’ideologia puramente militarista.

Quest’ipotesi però non può essere accettata come certa a causa delle numerose lacune di testimonianze del periodo arcaico. Infatti il modello teorico alternativo è fornito da Patterson, il quale afferma che gli iloti non sono autentici schiavi ma servi specializzati. Dunque per molti studiosi è stato necessario individuare una differenza tra iloti in Messenia e in Laconia. Ecco perché Patterson afferma che in differenti momenti storici schiavi e servi rientrano nella medesima categoria, con la particolare convergenza degli iloti della Messenia e della Laconia.

Una chiara testimonianza del legame tra questi due gruppi etnici è data dal fatto di essere omofoni e di condividere la stessa cultura, anche con i medesimi governanti spartani/spartiati. Dibattuta tra gli studiosi inoltre è la reale possibilità di vendere gli Iloti al di fuori dei confini spartani. Un’antica testimonianza di Aristotele dice che era vergognoso per gli spartani vendere la propria terra. Questo era un limite significativo sui diritti di proprietà spartani e non escludeva la possibilità che anche l’altro elemento fondamentale della produzione agricola, l’ilota, non potesse essere venduto.

Queste considerazioni preliminari però non sono determinanti e le prove di cui si dispone attualmente circa la vendita degli iloti come proprietà sono scarse. Non ci sono riferimenti letterari infatti che menzionino casi in cui un ilota venisse venduto, ma non è un motivo del tutto rilevante, dal momento che non ci sono fonti in cui ci si aspetterebbe che tali notizie vengano menzionate.

Il geografo Strabone, citando Eforo, storico del VI secolo, afferma che gli iloti erano condannati a essere schiavi, con la condizione che chiunque li possedesse non poteva liberarli e non poteva venderli al di fuori dei confini. Ciò spiegherebbe perché l’ilotismo rappresentò uno dei principali problemi della società spartana, dovuto alla costante pressione demografica che oppresse gli abitanti di Sparta.

Nel discorso di Eforo due punti sono cruciali. Il primo, è il divieto di non poter liberare gli iloti che hanno beneficiato di un affrancamento individuale; siamo a conoscenza infatti solo di occasioni in cui lo stato spartano ha liberato grandi gruppi di iloti e di alcune classi in cui sono inclusi gli iloti liberati. In secondo luogo, la parte più dibattuta del passaggio è il divieto di vendita di iloti “al di fuori dei confini”.

La mancanza di liquidità nell’economia spartana, l’apparente stabilità della comunità ilotica e la mancanza di motivazioni a vendere singoli iloti hanno dato vita a questa interpretazione da parte di alcuni studiosi moderni. Douglas MacDowell, ad esempio, prende i “confini” come quelli di proprietà di un singolo Spartano e interpreta l’espressione, “al di fuori i confini “nei seguenti termini: «Il termine πωλειν (vendere); indica che uno spartano non poteva vendere un ilota e non lo poteva rimuovere dalla sua terra”2. Se questo fosse il caso, allora abbiamo un’esplicita attestazione che agli iloti mancava uno degli elementi cruciali della proprietà, dal momento che non potevano essere venduti. Nino Luraghi sentenzia in maniera veemente sul caso in relazione al testo di Eforo:

Solo le idee preconcette sull’ilotismo possono spiegare come alcuni studiosi siano stati in grado interpretare questa clausola come se significasse che era proibito di vendere del tutto gli iloti. Un rapido sguardo al testo dimostra che, al fine di trasmettere quel senso, sarebbe stato sufficiente per concludere la frase con πωλειν (vendita), senza menzionare i confini … (Luraghi 2002a: 228-229)

Secondo Luraghi, gli iloti potevano essere venduti, dal momento che venivano considerati come una proprietà, e visti gli aspetti della loro oppressione, erano a tutti gli effetti schiavi. La comunanza tra iloti appartenenti alla Messenia e alla Laconia e il dibattito intorno la loro “vendita” purtroppo resta tutt’oggi un ambito di teorie speculative a causa del limitato numero di fonti relative a Sparta nel periodo classico, ma quantomeno, grazie a queste teorie, riusciamo ad avere un quadro approssimativo della comunità spartana.

Il monte Parnone, a cavallo tra Arcadia e Laconia. Foto di Jean Housen, CC BY-SA 3.0

1Peter Hunt, Slaves or Serfs?: Patterson on the Thetes and Helots of ancient Greece, in On Human Bondage After Slavery and Social Death, John Bodel and Walter Scheidel, New Jersey, Stati Uniti, 2017.

2Noel Lenski, Catherine M. Cameron, What is a Slave Society? The Practice of Slavery in Global Perspective, Cambridge University Press, 10 mag 2018.

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