Diodoro Siculo narra che la città di Halaesa fu fondata sul finire del V secolo a.C. da Arconide, tiranno di Herbita, su un’altura che dominava la costa nord della Sicilia e l’ampia valle dello Halaisos. Durante la Guerra tra Gerone II e i Mamertini (269 a.C.), Halaesa, Abaceno e Tindari si consegnarono spontaneamente al tiranno Gerone II, e, pochi anni dopo, mentre infuriava la Prima Guerra Punica (263 a.C.), scelse prima tra le città siciliane di sottomettersi ai Romani così da avviare una politica di vantaggio per i propri cittadini. Dopo la presa di Siracusa, Halaesa ebbe il privilegio di rientrare nelle cinque “civitates liberae et immunes” e fu esente dalla decima dei prodotti agricoli da inviare a Roma e poté eleggere il proprio senato, i propri magistrati e le proprie leggi. La città godette di un certo benessere soprattutto a partire dall’età repubblicana, come suggerisce la presenza di mercanti italici su un’iscrizione epigrafica trovata in un monumento innalzato forse nel 193 in onore del governatore Lucio Cornelio Scipione. Inoltre, assieme ad altre tre città, ottenne lo status di municipium prima della morte di Augusto, come indica ancora una volta un’epigrafe con dedica allo stesso princeps. L’evidenza archeologica fa pensare che ancora per la prima età imperiale Halaesa godette di una certa ricchezza ma mancano fonti storiche per l’età medio e tardo imperiale. L’abbandono del sito dovette coincidere con l’occupazione stabile della costa da parte degli Arabi.

Gli scavi, iniziati tre anni fa a distanza di oltre sessanta anni da quelli che portarono in luce l’agorà della città, sono divenuti ormai un appuntamento fisso per le missioni italiane e straniere che vi partecipano. Questi si svolgono grazie alla concessione rilasciata dall’Assessorato regionale dei Beni Culturali, con la partecipazione del Parco Archeologico di Tindari, della Soprintendenza peloritana e del Comune di Tusa. Tanti gli studenti delle Università di Messina, di Oxford, di Amiens e di Poitiers, oltre che studiosi di altri atenei italiani e stranieri che hanno partecipato ai lavori sul campo.

Nello Musumeci. Foto: Regione Siciliana

In particolare, in quest’ultima stagione iniziata il 24 giugno, gli archeologi hanno portato alla luce un grande podio rettangolare di 46 x 18 metri e altro circa 4 metri, in parte a gradoni e realizzato con blocchi squadrati e blocchetti di pietra locale. Ai piedi del podio si sviluppava una pavimentazione in laterizi che in alcuni punti si conserva quasi integralmente.  Le indagini hanno inoltre consentito di individuare anche la grande rampa di accesso che dalla “via sacra” della città conduceva alla sommità del podio dove si trovavano gli edifici più importanti della città. Proprio la campagna 2019 ha provato l’esistenza di tre templi orientati in senso est-ovest, posti uno di fianco all’altro e separati da corridoi che si raccordavano a delle scale laterali, molto ben conservate e di cui sono ancora visibili i gradini e i rivestimenti parietali dipinti.

Dei tre templi, quello centrale è l’edificio più importante e grande, conserva ancora parte della pavimentazione originaria con un mosaico a tessere bianche steso su una preparazione in cocciopesto. La cella del tempio doveva presentare una fronte colonnata caratterizzata da delle decorazioni architettoniche in pietra. Al suo interno si ipotizza la presenza di statue, considerati i diversi frammenti recuperati nel corso dello scavo e il rinvenimento nell’area negli anni ’50 di una statua di Artemide. La stratigrafia, seppur ancora in maniera preliminare, consente di datare il complesso in età tardo-ellenistica, periodo in cui Halaesa è protagonista di un processo di monumentalizzazione che riguarda anche altri settori della città già indagati nel corso degli anni.

Nello Musumeci. Foto: Regione Siciliana

Proprio per gli ottimi risultati della campagna di scavi, la Regione Siciliana ha annunciato che finanzierà la prosecuzione della campagna di indagine nel sito della città antica per iniziare a portare in luce il teatro antico scoperto lo scorso anno. Ad annunciarlo il governatore Musumeci che si è recato in loco per una visita istituzionale.

«Metteremo subito a disposizione – ha evidenziato il presidente della Regione – un primo finanziamento di duecentomila euro. Il mio governo punta molto sulla tutela e valorizzazione dei reperi archeologici dell’Isola. Dobbiamo, da un lato, procedere con la campagna di scavi, dall’altro migliore la qualità dei servizi per rendere il sito più accessibile e attrattivo per i turisti. Ho trovato una grande dignità in questo luogo, soprattutto nell’antiquarium e ho voluto ringraziare il personale per l’impegno e la passione che mette nel proprio lavoro. Sono convinto che, tutti insieme, potremo trasformare il posto in un’area di grande richiamo».

La missione archeologica italo-inglese è diretta dai professori Lorenzo Campagna e Jonathan Prag delle università di Messina e Oxford, quella francese da Michela Costanzi dell’università de Picardie Jule Vern. Il coordinamento scientifico delle attività è curato da Alessio Toscano Raffa del Cnr-Ibam di Catania.

 

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