Capolavori d’arte rinati dalle ceneri: l’altare della Cappella della Sindone torna a splendere dopo il restauro
A distanza di tre anni dalla riapertura al pubblico della Cappella della Sindone, capolavoro del barocco torinese dell’architetto e teorico Guarino Guarini, oggetto di un’eccezionale operazione di restauro è anche il prezioso altare, profondamente danneggiato dal tragico incendio del 1997, e finalmente torna a splendere e a meravigliare i visitatori dei Musei Reali di Torino.
Commissionata dal duca di Savoia Vittorio Amedeo II all’ingegnere e matematico Antonio Bertola (Muzzano, Biella 1647 – 1719), l’opera fu realizzata tra il 1688 e il 1694 per accogliere la reliquia della Sacra Sindone, dal 1453 di proprietà dei duchi savoiardi e trasferita da Chambery a Torino nel 1578.
Essa, dovendo adattarsi alla pianta circolare della cappella che l’avrebbe ospitata, precedentemente terminata dall’abate Guarini, e dovendo presentare un fronte che si affacciasse alla navata del Duomo e un altro rivolto alla Galleria della Sindone del Palazzo Reale, fu progettata a sua volta con un impianto circolare, in modo che andasse a costituire il fulcro prospettico per chi, dalla cattedrale, guardava verso la residenza reale.
“Oro et nigro”, questa era la disposizione del committente per la realizzazione e la decorazione tanto della cappella quanto dello stesso altare, e così Bertola concepì questo enorme reliquiario: una sontuosa struttura in marmo nero di Frabosa, arricchito da sculture in legno dorato che vengono illuminate dalla soffusa luce che penetra dalle finestre della singolare e unica cupola.
Tutto intorno corre una balaustra marmorea sopraelevata di pochi gradini rispetto al pavimento della Cappella, ornata da otto putti recanti i simboli della Passione, mentre il basamento dell’altare si imposta a sua volta sua una preziosa predella. In alto al centro spicca la Custodia, il luogo preposto alla deposizione della reliquia: una gabbia dorata inserita in una struttura rigorosamente in marmo, decorata da lesene intagliate e statue in oro. La sommità è infine costituita da quattro cartelloni con volute che reggono una decorazione con fregio e da cui vengono fatte pendere le lampade d’argento di mano di Innocente Gaya e Carlo Balbino.
Nella notte tra l’11 e il 12 aprile 1997 il vasto incendio causato da un corto circuito nel precedente cantiere di restauro, ormai ultimato, procurò danni incalcolabili sia alle strutture della cappella sia all’altare, nella maggior parte dei suoi apparati e delle componenti lapidee, lignee e metalliche.
Le operazioni di restauro, cofinanziate dal Ministero della cultura – progetti Art Bonus 2018, dalla Fondazione Compagnia di San Paolo e dalla Fondazione La Stampa – Specchio dei tempi, sono state affidate al Consorzio San Luca di Torino, dirette dall’architetto Marina Feroggio e condotte da una cospicua equipe di conservatori, storici dell’arte e architetti, con l’obiettivo di restituire all’altare la sua immagine architettonica originale.
I lavori hanno rappresentato un’occasione unica di studio scientifico e documentale, nonché un modo per dimostrare al pubblico del Museo che, nonostante un difficile anno vessato dalla pandemia, il cantiere di recupero non si è mai fermato, che la cultura, la tutela e la valorizzazione dei beni culturali non si sono mai fermati.
Il restauro dei supporti litici e dei manufatti in legno ha richiesto un contributo altissimo in termini di ore di lavoro, di materiali utilizzati e di analisi specifiche effettuate in situ e in laboratorio, portando al ripristino e all’integrazione delle parti marmoree e al ricollocamento degli apparati decorativi, fortunatamente scampati all’incendio poiché ricoverati nell’attigua Sacrestia, e degli arredi sacri.
Il recente passaggio della maggior parte delle regioni italiane alla zona gialla ha finalmente permesso la riapertura dei musei e dei luoghi di cultura, concedendo ai tesori d’arte di essere scoperti o riscoperti dal grande pubblico e di continuare a raccontare storie di grandi tragedie e di straordinarie rinascite come questa.
Foto Credits: Musei Reali di Torino
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Trovo le dorature troppo sgargianti!