Nuove importanti scoperte dagli scavi della villa di Civita Giuliana dove gli archeologi hanno liberato dalle ceneri un nuovo ambiente ribattezzato per alcune peculiarità “la stanza degli schiavi”.
L’importante ritrovamento nella villa di Civita, che si inserisce in un quadro già molto ricco di informazioni e scoperte come i cavalli bardati da cui è stato possibile trarre il calco, affreschi, il carro decorato ecc… restituisce oggi uno spaccato spesso raro della quotidianità degli schiavi. Figure di cui quasi mai si conosce l’identità, ignorate ma fondamentali per il mantenimento di una domus o di una villa, uomini, donne e bambini che mandavano avanti le attività pratiche nella gestione domestica e rustica delle abitazioni dei signori. E grazie ancora una volta alla tecnica dei calchi di Giuseppe Fiorelli molti oggetti, fragili e deperibili, hanno ripreso vita e forma restituendo come in questo caso, letti, corde e tessuti.
Il luogo del rinvenimento non è lontano dal portico della villa di Civita, dove già nel gennaio 2021 era emerso dagli strati archeologici il bel carro cerimoniale attualmente in restauro. Lì un ambiente, modesto, probabilmente un alloggio della servitù che si occupava della pars rustica dell’edificio e della manutenzione e preparazione del carro. Il ritrovamento consta anche di tre brandine in legno, una cassa lignea con oggetti in metallo e in tessuto, forse pertinenti ai finimenti dei cavalli. Appoggiato su una brandina, inoltre, è stato trovato il timone di un carro a cui è stato fatto il calco.
I letti, molto semplici, erano composti da poche assi di legno lavorate molto sommariamente e assemblate a seconda dell’altezza di chi poi si sdraiava. Due hanno una lunghezza di circa 1,70 m, l’altra misura appena 1,40 m per cui si è ipotizzato potesse accompagnare il riposo di un fanciullo. Le reti erano di corda, le cui impronte sono parzialmente leggibili nella cinerite e al di sopra delle quali furono messe coperte in tessuto anch’esse straordinariamente conservate come cavità nel terreno e hanno potuto prendere forza grazie alla colatura del gesso.
Pochi gli oggetti personali di chi stanziava nell’ambiente: anfore, brocche, materiale vario in ceramica ma anche stanza adibita a ripostiglio come dimostra un gruppo di otto anfore stipate in un angolo.
Il suburbio dell’antica città di Pompei era popolato da numerosi complessi insediativi sparsi sul territorio che rispondevano ad esigenze sia di carattere produttivo (fattorie destinate alla produzione di vino ed olio) che residenziale o stagionale per il soggiorno temporaneo del proprietario.
L’attività di tutela svolta dalla Soprintendenza Archeologica di Pompei ed ora dal Parco Archeologico di Pompei ha consentito di delineare un quadro alquanto complesso ed articolato, con l’individuazione di varie “ville”, poste nel territorio di competenza.
L’attuale campagna di scavo, in località Civita Giuliana, area a circa 700 m a nord-ovest delle mura dell’antica Pompei, oltre a confermare tali dati, ha messo in luce il settore produttivo – servile di un’ampia villa già, in parte, indagata agli inizi del ‘900 e l’ area (sud e sud-ovest della struttura) destinata ad uso agricolo.
“Si tratta di una finestra nella realtà precaria di persone che appaiono raramente nelle fonti storiche, scritte quasi esclusivamente da uomini appartenenti all’élite, e che per questo rischiano di rimanere invisibili nei grandi racconti storici”, dichiara il Direttore Generale, Gabriel Zuchtriegel. “È un caso in cui l’archeologia ci aiuta a scoprire una parte del mondo antico che conosciamo poco, ma che è estremamente importante. Quello che colpisce è l’angustia e la precarietà di cui parla questo ambiente, una via di mezzo tra dormitorio e ripostiglio di appena 16 mq, che possiamo ora ricostruire grazie alle condizioni eccezionali di conservazione create dall’eruzione del 79 d.C. È sicuramente una delle scoperte più emozionanti nella mia vita da archeologo, anche senza la presenza di grandi ‘tesori’: il tesoro vero è l’esperienza umana, in questo caso dei più deboli della società antica, di cui questo ambiente fornisce una testimonianza unica”.
“Ancora una volta uno scavo nato dall’esigenza di tutela e salvaguardia del patrimonio archeologico, in questo caso grazie ad una proficua collaborazione con la procura di Torre Annunziata, ci permette di aggiungere un ulteriore tassello alla conoscenza del mondo antico”, dichiara Massimo Osanna, Direttore Generale dei Musei sotto la cui direzione al Parco archeologico di Pompei sono stati avviate nel 2017 le attività di scavo. “Lo studio di questo ambiente, che sarà arricchito dai risultati delle analisi in corso, ci permetterà di acquisire nuovi interessanti dati sulle condizioni abitative e di vita dagli schiavi a Pompei e nel mondo romano”.