13 Luglio 2015

Fino alla Morte

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Il dott. John Leigh ha scritto il primo libro esclusivamente dedicato al duello in letteratura. In Touché, offre un’immagine convincente dei modi coi quali romanzieri, drammaturghi e poeti hanno utilizzato il duello come tropo per rivelare l’estensione del valore maschile, del raggiro e della pura stupidità.

Due dei più celebri duelli nella letteratura inglese hanno luogo all’inizio e alla fine di quel gigante tra i romanzi che è Clarissa di Samuel Richardson.
Nel primo incontro, Robert Lovelace, spasimante di Clarissa, è sfidato a duello dal fratello di lei, James Harlowe. La loro antipatia data ai tempi di un battibecco “cominciato al College” ed è stato infiammato dall’interesse di Lovelace per Clarissa e le sue sorelle. Durante il loro scontro, Lovelace ha la possibilità di uccidere Harlow ma “gli rende la sua vita”.  L’incidente contribuisce a stabilire Lovelace, “un libertino finito”, come un uomo che vive la sua vita come una sorta di duello esteso, una continua sfida allo stesso fato.

Mentre il libro giunge al termine, il cugino di Clarissa, William Morden, cerca di vendicarla in un duello con Lovelace. Nell’agire a questo modo, Morden ignora le suppliche di Clarissa per le quali la “vendetta è la provincia di Dio” e che il suo cugino di indole gentile non dovrebbe rischiare di perdere la sua vita contro un uomo colpevole. Le lettere sono scambiate mentre i dettagli del duello sono stabiliti; lo stocco è preferito alle pistole. Mentre Morden uccide Lovelace, il cattivo muore ma il vincitore rischia di caricarsi un peso morale che non lo abbandonerà mai. La mancanza di un vincitore è uno dei grandi paradossi del duello.
In Touché: The Duel in Literature, il dott. John Leigh (Lingue Medievali e Moderne) esplora le interpretazioni del duello in tre secoli di scrittura. Il primo libro ad essere dedicato esclusivamente alla rappresentazione del duello nella narrativa, nel teatro e nella poesia, Touché è pan-europeo nel suo ambito e da un punto di vista accademico nel suo decifrare contesti che spaziano dagli impasse comici tra Sir Lucius O’Trigger e Capitan Jack Absolute in I Rivali di Sheridan fino alle schermaglie elegantemente orchestrate dei moschettieri di Dumas.
Quando Richardson scrisse Clarissa, attorno alla metà del Settecento, il duello era stato da tempo dichiarato illegale in Gran Bretagna. Con meravigliosa ironia, le leggi rinnovate nei secoli lo resero una pratica punibile con la morte. Le discussioni contro il duello cambiarono nell’arco dei secoli: incastrato nel diciassettesimo secolo come errore da un punto di vista teologico, fu condannato come barbaro (e non classico) nel diciottesimo secolo, e finalmente, nel diciannovesimo secolo come una dimostrazione sconveniente di desideri primitivi. Nel suo famoso studio del 1841 sulle illusioni di tendenza, Charles Mackay paragonò i duellanti a “due cani che si sbranano per un osso, o due galli nani (NdT: bantam) che combattono su di un letamaio per l’amore di qualche bella gallina”.
Ma il suo fascino perdurò, nella letteratura come nella vita. I duelli sono rappresentati nei lavori di dozzine di scrittori britannici: Tobias Smollett era prodigiosamente appassionato di duelli (i suoi personaggi, che non esitavano a ricorrere alla spada, includono quello meravigliosamente chiamato come Roderick Random, e Peregrine Pickle) così come lo erano Sir Walter Scott, William Thackeray e GK Chesterton. Tra i molti scrittori francesi intrigati dal duello c’erano Molière, Hugo e Maupassant. Nella letteratura russa, Anton Chekhov e Alexander Pushkin (l’ultimo era un inveterato duellante) erano maestri nel raccontare storie nelle quali il duello gioca una parte cruciale.
La pura teatralità del duello lo rende uno strumento letterario irresistibile, che sia per dimostrare il valore di un gentiluomo nell’affrontare un furfante o per deridere il maschio stupido che si da delle arie. La ricchezza del teatro risiede nelle direzioni sul palco: il conto alla rovescia all’ora destinata, la scena all’alba o al crepuscolo, il misurare l’esatta distanza tra contendenti, il controllo delle armi e il singhiozzare dei presenti. Il profondo fascino, per il lettore, risiede nel processo con cui le parole diventano azioni e la libertà del nobiluomo è mescolata a un processo totalmente inesorabile e irrevocabile.
Duellare è una ricerca snob, imbevuta di nozioni di privilegio e spirito sportivo. Scherma e abilità nel maneggiare la spada, come ballare e andare a cavallo, erano traguardi che definivano il giovane uomo di famiglia nobile. Similmente, molti degli scontri più celebrati nella finzione rappresentano nobili combattenti che cercano di mantenere o difendere l’onore della famiglia contro oltraggi e sgarbi. Come scrive Leigh, il duellante è l’“antitesi del borghese, perché combatte non per guadagnare qualcosa dal suo avversario, ma per dichiarare chi o cosa egli è”.
Ma ci sono eccezioni degne di nota. La maggior parte dei personaggi di Charles Dickens appartengono alla classe lavoratrice o media, e incorporano duelli in diversi dei suoi romanzi. Ne Il Circolo Pickwick, i duelli assumono generalmente la forma di una scena memorabile (NdT: set piece in Inglese) e comica. “Un duello a Ipswich!… Niente del genere può essere preso in considerazione in questo paese,” dice il magistrato, evocato per fermare i piani dello scontro tra Samuel Pickwick e Peter Magnus. In Nicholas Nickleby, i protagonisti sono di nobili natali ma il messaggio al lettore è che tutta la vita è appesa a un filo. La tragedia della morte di Lord Frederick Verisopht, per mano di Sir Mulberry Hawk, è posta in contrasto alla maestà del sole che sorge e del fiume che scorre – e alle “venti minuscole vite” presenti su ogni filo d’erba.
Leigh divide il suo testo in temi, collocando i duelli nelle categorie del ‘comico’, ‘commovente’, ‘giudiziario’, ‘romantico’ e ‘grottesco’. In un capitolo dedicato ai ‘paradossi del duello’, esplora l’incompatibilità della ricerca immersa nella moda e nella spavalderia con la gravità del suo probabile risultato – il carattere definitivo della morte. Il linguaggio elegante del duellare, alle volte espresso in Francese, e la sua insistenza con un protocollo attentamente regolato, apparentemente lo elevano dalla nozione di omicidio brutale. Ma, alla fine, la natura calcolata del duello è forse persino più agghiacciante.

La più nobile delle armi per il duello è la spada. Le armi da fuoco portano un certo senso di anonimato; alle volte guadagnano un’identità tutta loro. Nel suo poema Eugene Onegin, Pushkin descrive in dettaglio plumbei i meccanismi delle pistole caricate da Onegin e Lenski. “L’arma,” scrive Leigh, “acquista una sua propria vita sinistra, mentre un’azione conduce meccanicamente e senza rimorsi all’altra, prima che l’ultimo, fatale evento sia innescato.” In forte contrasto, mentre la vita di Lenski scivola via, il poeta si volta alla natura per descrivere la lenta caduta della neve e l’improvvisa morsa del freddo.
Il massacro che ebbe luogo nelle trincee fangose della Prima Guerra Mondiale eclissò la nozione aristocratica del duello come test di nervi e di modalità pulita per saldare i conti. Ma il combattimento singolo rimase, per alcuni, una forma idealizzata di conflitto. Leigh scrive che il pilota australiano di Spitfire, Richard Hillary racconta nel suo libro The Last Enemy che: “In un aereo, credo, abbiamo trovato il modo di tornare alla guerra come doveva essere, guerra che è un combattimento individuale tra due persone, nel quale uno uccide l’altro o ne è ucciso.”
I duelli sono stati considerati anacronistici per quattro secoli circa – ma rimaniamo affascinati da coloro che possono prendere delle vite dopo aver contestato.
Touché: The Duel in Literature is published by Harvard University Press. John Leigh è Fellow del Fitzwilliam College, Università di Cambridge.

“The Code Of Honor—A Duel In The Bois De Boulogne, Near Paris”, incisione su legno di Godefroy Durand

Immagine nell’articolo originale: pistole per duello francesi nella loro custodia, opera di Nicolas Noel Boutet. Colpo singolo, percussione, canna rigata, calibro .58, acciaio caliber, acciaio bluito, Versailles, 1794-1797. Mostra nel Royal Ontario Museum, Toronto, Ontario, Canada.

 

Traduzione da University of Cambridge. L’Università di Cambridge non è responsabile dell’accuratezza della traduzione.

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