Nihil est in intellectu. Erano gli anni sessanta e d’un tratto, inspiegabilmente, tutto sembrò essere stato ricomposto da quella frase di Leibniz pronunciata una mattina da suo padre. Prima c’erano stati gli studi pedagogici e le riflessioni sull’Illuminismo, ma poi c’era stata anche la pioggia, la chiave, il tentativo di sua madre di rimettere ordine nella sua mente: quelle parole di cui “ogni frase pareva un ponte sospeso sull’abisso” che davanti a sé si confondevano e sul precipizio delle labbra il senso faceva cadere.

Nell’itinerario di ricordi intrecciati, Giuseppe Lupo ci racconta una storia in prima persona. Quando la realtà del bambino che fu si rovescia con l’arrivo di sua sorella, egli ha una reazione dirompente e finisce con il rifugiarsi nel silenzio. “La malattia che sentivo in bocca, il desiderio di parlare e non poterlo fare” spiega nel libro Breve storia del mio silenzio candidato quest’anno al Premio Strega.

Il testo di Lupo si legge rapidamente, come suggerisce il titolo: in poco più di duecento pagine vi sono diluiti i tasselli di un viaggio che dalla Basilicata lo porterà nell’Alta Italia. Pezzi di dialogo sparsi tra le lettere, quando troverà il modo di parlare e anzi, di scrivere, di fissare sul foglio tutte quelle parole birichine, nel ricordarle sotto una forma alta di necessità. D’altronde era nato fra i libri, grazie all’insegnamento dell’acqua, del ticchettio sul vetro della finestra, che batte il tempo come fa il respiro con la punteggiatura.

Entrando nei libri al Circolo La Torre conobbe la letteratura e gli intellettuali dell’epoca, questo gli consentì di immaginare un mondo che andasse oltre il narrare, che in principio per lui rappresentava un ostacolo e un dolore. Dismessa la sofferenza, tuttavia, rimase il dubbio: “Cos’avrei fatto se non fossi riuscito nella scrittura?” si chiese un giorno lontano da casa, mentre raccoglieva le parole, quelle più giuste ed esatte, per costruire la strada che lo avrebbe portato prima al Corriere della Sera e poi tra chi aveva reso gli scrittori autentici, Garzanti, Einaudi, Marsilio.

In bilico sul ciglio del silenzio che riemergerà a tratti, il Lupo che leggiamo racconta di essere stato trasportato laddove nascono i libri e laddove le storie trattengono la vita, che altrimenti strariperebbe dai margini: le lettere panciute, infatti, non sarebbero capaci di placarla, ma ne resterebbero avvinghiate, timorose. Nel buio della solitudine, o “sua ultima faticosa preistoria”, sovviene quando Rainer Maria Rilke la consigliò a Kappus quale unico modo per trovare la vera maturità e la grandezza nell’arte. Eppure, sul faticoso cammino, si riesce a scorgere infine la vittoria e l’incontro, proprio da una città sospesa sull’acqua, con Cesare De Michelis: l’attimo che vale un’esistenza e l’omaggio alla sua, per non dimenticare.

Giuseppe Lupo breve storia del mio silenzio
La copertina del libro Breve storia del mio silenzio di Giuseppe Lupo, pubblicato da Marsilio Editori nella collana Romanzi e Racconti

 

Breve storia del mio silenzio di Giuseppe Lupo è candidato alla LXXIV edizione del Premio Strega.

Giuseppe Lupo, Breve storia del mio silenzio, Marsilio Editori 2019, pagg. 208, Euro 16.

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