18 Agosto 2015
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Una morfologia specializzata della mano rappresenta uno degli elementi caratteristici dei moderni umani. Essa è dunque un argomento centrale nello studio dell’evoluzione della nostra specie, in quanto oggetto di dibattito circa la relazione tra la moderna anatomia, le capacità di presa associate e l’utilizzo di strumenti litici da parte dei primi ominidi.
Un osso fossile di un mignolo di più di 1,84 milioni di anni fa, oggetto di uno studio pubblicato su Nature Communications, rappresenterebbe un importante tassello nella più antica mano “moderna” finora rinvenuta.
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Si tratta di una falange della mano appartenuta all’Ominide di Olduvai (OH) 86, dal sito recentemente scoperto e di >1.84 milioni di anni fa di Philip Tobias Korongo (PTK), presso la celebre e importantissima Gola di Olduvai, in Tanzania. OH 86 rappresenta la più antica mano fossile registrata, di forma e dimensione che differisce non solo da tutti gli australopitechi, ma anche dalle ossa delle falangi della mano parziale di OH 7 (parte dell’olotipo Homo habilis), geograficamente prossimo e relativo al periodo immediatamente dopo la deposizione dello strato. La scoperta di OH 86 suggerisce perciò che un ominide con uno scheletro postcraniale più simile a quella dei moderni umani coesistette con  Paranthropus boisei e Homo habilis presso la Gola di Olduvai ai tempi del Letto I (NdT: Bed I).

Lo studio “Earliest modern human-like hand bone from a new >1.84-million-year-old site at Olduvai in Tanzania”, di Manuel Domínguez-RodrigoTravis Rayne PickeringSergio AlmécijaJason L. HeatonEnrique BaquedanoAudax Mabulla & David Uribelarrea, è stato pubblicato su Nature Communications.
 
Link: Nature Communications; Phys.org; The Conversation; Scientific American; Archaeology News Network via AFP.
Gola di Olduvai (o Oldupai), foto di Noel FeansOldupaida WikipediaCC BY 2.0, caricata da Sabine’s Sunbird.
Figura 1: collocazione geografica del sito ‘PTK’. Foto da Nature Communications, CC-BY
 

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