CANOVA l’ultimo principe

Mostra promossa e organizzata dall’Accademia Nazionale di San Luca

sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica
nel quadro delle celebrazioni per il bicentenario della morte di Antonio Canova (1757-1822)

Cura e organizzazione
Claudio Strinati, Serenita Papaldo, Francesco Cellini
Laura Bertolaccini, Carolina Brook, Elisa Camboni, Fabrizio Carinci, Giulia De Marchi, Fabio Porzio

17 dicembre 2022 – 28 giugno 2023

Accademia Nazionale di San Luca

Palazzo Carpegna

Roma, piazza dell’Accademia di San Luca 77

Canova l'ultimo principe locandinaL’Accademia Nazionale di San Luca, nel quadro delle celebrazioni per i duecento anni dalla morte di Antonio Canova, dedica una mostra allo scultore e al legame indissolubile che ebbe con l’Istituzione romana, nella quale fu accolto come accademico di merito, poi principe e infine come principe perpetuo.

La mostra CANOVA. L’ultimo Principe sarà ospitata dal 17 dicembre 2022 al 28 giugno 2023 nella sede di Palazzo Carpegna.

La mostra intende testimoniare la presenza dello scultore Antonio Canova all’interno dell’Accademia. Eletto accademico di merito nel 1800, acclamato principe nel 1810, e principe perpetuo nel 1814, Canova ha impresso all’istituzione romana un nuovo indirizzo, che ha interessato tutti i settori culturali: dalla riforma della didattica artistica, agli scavi, restauro e tutela del patrimonio monumentale antico, alla promozione dell’arte contemporanea, al riassetto urbano di Roma.

Canova l’ultimo principe
Gallery. Foto Bufo Lo Giudice

Antonio Canova, nato a Possagno nel 1757, era giunto a Roma nel novembre 1779, dopo una prima formazione a Venezia, dove aveva studiato i grandi esempi della tradizione veneta e le copie in gesso dei capolavori dell’antichità della raccolta Farsetti. A Roma, in breve lo scultore ebbe modo di affermarsi attraverso importanti commissioni, quali il gruppo in marmo Teseo vincente sul Minotauro per l’ambasciatore veneto Girolamo Zulian (1781) e i monumenti sepolcrali pontifici di Clemente XIV (1788), per la chiesa dei Santi Apostoli, e di Clemente XIII (1792) per la basilica di San Pietro.

Canova l’ultimo principe. Gallery

Dopo un primo periodo di lavoro nella residenza di Zulian a Palazzo Venezia, Canova trasferì il suo studio in via delle Colonnette, presso l’ospedale di San Giacomo degli Incurabili, dove realizzò tutti i suoi capolavori. L’atelier divenne in breve anche un ricercato luogo di incontro, frequentato da sovrani, principi, aristocratici, collezionisti, antiquari e intellettuali di tutta Europa.

Nel gennaio 1800 Canova fu eletto all’unanimità all’Accademia di San Luca, per la quale spese il resto della sua vita cercando di restituirle quella centralità e quel primato che l’avevano sempre contraddistinta, in una visione ormai riformata dai nuovi valori derivanti dalla Rivoluzione francese.

La ferita inferta dalle requisizioni napoleoniche portò Canova a un impegno istituzionale sempre più ampio. Nel 1802 divenne Ispettore generale della antichità dello Stato Pontificio, Sovrintendente dei Musei del Vaticano e del Campidoglio, saldando in una sola figura, come era avvenuto secoli prima con Raffaello, l’attività artistica, di tutela del patrimonio e di salvaguardia dei monumenti antichi.

Nel 1810, lo scultore fu insignito della carica di principe e ottenne da Napoleone numerose concessioni per il rilancio dell’Accademia, a cominciare dallo stanziamento di 100.000 franchi, nei quali oltre all’insegnamento erano compresi i restauri e la tutela del patrimonio monumentale.

La sua azione da subito si rivolse alla formazione dei giovani, per i quali riorganizzò il sistema didattico, attualizzandone i modelli e gli strumenti di studio. A ciò si aggiunse la creazione di nuovi concorsi che finanziò personalmente: Concorso dell’Anonimo e Concorso Canova.

Nel 1814, spodestati i francesi, Canova fu acclamato principe perpetuo dell’Accademia e al rientro a Roma del pontefice Pio VII fu incaricato della delicata missione diplomatica a Parigi per recuperare le opere requisite nel 1797.

Il successo dell’operazione comportò la restituzione dei capolavori più significativi e proiettò l’immagine di Canova nel Pantheon degli uomini illustri d’Italia, protagonisti di una nazione nascente e di un nuovo sentimento identitario, al quale l’Accademia partecipò educando le giovani generazioni alla rilettura della tradizione classica e del proprio patrimonio storico-artistico in chiave moderna e laica.

Canova è morto a Venezia il 13 ottobre 1822 e l’Accademia ha omaggiato il suo ultimo principe perpetuo con una solenne celebrazione nella chiesa dei Santi Apostoli il 31 gennaio 1823.

La mostra Canova l’ultimo principe si articola in otto sezioni che ripercorrono gli anni canoviani, dall’ingresso in Accademia nel 1800 alla morte nel 1822.

Prima sezioneCanova in Accademia

Su proposta degli scultori Agostino Penna, Giovanni Pierantoni e Camillo Pacetti, Canova divenne accademico di merito il 5 gennaio 1800. Il suo lavoro era ormai ampiamente riconosciuto nell’ambiente romano quando venne votato all’unanimità dagli accademici seduta stante, senza dover attendere il consueto mese dalla proposta, come riportato nel Verbale della Congregazione presentato in questa sala.

In seguito, lo scultore consegnò 30 scudi al Camerlengo e come dono di ingresso, richiesto dalle prescrizioni statutarie, inviò il bassorilievo in gesso Socrate che difende Alcibiade alla Battaglia di Potidea (1797), soggetto già trattato più volte seguendo i testi di Platone del Symposio e del Fedone, che qui viene proposto nell’accezione morale del maestro che combatte in favore dell’allievo. Allo studio dell’antico Canova si era dedicato fin dalla sua prima formazione, evidenziando nell’armonia delle forme la dimensione etica della cultura classica.

Nel 1810 Canova, mentre si trovava a Firenze per la sistemazione del Monumento funerario di Vittorio Alfieri nella Basilica di Santa Croce, fu insignito del titolo di principe dell’Accademia di San Luca. Di nuovo nel 1814 l’Accademia, riconoscendogli “gli insuperabili talenti nell’arte… e gli innumerevoli servigi”, lo nominò principe perpetuo. Entrambi i momenti sono documentati in mostra.

Con l’amico e compagno di studi Antonio D’Este, Canova condivise gli anni dell’Accademia di Venezia, dando luogo a un rapporto di collaborazione che sarebbe durato tutta la vita. Il ritratto del principe qui presentato, volutamente non idealizzato, rivela lo stretto legame che ha unito i due scultori.

Seconda sezioneI concorsi Canova: pittura e scultura

Fin dal XVII secolo l’Accademia di San Luca aveva organizzato dei concorsi nelle tre discipline della pittura, scultura e architettura, mediante i quali venivano valutati e riconosciuti i traguardi raggiunti dagli allievi delle scuole accademiche e verificati gli orientamenti trasmessi dai professori.

Nel Settecento erano state istituite due importanti competizioni, il Concorso Clementino (1702) e il Concorso Balestra (1768) che, seppur irregolarmente, presentarono al mondo delle arti schiere di giovani artisti provenienti da tutta Europa, le cui opere premiate ancora oggi costituiscono gran parte del patrimonio dell’Accademia.

Canova, durante il soggiorno in Francia presso la corte imperiale nel 1810, ottenne da Napoleone una riforma generale dell’Accademia e un incisivo sostegno per gli artisti. Nell’idea dello scultore, l’istituzione romana doveva diventare il centro di riferimento per tutte le attività culturali, dalla produzione e promozione dell’arte contemporanea, agli scavi, al restauro dei monumenti antichi, al riassetto urbano.

Ma fu con la creazione di due importanti concorsi, finanziati dallo stesso scultore, il Concorso dell’Anonimo e il Concorso Canova, che l’Accademia poté offrire al pubblico e alla critica alcuni dei risultati più evidenti del processo di riforma in atto, come si può cogliere nella serie di grandi nudi dipinti, realizzati come un insieme di pose codificate da combinare nelle complesse impaginazioni del quadro di storia.

La didattica venne riorganizzata sul modello francese, dove lo studio anatomico dipinto veniva inserito in uno spazio narrativo. L’osservazione dal vivo del modello si accompagnava ora a una rinnovata conoscenza della statuaria antica.

Terza sezioneCanova e Thorvaldsen

Lo scultore danese Bertel Thorvaldsen (1770-1844) giunse a Roma nel marzo del 1797 e fu accolto come membro dell’Accademia di San Luca nel gennaio 1808 su proposta di Canova e degli scultori Francesco Massimiliano Laboureur e Carlo Marin. In breve s’impose come l’altro grande protagonista della ricerca scultorea, diventando con Canova uno dei due epigoni dell’arte contemporanea, nel solco dei quali si sarebbero suddivise le schiere di allievi e seguaci delle generazioni successive.

Canova e Thorvaldsen trasformarono la Città eterna nella capitale della scultura moderna, dando luogo a una sorta di competizione ideale sui medesimi temi tratti dall’antico. Le differenze linguistiche si concretizzarono in una rilettura della tradizione classica come possibile paradigma storico del presente in Canova, definito al tempo “novello Fidia”, e in una ripresa delle forme più pure dell’arte greca in Thorvaldsen, come rivendicazione nordica della comune discendenza dal mondo antico.

Le sculture in gesso, presenti nella galleria accademica, testimoniano le diverse declinazioni del linguaggio classico proposte dai due maestri. Visioni che, entrambe, hanno avuto notevoli ricadute sulla cultura accademica ottocentesca.

I gessi di Antonio Canova presenti in mostra sono stati donati all’Accademia di San Luca in epoche successive alla presenza dello scultore.

Quarta sezioneLa Religione

Canova, l’artista capace di interpretare l’antico con sensibilità moderna, l’uomo superiore a vincoli politici e di pensiero, dedicò la sua arte all’Allegoria della Religione in due momenti della sua vita.

La prima statua della Religione all’inizio della sua carriera fa parte del monumento funebre di Clemente XIII Rezzonico in Vaticano: una matrona romana con la croce, che divenne emblema citato e ripetuto per decenni in altri progetti monumentali, come archi di trionfo o colonne celebrative.

La seconda creazione, la più nota, del cui gesso faceva parte questo busto dell’Accademia, era il grandioso progetto degli anni 1814-1815 di una statua colossale, alta più di trenta palmi, circa il doppio del gesso, da porre in Vaticano, quale dono dello stesso Canova a Pio VII dopo il suo ritorno a Roma. La scultura in marmo, che l’artista aveva immaginato come memoria di sé ai posteri, non fu mai realizzata; le enormi dimensioni ne impedirono l’accettazione in Vaticano e in altre chiese. Il modello in gesso fu donato all’Accademia nel 1830 da Giovanni Battista Sartori, fratellastro di Canova, e sistemato prima nella Galleria, poi nella chiesa dei Santi Luca e Martina, dove nel 1926 un incidente occorso durante dei lavori di restauro lo ridusse in pezzi.

Una versione molto più piccola di questa statua, con qualche modifica negli accessori, perché rappresentante la Religione protestante, fu eseguita in marmo per la tomba di Lady Sophia Brownlow nella chiesa dei Santi Pietro e Paolo a Belton (Lincolnshire).

Quinta sezioneL’Accademia al tempo di Canova

Il “tempo di Canova” in Accademia è costituito da una parabola lunga e densa di avvenimenti, che va dalla sua elezione (1800) – qui ricordata nella parete dei ritratti dalle effigi di alcuni dei protagonisti che lo hanno eletto – sino alla sua morte (1822).

Nei tre registri di dipinti si susseguono i volti di coloro che costituivano negli anni canoviani la compagine accademica, all’interno della quale lo scultore di Possagno divenne presto un punto di riferimento imprescindibile, come testimonia la spinosa vicenda del Concorso Balestra del 1801 in cui ha dovuto assumere il ruolo di giudice e paciere.

La nomina ricevuta da Pio VII di Ispettore Generale di tutte le Belle Arti per Roma e lo Stato Pontificio (1802) pose Canova al centro di tutte le attività culturali dell’Urbe, posizione che negli anni del dominio napoleonico venne confermata, permettendogli di accentrare sull’Accademia la direzione dei principali progetti relativi alla città.

Fra i diversi nuclei di ritratti qui proposti, sono presentati i busti marmorei di Canova e del cardinal Pacca, cui si è voluto affiancare le effigi di Pio VII e di Giuseppe Valadier, quest’ultimo architetto protagonista, insieme a Giuseppe Camporese e Raffaele Stern, dei grandi cantieri romani del tempo.

Canova ha rappresentato per l’Accademia anche l’espressione di una nuova libertà artistica, qui testimoniata dall’eterogeneità stilistica dei manufatti donati dai pittori durante gli “anni canoviani”. Lo scultore veneto si è altresì speso per l’ingresso e il riconoscimento degli incisori all’interno della compagine accademica. Per questo una piccola sezione ricorda gli artisti che hanno avuto un ruolo fondamentale per la trasmissione del mito dello scultore veneto dopo la sua morte.

Chiudono questa sala due “casi studio”: uno vede esposta la Maddalena penitente ad olio su tela, unica testimonianza pittorica attribuita a Canova all’interno della collezione Accademica; l’altro riguarda l’inedito modello ligneo di arco trionfale dedicato a Francesco II d’Asburgo Lorena, del quale per l’occasione è stato ricostruito il contesto di appartenenza.

Sesta sezione De’ Monumenti Antichi

«Coerentemente alle intenzioni di S. M. l’Imperatore e Re […] il Consiglio [dell’Accademia] avrà cura de’ Monumenti antichi […] e provvederà alla conservazione de’ medesimi con i fondi destinati […]. Nominerà fra i suoi Membri due Architetti, che saranno specialmente incaricati di [valutarne] lo stato attuale, e le riparazioni, […] darne un calcolo approssimativo della spesa. I suddetti architetti saranno obbligati di dirigere le accennate riparazioni, e prestarvi tutta la necessaria assistenza».

Con queste parole l’Accademia si assume una diretta responsabilità operativa e Canova ne è garante, in piena coerenza col proprio impegno contro la dispersione dei beni artistici, assunto fin dal 1802 come Ispettore generale di tutte le Belle Arti. Sarà poi il delicatissimo ruolo svolto nel 1815 per il rientro in Italia delle opere prelevate dai francesi a confermarlo come una figura fondamentale nella formazione di una coscienza relativa alla tutela e alla conservazione del patrimonio culturale.

Ma questi restauri si inquadrano anche nel crescente fervore archeologico che si verifica a Roma fra la fine del Settecento e i primi dell’Ottocento (vedi, al Colosseo, gli scavi di Carlo Fea e i restauri di Raffaele Stern); e questo, che era inizialmente animato dallo spirito e dal gusto illuminista e/o giacobino, ora, col Governo francese, lo è dalla ragion di stato.

Settima sezione I concorsi Canova: architettura

Nel 1817 viene bandita la prima edizione del Concorso Canova. A differenza del precedente Concorso dell’Anonimo, questa nuova competizione, aperta ora anche ai giovani architetti, prevedeva un pensionato della durata di tre anni durante il quale il vincitore avrebbe ricevuto la somma di 20 scudi al mese. Allo scadere di ogni anno il vincitore avrebbe dovuto dar conto dei progressi della sua formazione attraverso l’elaborazione di altri temi assegnati di volta in volta dai docenti della classe.

Del Concorso Canova verranno bandite due edizioni, nel 1817 e nel 1820: è significativo che in entrambe le prime prove di ammissione al pensionato il tema scelto per la classe di architettura riguardasse la progettazione di un edificio per “una accademia di Belle Arti a vantaggio della pubblica istruzione” (1817) e di una “Fabbrica da potersi adattare in locale opportuno all’Accademia di San Luca” (1820).

La riforma statutaria del 1812, confermata dal nuovo Statuto emanato proprio nel 1817, prevedeva infatti il moltiplicarsi degli insegnamenti e non è improprio immaginare che per l’Accademia fosse sempre più impellente la necessità di reperire e organizzare spazi per la didattica, al punto da ritenere che potesse divenire tema di riflessione anche attraverso il contributo e la sensibilità dei più giovani.

Ottava sezione La Scuola del Nudo 1801-1812

La Scuola del Nudo capitolina, gestita dall’Accademia, fu fondata da Benedetto XIV nel 1754.

Il principe dell’Accademia sceglieva ogni anno gli accademici pittori e scultori per dirigere lo studio alternandosi mensilmente, con interruzioni nei mesi di ottobre e nel mese del carnevale.

A Roma l’apprendistato degli artisti si svolgeva negli studi privati e la Scuola del Nudo offriva la preziosa possibilità di usufruire degli insegnamenti di diversi maestri e di stabilire nuovi contatti. Era una scuola maschile pubblica e gratuita, aperta quotidianamente a studenti di ogni nazionalità e religione. I concorsi, di disegno e di scultura (su tavolette in creta), venivano indetti a marzo per il nudo e a settembre per il panneggio. Le prove venivano giudicate da una commissione formata anche da direttori degli altri mesi. In Accademia si conservano solo disegni.

Canova fin dal suo ingresso in Accademia si dedicò alla Scuola del Nudo; nel 1802 fu nominato Ispettore generale delle Antichità e delle Accademie di Belle Arti; nel 1804 l’attribuzione di una nuova sede nell’ex convento delle Convertite al Corso e nuovi progetti per la Scuola furono legati al prestigio, a sovvenzioni e a specifiche responsabilità di Canova.

Testo e immagini dall’Ufficio Stampa Accademia Nazionale di San Luca per la mostra Canova l’ultimo principe

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