«Non un idillio fu Sparta, ma un pezzo di verace e tangibile storia del popolo greco». Da questa affermazione, cavata dallo Sparta di Helmut Berve, storico antichista di origine polacca, si può partire per analizzare quel modello spartano ai più riconosciuto come l’esempio più riuscito di costituzione egalitaria.

Quel ‘modello spartano’ è a noi noto soprattutto attraverso gli scritti tramandatici dall’antichità e dai diversi contributi che la ricerca ha messo a disposizione nel tempo. Degna di menzione, a tal proposito, è la Costituzione degli spartani di Senofonte, storico greco, vissuto tra il V e il IV secolo a.C. Lo storico, sebbene originario di Atene, non ha mai negato la sua fervente propensione per il modello politico spartano a discapito di quello ateniese che risultava essere parecchio fragile.

Senofonte
Busto di Senofonte in marmo bianco, dalla Bibliotheca Alexandrina. Foto dalla Bibliothek des allgemeinen und praktischen Wissens. Bd. 5 (1905), Abriß der Weltliteratur, Seite 46. Pubblico dominio

Le notizie biografiche su Senofonte – e anche alcune opere dello storico – ci trasmettono una serie di informazioni che giustificano, per l’appunto, la simpatia senofontea per Sparta. Lo storico non soltanto fu il ‘protetto’ di Agesilao, re a Sparta dal 400 al 360 a.C., ma combatté, a fianco degli spartani, sia contro i persiani (fondamentale, a tal proposito, l’Anabasi) sia contro la sua madrepatria, Atene.

L’esperienza maturata a fianco degli spartani e l’amicizia con il re Agesilao hanno permesso a Senofonte di dedicare a Sparta un opuscolo, la Costituzione degli spartani per l’appunto.  L’operetta senofontea è suddivisa in quindici brevi capitoli nei quali è tracciata la storia della costituzione spartana partendo dalla figura di Licurgo, leggendario legislatore spartano, erede degli Eraclidi e ispiratore di quel modello oligarchico che ha reso Sparta una delle realtà politiche più importanti della storia greca d’epoca classica.

L’esperienza diretta di Senofonte è confermata dal primissimo capitolo: «Eppure mi venne una volta il pensiero che Sparta, pur essendo una delle città meno popolose, si era dimostrata estremamente potente e rinomata in Grecia, e mi chiesi meravigliato come potesse essere avvenuta una cosa del genere; smisi però di meravigliarmene dal momento in cui mi resi conto del modo di vivere degli spartiati».

Nella lettura dell’opuscolo senofonteo è ravvisabile una caratteristica che ritorna più volte nel corso dei diversi capitoli: la messa a confronto tra la costituzione spartana e quella relativa alle altre poleis greche. È fondamentale, a questo punto, porsi un quesito: in cosa Sparta differiva dalle altre città-stato greche? Innanzitutto per la tipologia di ordinamento politico; Sparta era un’oligarchia e, in quanto tale, prevedeva un ristretto numero di governanti messi a capo di una polis ben circoscritta. Senofonte non manca di descrivere le diverse classi operanti nella città-stato Peloponnesiaca: dagli spartiati, cittadini liberi con pieni diritti politici agli iloti, schiavi alla mercé dei potenti, passando per i perieci, cittadini liberi privi di alcuni diritti. Ma queste tre diverse classi non costituivano l’intera ossatura della gerarchia spartana, ad essi si aggiungeva l’eforato, il più alto grado raggiungibile a Sparta e il basileus (re) che guidava, con autorevolezza, le diverse spedizioni militari cui Sparta prendeva parte.

Senofonte focalizza, altresì, l’attenzione sulla legislazione vigente a Sparta e sul modus vivendi tipico degli spartani. Un caratteristica fondamentale per un lacedemone era l’educazione così come l’aveva istituita Licurgo. Differentemente da Atene, dove i bambini erano affidati ad un pedagogo, nella maggior parte dei casi uno schiavo, a Sparta, al contrario, si era soliti affidare i bambini ad un paidonòmos, un uomo scelto tra i migliori cittadini di condizione libera. Un elemento che mira a sottolineare la singolarità di Sparta nel panorama delle poleis greche era caratterizzato dall’educazione impartita alle donne. Quest’ultime, parimenti agli uomini, erano solite svolgere attività ginniche e partecipare a gare d’atletica nella convinzione, tutta spartana, che una donna ben addestrata fosse più propensa a generare dei validi guerrieri (icastica è la presentazione della ginnica Lampitò nella Lisistrata di Aristofane). L’educazione spartana non si limitava soltanto all’insegnamento della lettura e scrittura, ma prevedeva, anche, delle vere e proprie prove fisiche cui i ragazzi dovevano sottoporsi. Senofonte racconta che Licurgo, al fine di spronare i figli degli spartiati a ‘dare il meglio’, istituì delle gare nelle quali i fanciulli si sfidavano in una sana e proficua competizione.

Statua di Licurgo del diciannovesimo secolo, dal Palais de Justice di Bruxelles. Foto di Matt Popovich, CC BY 4.0

Le leggi licurghee erano rispettate con devozione a Sparta. Oggi il termine ‘spartano’ indica non soltanto la frugalità dei costumi, ma anche l’austerità. Uno spartano conduceva uno stile di vita votato al rispetto della legislazione che, stando al racconto di Senofonte, fu varata da Licurgo e confermata dall’oracolo di Delfi: «Licurgo ha escogitato molti altri efficaci espedienti affinché i cittadini fossero disposti ad obbedire alle leggi; fra quelli meglio riusciti credo ci sia il non aver dato al popolo la legislazione prima di essersi recato a Delfi con le persone più importanti della città, per chiedere al dio se per Sparta fosse la cosa migliore obbedire alle leggi da lui istituite. E una volta che il dio gli ebbe risposto con un oracolo che in tutto e per tutto questa era la cosa migliore, ebbene, solo allora diede loro la legislazione, facendo sì che disobbedire a leggi confermate dall’oracolo delfico fosse non solo illegale, ma empio».

L’austerità spartana è sottolineata, ancora, dall’uso moderato del denaro. Lo storico ateniese afferma che, mentre nelle altre poleis gli uomini sono soliti ‘gareggiare’ basandosi sugli averi, a Sparta Licurgo impose che, per il bene della comunità, ci si dedicasse soltanto a ciò che avrebbe reso maggiore vantaggio alla polis: «[…] Licurgo ha proibito a tutte le persone libere di occuparsi di un’attività volta all’accumulazione di denaro, e ha proibito che essi considerino attività a sé confacente esclusivamente quelle azioni che danno a una città la libertà». Sulla base di questa affermazione ben si comprende come Sparta rappresentasse, agli occhi di Senofonte (e non solo), il modello di città-stato perfetta, scevra da qualsiasi tipologia di ambizione e fortemente ancorata ai saldi princìpi licurghei; tutto ciò concorreva a rendere ben salde le fondamenta dell’ordinamento spartano a discapito di quelle poleis dove la brama di denaro minava fortemente il bene della comunità.

Licurgo si propose, altresì, di dettare delle regole sull’organizzazione dell’esercito durante le spedizioni militari. L’accesso al servizio militare era a discapito degli efori che ne determinavano le fasce d’età idonee. L’esercito spartano era organizzato con regole ben precise; Senofonte racconta che Licurgo: «[…] operò una suddivisione in sei morai di cavalieri e sei di opliti. Ciascuna di quelle degli opliti ha un polemarco, quattro locaghi, cinque pentekontères e sedici enomotàrcahai». Questa organizzazione militare era adatta a difendere, durante gli attacchi avversari, il re che, come suddetto, partecipava alla spedizione e dettava i tempi per gli spostamenti degli opliti. Anche le regole sull’accampamento furono istituite da Licurgo ed erano a discrezione del basileus che ne definiva la posizione; gli accampamenti, spesse volte, erano itineranti. Tutto ciò concorreva a rendere gli spartani ben compatti tanto che lo stesso storico afferma: «[…] gli Spartani sono infatti gli ultimi degli uomini che si potrebbe sorprendere a trascurare, fra ciò che attiene alla guerra, quanto necessita attenzione».

Leggendo la Costituzione senofontea si evince, però, che c’è qualcosa che stride con la restante argomentazione. Senofonte, come si è visto, spende parole d’elogio nei confronti dell’ordinamento politico spartano e della relativa legislazione, ma un capitolo, il quattordicesimo per la precisione, presenta un Senofonte fortemente critico nei confronti di Sparta e meno lusinghiero. Infatti nel capitolo in questione si legge una denuncia forte da parte dello storico nei confronti degli spartani ormai dediti alla brama di potere e di denaro e fortemente lanciati ad una politica espansionistica attraverso l’armostato (un presidio spartano in terra straniera). A questo punto è lecito chiedersi: come mai questo cambio di rotta? Con molta probabilità Senofonte critica l’atteggiamento maturato dagli spartani durante la loro egemonia sulla Grecia; l’aver conosciuto le insidie del potere può aver generato atteggiamenti non legittimati dalle rigide leggi istituite da Licurgo. Sparta, insomma, si allinea con le altre poleis greche.

È lecito, ancora, chiedersi: fu veramente Sparta una polis foriera di uguaglianza? La risposta può essere sottoposta a diverse interpretazioni, quella più verosimile definisce Sparta non del tutto egalitaria dal momento che, parimenti alle altre poleis greche, nella città-stato Peloponnesiaca sussistevano diverse classi sociali caratterizzate da uno status ben definito, per fare un esempio: i perieci non erano simili agli spartiati. L’egalitarismo spartano si consumava solamente tra gli spartiati. Questo assunto dimostra che Sparta, similmente ad Atene (e così via), faceva parte di quelle società tipicamente antiche nelle quali il concetto di egalitarismo sociale non si era ancora formato del tutto.

Senofonte Costituzione Spartani
Copertina del volume Senofonte. La costituzione degli spartani. Agesilao, a cura di Guido D’Alessandro, Oscar Mondadori

(Le traduzioni dei passi succitati sono cavate da: Senofonte. La costituzione degli spartani. Agesilao, a cura di Guido D’Alessandro, Milano 2009)

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