Saffo tra le due guerre: l’acrobata di Marguerite Yourcenar

Articolo a cura di Maria Ciniglio e Antonio Navatta

«Cessare di essere amata, significa diventare invisibile. Tu non ti accorgi più che io abbia un corpo» (Fuochi, p. 107).

Il mondo antico è sempre stato uno dei campi privilegiati per la riflessione degli autori e delle autrici del Novecento su emozioni e sentimenti che non sembrano conoscere il tempo e la storia. Alcune figure, per la loro peculiarità, hanno incarnato più di altre le tensioni e le contraddizioni dell’essere umano in un periodo storico quantomai controverso e travagliato. Basti pensare, per esempio, alle complesse personalità di Edipo e Antigone, personaggi del mito che hanno influenzato la cultura occidentale a tal punto da delineare delle vere e proprie categorie di pensiero.

Saffo Pompei Museo Archeologico Nazionale di Napoli
Affresco su gesso, da Pompei (Regio VI), della cosiddetta Saffo, dal Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Foto di Antonio Navatta e Maria Ciniglio

Se alle figure del mito si affianca una personalità come Saffo, poetessa di Lesbo vissuta tra VII e VI secolo a. C., emerge un quadro ancor più articolato e interessante. La ricezione delle sue opere, fin dal mondo antico, ha generato una problematica divaricazione tra la sua concretezza storica, come autrice di raffinati componimenti poetici, e la fantasiosa creazione di un vero e proprio personaggio letterario, che, già dalla commedia antica e nella successiva ripresa ovidiana, si sarebbe gettata per amore di Faone, tradizionalmente noto come barcaiolo, dalla rupe di Leucade.

Fuochi Marguerite Yourcenar
La copertina della raccolta Fuochi di Marguerite Yourcenar, all’interno della quale si trova anche lo scritto Saffo o del suicidio. Qui nell’edizione Bompiani (2001), tradotta da Maria Luisa Spaziani

Il fil rouge del suicidio per amore della poetessa giunge, dopo molti secoli, nella penna della straordinaria scrittrice francese (nata in Belgio) Marguerite Yourcenar, che nel 1935 si dedicò alla scrittura di Fuochi, una raccolta di nove prose liriche dedicate a personaggi della Grecia antica, quali Fedra, Achille, Patroclo, Antigone, Lena, Fedone, Clitennestra e Saffo, a cui si aggiunge Maria Maddalena, unica personalità tratta dal mondo giudaico-cristiano. Come afferma la stessa autrice, in una prefazione all’opera del 1967,

«a gradi diversi, tutti questi racconti modernizzano il passato; certuni inoltre s’ispirano a stadi intermedi che quei miti o quelle leggende hanno attraversato prima di arrivare fino a noi, così che l’“antico” propriamente detto non è sovente in Fuochi che un primo strato poco visibile» (Fuochi, Prefazione, p. 6).

Marguerite Yourcenar dedica alla poetessa l’ultima delle prose liriche, intitolata Saffo o del suicidio, in cui la raffinata scrittrice di Lesbo si trasforma in un’acrobata appartenente

«alla gaudente società internazionale fra le due guerre» (Fuochi, Prefazione p. 7).

La Saffo dell’autrice francese è un personaggio travagliato, attraversato da tensioni contrastanti e ambigue. Vittima di un amore totale, l’acrobata si abbandona ora al rapporto convenzionale verso uomini inconcludenti, ora alla dolcezza delle giovani fanciulle amate, nelle quali Saffo cerca ciò che non è stata tra i ricordi di un’infanzia infelice e l’illusione di una felicità mai raggiunta.

Simboli di questo tormento sono sul versante femminile Attide, su quello maschile Faone. Di Attide, protagonista di molti frammenti della poetessa, Saffo ama il dolore, che deriva dalla paura dell’abbandono; in un rapporto quasi materno, la poetessa-acrobata si sforza di offrire alla fanciulla la gioia della quotidianità e la protezione da un uomo che rischia di farla soffrire. Ogni tentativo risulta vano poiché sarà la stessa Attide a recare sofferenze a Saffo, fuggendo con l’uomo amato. In Faone, che da barcaiolo nella tradizione antica diventa contrabbandiere sulle rive del Bosforo, Saffo ritrova, invece, con un gioco di specchi deformati, la dolcezza femminile di Attide, che la spinge ad abbandonarsi con arrendevolezza all’amore verso un uomo. L’incanto svanisce proprio quando Faone si avvolge nelle vesti femminili di Attide: il travestimento svela che dietro l’elegante Faone si nasconde nient’altro che

«un surrogato della bella ninfa assente» (Fuochi, Saffo o del suicidio, p. 117).

Alle spalle di questi amori perturbanti, la figura di Saffo diventa l’emblema dell’artista nel Novecento, una figura ingombrante che, proprio come l’acrobata, vive a metà strada tra il cielo e la terra. In questa prospettiva, se si prendono in considerazione i molteplici riferimenti alla natura alata dell’acrobata, definita ora come angelo ora come uccello, risultano evidenti le suggestioni della poetica di Charles Baudelaire, che nell’Albatros, poesia de I fiori del male, paragona il poeta a un uccello maestoso tra i cieli, ma ridicolo e incompreso quando tocca terra. Illuminanti, inoltre, sono le riflessioni di Jean Starobinski, che, nel suo Ritratto dell’artista da saltimbanco, ragiona sull’identificazione e sul legame psicologico tra l’artista novecentesco e l’ambiente apparentemente felice e illusorio del circo.

Consapevole che

«nessun incontro può offrirle la salvezza, se ovunque va non può che ritrovare Attide» (Fuochi, Saffo o del suicidio, p. 117),

Saffo matura la decisione di porre fine alla sua triste esistenza di «donna a metà», saltando giù da quel trampolino che da sempre l’ha posta in una condizione di emarginazione. Tuttavia, la sua abilità da acrobata le impedisce di perdere l’equilibrio. Per questo motivo, la poetessa sale sul punto più elevato del circo, lontana dallo sguardo di tutti, per sprofondare finalmente nell’abisso.

«Ma chi non realizza la propria vita corre anche il rischio di fallire il suicidio» (Fuochi, Saffo o del suicidio, p. 119):

pur essendosi lanciata nel vuoto, Saffo si scontra con una lampada che la spinge verso le reti di protezione. Il suo corpo, paralizzato dall’impatto, viene ripescato: il fallimento della sua morte si concretizza nella metamorfosi della poetessa-acrobata in una pallida statua di marmo, incapace di trovare redenzione e costretta a vivere nella sua fissità.

Marguerite Yourcenar (1982). Foto di Bernhard De Grendel (Winoksbergen), CC BY-SA 4.0

A questo punto viene da chiedersi che cosa resta della Saffo poetessa di Lesbo nel personaggio immaginato da Marguerite Yourcenar. L’acrobata, proprio come la poetessa, nasce su un’isola «e questo è già inizio di solitudine» (Fuochi, Saffo o del suicidio, p. 110); per di più, il mestiere di equilibrista pone il personaggio della Yourcenar in uno stato di ulteriore isolamento, che la costringe all’altezza del suo trapezio, una dimensione che incarna perfettamente la distanza fisica e metaforica della donna dal resto del mondo. La solitudine diventa, dunque, la marca letteraria del personaggio e la Yourcenar, con un fine gioco letterario, amplifica i tenui accenni contenuti nei frammenti nei quali la poetessa di Lesbo manifesta la sofferenza per il distacco e l’abbandono, proiettando queste sensazioni nella moderna cornice del Novecento. Ancora una volta, si può osservare l’influsso delle riflessioni di Baudelaire a proposito dell’isolamento dell’artista che, come un vecchio saltimbanco, appare

«senza amici, senza famiglia, senza figli, degradato dalla miseria e dall’ingratitudine pubblica» (Lo spleen di Parigi, Il vecchio saltimbanco, p. 77).

Infine, il fatale salto dalla rupe di Leucade, trasformandosi in una caduta dal trampolino, sembra conservare una memoria dell’antica tradizione nei riferimenti al mare con cui Marguerite Yourcenar, sapientemente, accompagna il movimento discendente dell’acrobata, che, da creatura del cielo cerca di sprofondare nell’abisso:

«Saffo si tuffa, con le braccia spalancate come per abbracciare la metà dell’infinito, non lasciandosi dietro che l’oscillare di una corda a prova del suo distacco dal cielo» (Fuochi, Saffo o del suicidio, p. 119).

Con la sua prosa lirica, Marguerite Yourcenar ci consegna un’innovativa e affascinante Saffo, antico involucro scarnificato dall’autrice per contenere le nuove inquietudini dell’artista nel frenetico mondo tra le due guerre.

BIBLIOGRAFIA

K. Andersson, Sur deux visages de Sappho dans l’œuvre de Marguerite Yourcenar, in M. Ledesma Pedraz – R. Poignault (edd.) Marguerite Yourcenar. La femme, les femmes, un écriture-femme? (Clermont-Ferrand 2005), pp. 233-245.

C. Baudelaire, I fiori del male (Milano 1980).

C. Baudelaire, Lo spleen di Parigi. Piccoli poemi in prosa (Milano 20208).

A. Cenni, “Il salto di Saffo” dagli antichi ai contemporanei. Pavese, Yourcenar, Elytis, in A. Chemello (ed.) Saffo. Riscritture e interpretazioni dal XVI al XX secolo (Padova 2015), pp. 253-68.

G. B. D’Alessio, The Afterlife of Sappho’s Afterlife, «The Cambridge Classical Journal» (2022), pp. 1-34.

J. DeJean, Fictions of Sappho 1546-1937 (Chicago-London 1989).

J. Starobinski, Ritratto dell’artista da saltimbanco (Torino 1984).

M. Yourcenar, Fuochi (Firenze-Milano 2018).

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