APPIA REGINA VIARUM 2018 – 2022 UNO SCAVO DI RICERCA

Roma, 24 gennaio 2023

Lo scavo Appia Regina Viarum è un progetto di archeologia pubblica della Soprintendenza Speciale di Roma, che di fronte alle Terme di Caracalla ha portato alla luce edifici, strutture e reperti, con importanti scoperte a partire dal II secolo fino all’età moderna sulla topografia e l’evoluzione di questa area, legata alla storia di Roma dalle sue origini.

«Oggi presentiamo uno scavo di ricerca, finalizzato non solo a trovare importanti resti e reperti – spiega Daniela Porro Soprintendente Speciale di Roma –. Lo scopo, coordinato con la candidatura dell’Appia come patrimonio dell’umanità, è acquisire più informazioni possibile sull’area dove sorgeva una delle strade più importanti dell’antica Roma in un programma di interventi e iniziative per valorizzare le Terme di Caracalla e il loro contesto. Fondamentale è che la Soprintendenza continui a svolgere attività scientifica, come in questo caso collaborando con l’Università Roma 3, e utilizzando proficuamente fondi europei».

La grande difficoltà dello scavo è stata la massiccia risalita d’acqua, che impedisce di arrivare a 8 metri di profondità dove dovrebbe trovarsi il basolato antico. Ma il ritrovamento di una strada del X secolo in battuto indica la presenza in epoca medioevale di una importante percorrenza che, probabilmente, ricalcava l’Appia e spinge a continuare le indagini.

«Le strutture più antiche – spiega Mirella Serlorenzi direttore scientifico dell’indagine –. risalgono all’età adrianea, arrivano a quella severiana, e distano dalle tabernæ davanti alle Terme circa 30 metri che corrisponderebbero a 100 piedi romani, ovvero la larghezza della via Nova severiana come riportata dalla Forma Urbis. La stratigrafia ha soprattutto restituito le continue trasformazioni di strutture di età imperiale, con la sovrapposizione nel tempo di attività produttive o abitative. La quantità di informazioni e di materiali rinvenuti, come la moneta quadrata papale, l’anello con monogramma, un’incisione benaugurante trovata sotto a una colonna, fornisce un quadro di un’area viva e frequentata fino all’alto medioevo, periodo di cui a Roma si hanno scarse testimonianze. Emerge così la trasformazione dell’Urbs imperiale nella Roma cristiana medioevale decisiva nella storia della città».

«L’obiettivo primario del progetto era comprendere la viabilità dell’Appia, un nodo strategico dell’antica Roma, di cui probabilmente è stata rinvenuta una traccia medioevale. Ma fin da ora – spiega Riccardo Santangeli Valenzani docente di Archeologia Medievale di Roma 3 – i ritrovamenti sono da mettere in relazione con le istituzioni presenti nell’area di cui ci parlano le fonti, come la Basilica di Santa Balbina, la Chiesa dei Santi Nereo e Achilleo, l’antico titulus Fasciolæ e uno xenodochio, cioè un ente destinato all’accoglienza dei pellegrini, citato dalle fonti alla fine del VI secolo sulla Via Nova severiana».

Iniziato nel 2018 con indagini non invasive, lo scavo vero e proprio è iniziato dal luglio 2022 e alle attività archeologiche è stata abbinata anche l’apertura alla cittadinanza con visite guidate e la pubblicazione delle relazioni archeologiche settimanali su Sitar, la piattaforma web della Soprintendenza dedicata alla conoscenza archeologica.

Appia Regina Viarum 2018 – 2022: uno scavo di ricerca. Gallery, foto di Fabio Caricchia.

ALLA RICERCA DELL’APPIA PERDUTA

ARCHEOLOGIA PUBBLICA NELLA CITTÀ

IL PRIMO MIGLIO

Una domanda storica è all’origine dello scavo effettuato davanti alle Terme di Caracalla: dove passava il primo miglio dell’Appia Antica? Gli studiosi hanno finora avanzato ipotesi diverse su questo percorso, ma solo l’evidenza archeologica potrà confermare il tracciato iniziale della prima strada romana intitolata a un console, Appius Claudius Cæcus, e il suo rapporto con l’imponente via Nova Severiana costruita all’inizio del III secolo dopo Cristo dall’imperatore Settimio Severo, che ne ribatteva il tracciato.

L’indagine della Soprintendenza Speciale di Roma finanziata con fondi europei erogati dal Cipe è un intervento di archeologia pubblica non originato dalla costruzione di edifici o di sottoservizi, ma funzionale alla ricerca, allo studio e alla ricostruzione della storia di una porzione della Capitale attraverso i secoli.

Improntata all’interdisciplinarità, l’attività di ricerca è iniziata a opera della Soprintendenza nel 2018 con indagini non invasive, carotaggi e georadar, per individuare il punto dove effettuare lo scavo vero e proprio, iniziato a partire dal luglio 2022 in collaborazione con l’Università Roma 3, con il coinvolgimento di figure professionali diverse, oltre agli archeologi, strutturisti, geologi, architetti, archeosismologi. Alle attività archeologiche è stata affiancata anche l’apertura dello scavo alla cittadinanza attraverso visite guidate durante i lavori, che hanno coinvolto migliaia di cittadini, e la pubblicazione delle relazioni archeologiche settimanali attraverso la piattaforma Sitar della Soprintendenza.

L’APPIA RITROVATA

Fin dall’inizio dell’indagine l’area si è dimostrata particolarmente problematica per la presenza di una estesa falda acquifera, che ha impedito di scendere fino a 8 metri, il probabile livello della viabilità antica. Tuttavia dagli oltre 6 metri di profondità raggiunti sono emersi alcuni indizi che indicano la presenza della via Nova iniziata sotto Settimio Severo proprio davanti alla facciata delle Terme di Caracalla.

Le strutture più antiche messe in luce risalgono all’età adrianea e arrivano a quella severiana, mostrando l’evoluzione urbanistica della zona quando vennero costruite le Terme di Caracalla. Si tratta di edifici nati con finalità commerciali o residenziali, che mostrano tuttavia una eccezionale continuità di utilizzo anche nei secoli considerati di maggiore decadenza e di crisi demografica.

Da queste strutture alle tabernæ davanti alle Terme c’è una distanza di circa 30 metri che corrisponderebbero a 100 piedi romani, ovvero la larghezza della via Nova come riportata dalla Forma Urbis, la grande pianta marmorea della città realizzata nel III secolo. Inoltre è emersa una strada acciottolata risalente al X – XI secolo che ripercorre il medesimo andamento, attendibile testimonianza della continuazione del tracciato dell’Appia antica anche nel Medioevo. Infatti lo scavo ha soprattutto permesso di scoprire la storia di un’area che si credeva abbandonata fin dal tardo impero, di ricostruirne le vicende e l’umanità che la abitava.

VITA NEL MEDIOEVO

Durante la tarda antichità le strutture adrianee e severiane vennero trasformate, forse anche con ampliamenti, e vennero probabilmente usate per attività produttive. Solo una approfondita analisi dei materiali potrà indicare con maggiore esattezza che tipo di lavorazioni vi si svolgessero. Tuttavia un grande deposito di cenere, non originata da un incendio, dà già spazio ad alcune ipotesi: che questa venisse usata come sbiancante in un lavatoio, ovvero per la lavorazione del vetro o della ceramica.

Al IX secolo risalgono le tracce del crollo di questi edifici, sopra cui circa cento anni dopo viene realizzata una strada in semplice battuto che indica comunque la continuità di vita dell’area. Le fonti indicano qui uno dei più antichi tituli cristiani (cioè una chiesa corrispondente più o meno a una moderna parrocchia) denominato Fasciole, probabilmente dalla reliquia della fasciatura caduta dalle caviglie di san Pietro mentre si accingeva a lasciare Roma dalla via Appia.

L’ANELLO MISTERIOSO

In questo contesto sono di estremo interesse i materiali venuti alla luce che permetteranno di inquadrare meglio l’utilizzo dell’area con datazioni più precise. Tra i reperti più antichi spicca una testa di statua, una colonna con una iscrizione beneaugurale, una tabula lusoria, pedine da gioco, monete, scampoli di mosaico e resti di anfore.

I reperti risalenti alla tarda antichità e all’alto Medioevo, periodi sempre elusivi nella documentazione archeologica di Roma, sono di eccezionale importanza: si segnala per la sua rarità una moneta, una delle prime coniate sotto il controllo papale e databile tra il 690 e il 730, e soprattutto un anello in bronzo con monogramma, da sciogliere con il nome di Antonio o Antonino e risalente al VI secolo. Infine ceramica invetriata, residui e scarti di materiale di fusione, confermerebbero la presenza di attività produttive.

IL BARONE TRADITO

Nel tardo medioevo e nell’età moderna, l’abitato si era ristretto attorno all’ansa del Tevere, e l’area delle Terme venne utilizzata per scopi agricoli, con orti e vigne, dei quali le indagini archeologiche hanno restituito ampia testimonianza.

Ma l’epoca moderna ha lasciato traccia anche di un’altra attività che si svolgeva presso tutti i grandi monumenti romani: la spoliazione. Lo scavo ha intercettato una grandissima fossa realizzata alla fine del XVIII secolo per recuperare materiale da costruzione, i mattoni antichi molto ricercati per la loro qualità dagli architetti e dai muratori dell’epoca. Il confronto con i dati di archivio ha consentito di dare un volto e un nome all’autore di questa opera: nel dicembre del 1771 Alessandro Gavotti, barone e proprietario di quest’area, allora tenuta a vigna, chiese una autorizzazione per scavare e “cavare tavolozza”, cioè i mattoni.

Il personaggio è noto alle cronache dell’epoca per uno dei più clamorosi scandali di quegli anni: l’accusa rivolta alla moglie, Virgina Verospi che lo tradiva, di aver tentato di avvelenarlo in combutta con l’amante.

Appia Regina Viarum 2018 – 2022: uno scavo di ricerca. Gallery, foto di Fabio Caricchia.

Testo e immagini dall’Ufficio Stampa Soprintendenza Speciale di Roma

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