Cara Pace di Lisa Ginzburg – recensione

Cara pace.

O carapace come la corazza della tartaruga 

Quella che si mette addosso Maddalena per tutta la vita, da quando Gloria lascia lei, la sorella Nina e il padre perché non è in grado di essere una madre di famiglia.

Maddalena è la più grande, la sorella maggiore. Racconta la storia di questa famiglia anomala persino per il mondo di oggi dove esistono famiglie di tutti i tipi, figuriamoci negli anni in cui si svolge la vicenda. Non vengono mai dichiarati ma quando è bambina ci sono le lire. Quando si racconta adulta ha ormai una famiglia con due figli adolescenti. 

Non era di sicuro la soluzione ideale di un giudice non affidare due figlie a nessun genitore ma farle diventare le padrone della loro casa, sotto la responsabilità di una tata, il padre ospite e la madre interdetta dall’accesso all’intimità delle pareti domestiche con la sua prole.

Non solo non entrerà mai nella casa delle figlie. Loro entreranno nella sua il giorno del suo funerale e mai più.

Maddalena racconta in prima persona. Racconta gli altri, perché lei scompare. Per molto tempo, persino da adulta, c’è Nina, c’è l’inadeguatezza del padre, c’è la tata, c’è l’assenza molto pesante della madre.

Lei non c’è. Non c’è nemmeno quando racconta la sua vita lontana da Roma dove è cresciuta con la sorella, si vede suo marito, si vede la sua famiglia, ma sia sorella, la minore, è sempre al centro.

Maddalena si protegge con un carapace emotivo, cerca una pace che non c’è. Per una vita assiste.

Ha un unico guizzo in cui è presente. Alla fine del romanzo. 

E alla fine del romanzo c’è l’inizio della storia, quella che sarebbe stato bello sentire.

Invece no.

Il romanzo di Lisa Ginzburg lascia un po’ a metà. Sono belli i personaggi guardati dalla voce di Maddalena, sono a loro modo riconoscibili, caratteri osservati tanto, minuziosamente.

È bello il racconto dell’infanzia visto da fuori, come se Maddalena fosse lì solo per caso.

Ma manca Maddalena. Si protegge per tutto il tempo anche agli occhi del lettore. Non si fida nemmeno di lui.

È da leggere? Di sicuro, perché oltre a bei personaggi c’è una buona scrittura. Con una costruzione magari un po’ insolita, che sa di vecchio, ma un vecchio rassicurante. 

Per esempio io l’ho scelto leggendo un estratto e ho deciso che volevo sapere come andasse avanti, dove sarebbe andato a parare.

Il racconto dell’infanzia delle due bambine in cui una è presente e l’altra scompare, come se essendo la più grande dovesse caricarsi di tutti, fa venire voglia di continuare.

Ma quando continua, quando le due sorelle crescono, allora si perde un po’. Le due vite slegate smettono di essere così trascinanti, e improvvisamente ci si chiede ‘Maddalena, ma tu esisti ancora?’.

Non basta la ricomparsa alla fine. Lascia un senso di incompiuto, insieme alla speranza che in qualche modo Maddalena ricompaia altrove, che magari sia solo un primo atto.

Non so se sia davvero un romanzo da Premio Strega. 

È intimo, molto più che intimista. A mio parere, uno Strega dovrebbe essere un romanzo che esce dall’intimità e avvolge con una storia universale.

Di universale per me qui c’è poco. 

Non significa però che non meriti un posto in libreria.

Cara pace Lisa Ginzburg Ponte alle Grazie
La copertina del romanzo Cara pace di Lisa Ginzburg, pubblicato da Ponte alle Grazie nella collana Scrittori

Cara pace di Lisa Ginzburg è candidato alla LXXV edizione del Premio Strega.

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