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Pala di Durante

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Pala di Fano ovvero Pala di Durante

Madonna in trono col Bambino e santi, dalla chiesa di Santa Maria Nuova a Fano

di Pietro Vannucci detto il Perugino

La cosiddetta Pala di Fano fu commissionata nell’aprile 1488 a Pietro Vannucci detto il Perugino per l’altare maggiore della chiesa di Santa Maria Nuova in San Lazzaro a Fano, dove i frati Minori Osservanti si trasferirono nel 1480 dal precedente insediamento in Santa Maria al Metauro; nel 1517 venne concessa loro la chiesa in San Salvatore, ubicata nel centro storico della cittadina, alla quale passò anche il titolo di Santa Maria Nuova. Qui vennero spostate tutte le opere esistenti nella sede francescana precedente, compreso il dipinto del Perugino.

L’opera è costituita da una grande ancona centrale raffigurante la Madonna con il Bambino e i Santi Giovanni Battista, Ludovico di Tolosa, Francesco, Pietro, Paolo e Maria Maddalena; la cimasa, con il Cristo in Pietà e la predella con cinque episodi della vita della Vergine. Con lo spostamento cinquecentesco di sede dell’ordine, la Pala venne collocata nel coro della nuova chiesa dove dalla prima metà del Settecento occupa il terzo altare a destra.

Non si tratta dell’unica opera ad essere stata eseguita dal Perugino per Santa Maria Nuova: essa fu probabilmente preceduta di qualche anno dall’Annunciazione, tutt’oggi in loco.

La storia delle committenze per le due opere è piuttosto complessa e viene attestata dalla presenza di alcuni documenti ritrovati presso l’Archivio di Stato di Pesaro. Infatti originariamente, nel 1485, Durante del fu Giovanni Vianutii de Durantibus, mediante testamento, assegnò trecento ducati d’oro veneti per la decorazione della cappella dedicata all’Annunciazione, la quale doveva essere necessariamente realizzata da maestri fiorentini; tale somma fu invece dirottata verso Perugino e finalizzata alla esecuzione della pala, come attesta il contratto stipulato nel 1488, dal quale si evince che Perugino non lavorò per questa committenza presso la città di Perugia come parte della critica aveva affermato, bensì a Fano. La menzione, inoltre, di «uno suo garzono» ha fatto pensare che questi potesse essere il giovanissimo Raffaello, già inserito dal padre nella bottega del Perugino; sono infatti noti i contatti fra questi e Giovanni Santi che per la stessa chiesa di Santa Maria Nuova eseguì una Visitazione la cui datazione oscilla fra il 1484 e il 1490.

La Pala di Fano ha uno sviluppo verticale, che lascia molto spazio all’architettura dipinta, entro la quale si dispone il gruppo della Madonna col Bambino, assisa su un trono sopraelevato; attorno ad esso si dispongono, in due ali simmetriche, i santi, in un clima composto, sottolineato dalla cadenza ritmica dei loro corpi e dalla bellezza ricercata dei personaggi. Una certa convenzionalità nella composizione, unita, tuttavia, alla presenza di raffinatissimi dettagli pittorici, induce a pensare che nella pala si possa vedere una collaborazione fra maestro e aiuti: Perugino potrebbe aver fornito l’idea della composizione, dell’architettura, nonché i cartoni dei santi e della Vergine ma, oberato dalle committenze, avrebbe lavorato in maniera discontinua, impiegando i suoi discepoli e integrando poi l’intervento per innalzare il livello qualitativo dell’opera.

Di più alta levatura si rivela la cimasa, nella quale la composizione e l’esecuzione denotano una evidente differenza stilistica e cronologica rispetto alla pala, di cui essa è di quasi un decennio posteriore (1497). Sono anni nei quali il Perugino è destinatario di commissioni importanti e diversissime che lo allontanarono da Fano, come la celebre Pala dei Decemviri, destinata alla cappella del Palazzo dei Priori di Perugia, ora nella Pinacoteca Vaticana, commissionata nel 1488, ma terminata attorno al 1495 o la Visione di San Bernardo per Santa Maria Maddalena dei Pazzi a Firenze, ora all’Alte Pinakothek di Monaco. Inoltre, la cimasa pare risentire per stile e composizione dei ripetuti soggiorni veneziani del pittore, databili tra il 1494 e il 1497 e ravvisabili nelle delicate variazioni tonali delle tinte e nelle espressioni dei dolenti che si caricano di una emotività inedita per l’artista.

Testo e immagini dall’Ufficio Stampa della mostra – Sara Stangoni.
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