Un enigma da non sciogliere:
Piranesi di Susanna Clarke
Articolo a cura di Gianluca Colazzo e Mariano Rizzo
L’autrice britannica Susanna Clarke è celebre per aver dato alle stampe Jonathan Strange & il signor Norrell, libro fantasy che nel mercato dei primi anni 2000, dominato da Harry Potter, provava a segnare una netta inversione di tendenza: laddove il maghetto della Rowling e i suoi innumerevoli tentativi di imitazione godevano di trame semplici e dinamiche, l’opera della Clarke si presentava come un mattone di quasi mille pagine, una storia al tempo stesso avvincente ed erudita dal ritmo lento da romanzo vittoriano.
L’autrice procedeva in un personale tentativo di riportare il genere ai livelli di Tolkien e, soprattutto, Lewis, suo modello dichiarato; e Jonathan Strange riuscì addirittura nell’impresa, a modo suo: pur non diffuso come la serie della Rowling, il romanzo viene tuttora salutato come una delle opere fantasy più interessanti degli ultimi decenni. In seguito la Clarke è stranamente sparita dai radar: dopo Le dame di Grace Adieu, libro di racconti che espandeva l’universo narrativo del primo romanzo (ormai fuori catalogo da tempo), non ha pubblicato più nulla. Fino a pochi mesi fa: Piranesi, il suo secondo romanzo, è uscito nel Regno Unito nel 2020, mentre da noi è stato pubblicato da Fazi Editore lo scorso febbraio, per la traduzione di Donatella Rizzati.
In Piranesi l’eponimo protagonista è un giovane uomo che vive nella Casa, un immenso labirinto dove natura e architettura si mescolano e il tempo possiede regole tutte sue: l’edificio è talmente grande da contenere nuvole, oceani e stormi di uccelli in migrazione, ed è in grado di far dimenticare a chi lo abita il proprio passato. Piranesi lo percorre di continuo in lungo e in largo, annotandone le particolarità sui suoi diari; a fargli compagnia sono unicamente le migliaia di statue che adornano la Casa, i resti scheletrici delle poche persone che l’hanno abitata prima di lui, e l’Altro, un losco figuro che si manifesta ogni martedì e venerdì per interrogare Piranesi sulle sue scoperte e adoperare i suoi resoconti come base per oscuri rituali volti al recupero di una “conoscenza suprema” che, a suo dire, si cela nel cuore della Casa. Piranesi ama la Casa come se stesso, e poco gli importa delle strampalate ricerche dell’Altro finché potrà essere libero di esplorarla; improvvisamente, tuttavia, un’altra inquietante presenza tenta di mettersi in contatto con lui: da qui in poi una escalation di eventi lo porterà alla verità su se stesso, sulla Casa e sul loro legame, fino a scardinare completamente tutto ciò in cui credeva.
Lo chiariamo subito: Piranesi di Susanna Clarke non potrà riscuotere unanime consenso. La sua trama non inventa nulla, anzi a tratti può risultare banale e già letta; a metà libro si potrebbe addirittura pensare di aver già tutti gli elementi per capire dove si andrà a parare (teoria tra l’altro non del tutto campata in aria). Per altri, invece, il romanzo della Clarke sarà davvero un grande libro, uno di quelli la cui lettura diventa man mano più avvincente e appagante, al punto da rendere tristi una volta terminata. Ad apprezzarlo maggiormente saranno i lettori attenti e onnivori, che troveranno una miriade di riferimenti alla letteratura, all’arte e alla filosofia nascosti (ma nemmeno troppo) tra le sue pagine; il titolo stesso, che poi è anche il nome del protagonista, è un chiaro rimando all’incisore Giovan Battista Piranesi, le cui Carceri d’immaginazione fungono al tempo stesso da efficace illustrazione e chiave di lettura della storia. Ma non solo: evitando ogni tipo di spoiler, si può affermare che Piranesi è una storia che racconta se stessa e altre storie che vivono al di fuori di essa; è, in altre parole, una pirotecnica celebrazione delle storie, di chi le racconta e, incredibilmente, di come esse vengono raccontate. Un’opera metaletteraria, insomma, in grado di celarsi dietro una trama alla portata di tutti. La prosa della Clarke, limpida e priva di fronzoli, asseconda questa apparente semplicità: una volta passate le prime venti pagine e il lungo ma necessario spiegone sui meccanismi della Casa, la storia fluisce snella e rapida.
Pure, sarebbe sbagliato ridurre Piranesi a mero esercizio di stile o a blanda messa in mostra dell’erudizione dell’autrice. A trainare l’intero libro c’è infatti un protagonista incredibilmente ben scritto, per il quale sarà impossibile non provare affetto e tenerezza; del resto, vivremo l’intera storia attraverso i suoi occhi e la sua mente, nella quale albergano al contempo una complessa intelligenza e un’ancestrale spontaneità. Non è un caso che i pochi altri personaggi siano appena tratteggiati, privi perfino di una descrizione fisica: quello che conta, per Piranesi, è Piranesi stesso e la sua relazione con la Casa… e ben presto sarà ciò che conta anche per il lettore.
La grandezza di Piranesi si nasconde infatti negli interlinea, in ciò che non viene raccontato ma lasciato intendere; ciascun lettore potrà provare a risolvere l’enigma celato dalla Casa e dalle sue statue, a patto di non fermarsi all’apparenza e di continuare a porsi domande nel corso della lettura. Perché alcune parole apparentemente semplici vengono elevate al punto di meritare un’iniziale maiuscola? Quali oscure allegorie si celano dietro le statue della Casa, e perché alcune di esse ci sembrano così familiari?
Non tutte le domande troveranno risposta a fine lettura, e questo è il principale motivo per cui questo libro non può piacere a chi si aspetta una storia completa e palese in ogni suo aspetto; sarà invece amato da chi comprende che il piacere della lettura, sia essa per studio o per svago, sta nel suo potere di generare domande. Perché Piranesi, e in questo caso intendiamo tanto il libro quanto il suo protagonista eponimo, è un enigma che non va sciolto, un percorso il cui traguardo è più banale delle possibili alternative, da affrontare nei limiti della propria intelligenza o, più auspicabilmente, grazie a essi.