Torino: al Museo Egizio archivi riuniti per digitalizzare il patrimonio fotografico

A quasi due anni dal debutto online, l’Archivio storico fotografico digitale del Museo Egizio si arricchisce di una parte delle collezioni fotografiche dell’Archivio di Stato di Torino, del Museo di Antropologia ed Etnografia dell’Università di Torino e del Centro di Egittologia Francesco Ballerini di Como.

Ingresso del Museo Egizio di Torino
Torino: al Museo Egizio archivi riuniti per digitalizzare il patrimonio fotografico. Nella foto, ingresso del Museo Egizio di Torino. Foto di Georgius LXXXIX, in pubblico dominio

Si tratta di circa un migliaio di scatti di inizio Novecento che documentano l’attività di scavo archeologico del Museo in Egitto. Un’acquisizione che ha l’obiettivo di sistematizzare e raccogliere in un unico spazio, digitale e accessibile gratuitamente, tutti i documenti storici e i materiali fotografici che riguardano il Museo Egizio, che si appresta a celebrare il bicentenario nel 2024. Un progetto di digitalizzazione e pubblicazione online che è in costante aggiornamento.

A portata di click sul sito http://archiviofotografico.museoegizio.it gli archivisti dell’Egizio, Beppe Moiso e Tommaso Montonati, hanno ricostruito un vero e proprio viaggio a ritroso nel tempo, fino al momento esatto in cui i reperti archeologici della collezione sono stati portati alla luce a inizio Novecento in Egitto. È una miniera di storie inedite l’Archivio Fotografico del Museo Egizio, che custodisce 45mila documenti, di cui ora sono fruibili online circa 3mila fotografie tra la fine dell’Ottocento e i primi trent’anni del Novecento. Un racconto per immagini delle Missioni Archeologiche Italiane in 14 località in Egitto dal 1903 al 1937, che portarono a Torino oltre 30mila reperti. Uno sguardo sul passato condotto non tanto con l’intento di cristallizzare momenti che hanno fatto la storia dell’Egittologia, quanto per stabilire connessioni tra la cultura materiale e il paesaggio d’origine, in un ideale dialogo tra le diverse sponde del Mediterraneo.

Grazie alla ricerca d’archivio si riesce a ricomporre il contesto d’origine da cui i reperti sono stati separati. Una ricerca che però rimarrebbe fine a sé stessa se non fosse condivisa con la comunità scientifica e con il pubblico. I musei non sono semplici custodi del passato, ma laboratori di innovazione che cercano di fornire sempre nuove risposte e costruiscono una memoria collettiva. L’operazione di riconnessione degli archivi fotografici si inserisce in questo solco”, ha dichiarato il direttore del Museo Egizio, Christian Greco.

La documentazione fotografica dei reperti e degli scavi archeologici si deve in primis a Ernesto Schiaparelli (1856-1928), fondatore delle Missioni Archeologiche Italiane, nonché direttore del Museo Egizio all’inizio del secolo scorso, che ebbe l’intuizione di introdurre la fotografia al museo e di documentare tramite le immagini il lavoro della sua squadra in Egitto. Una scelta che oggi sembra scontata, ma per il tempo era all’avanguardia. Correva l’anno 1903 quando Schiaparelli partì da Torino, portando con sé alcuni fotografi e istituendo poi un’abitudine che fu raccolta anche dai suoi successori, come Giulio Farina. Furono così immortalati per la prima volta reperti che oggi sono a Torino e vengono studiati in tutto il mondo. Per oltre un secolo quegli scatti sono stati custoditi con cura, senza però essere fruibili al grande pubblico. Oggi grazie alla digitalizzazione e alla libera pubblicazione in rete si guadagnano la ribalta internazionale e vengono messi a disposizione gratuitamente della comunità scientifica e degli appassionati dell’antico Egitto, con testi in italiano e in inglese.

Dall’Archivio di Stato provengono oltre 350 fotografie, databili per lo più tra fine Ottocento e inizio Novecento. Tali fotografie integravano in origine, come allegati, la ricca documentazione scritta sulle campagne di scavo presente all’interno del fondo archivistico del Museo Egizio, conservato dall’Archivio torinese. All’interno del fondo sono presenti i documenti utili alla ricostruzione della storia del Museo Egizio, dalle origini alla nascita della Fondazione. Proprio in questi mesi è in corso un’operazione di riordino dei documenti del fondo archivistico, finalizzata a ricondurre all’interno di una struttura descrittiva unitaria i documenti, attualmente distribuiti in maniera disaggregata all’interno dei tre versamenti che si sono succeduti nel corso degli anni.

I fondi archivistici, compresi quelli di natura fotografica, tendono per loro natura a seguire le sorti e le vicende dei soggetti che li hanno prodotti; capita quindi che cambiamenti nella natura giuridica degli enti, trasferimenti e passaggi di proprietà smembrino, disperdano o semplicemente mantengano separati materiali in origine uniti o affini per temi e materie. In questi casi la digitalizzazione fornisce strumenti straordinariamente potenti ed efficaci per restituire una visione unitaria di tali patrimoni, a beneficio degli studiosi e del progresso della conoscenza”, ha dichiarato Stefano Benedetto, direttore dell’Archivio di Stato di Torino.

Al Museo di Antropologia ed Etnografia dell’Università di Torino, per esempio, appartengono le fotografie dell’antropologo Giovanni Marro, collaboratore stretto dell’allora direttore del Museo Egizio Ernesto Schiaparelli, che ebbe fin da subito l’idea di far dialogare l’Egittologia con altre discipline come l’Antropologia. E così prima Virginio Rosa, poi Giovanni Marro, portarono lo sguardo dell’antropologo nelle campagne di scavo, occupandosi in particolare dei resti umani, ma non solo.

La collaborazione con l’Archivio digitale online del Museo Egizio è stata per il Museo di Antropologia un’occasione importante sia per valorizzare l’attività di digitalizzazione e catalogazione che stiamo svolgendo da diverso tempo con il supporto del Ministero della Cultura, sia per divulgare le ricerche promosse da un museo purtroppo chiuso da quasi quarant’anni. Questo progetto rende dunque fruibile al grande pubblico un patrimonio prezioso altrimenti inaccessibile“, ha dichiarato Cecilia Pennacini, direttrice del Museo di Antropologia ed Etnografia dell’Università di Torino e Docente di Antropologia Culturale presso l’Ateneo torinese.

Il fondo Francesco Ballerini, collaboratore della prima ora di Schiaparelli, è costituito da circa 100 fotografie appartenute alla famiglia. L’intero archivio, fotografie comprese, è stato donato al professor Angelo Sesana, nel 1994, dal nipote Franco Ballerini affinché ne facesse uso allo scopo di riportare alla luce la figura del nonno “Franz”, per lungo tempo rimasta nell’ombra. Successivamente, il professor Sesana ha messo a disposizione del CEFB, per studio e ricerca, la documentazione ricevuta.

È certamente lodevole e importante l’iniziativa del Museo Egizio di aggiungere alla documentazione fotografica e scientifica, già in possesso di codesto Museo, quella che permette di conoscere più a fondo la figura di Francesco Ballerini nei suoi risvolti più personali e familiari. Questa ulteriore produzione fotografica, ora a disposizione di studiosi e non, evidenzia l’interesse dello studioso comasco non solo per i luoghi dove si trovava ubicata la sua attività archeologica, ma anche il suo vivo interesse per l’aspetto più propriamente paesaggistico e artistico”, ha osservato Angelo Sesana, presidente del Centro di Egittologia Francesco Ballerini (CEFB) e direttore della Missione Archeologica sul Tempio di milioni d’anni di Amenhotep II a Tebe Ovest.

Testo e immagini dall’Ufficio Relazioni con i Media Fondazione Museo delle Antichità Egizie di Torino.

Dove i classici si incontrano. ClassiCult è una Testata Giornalistica registrata presso il Tribunale di Bari numero R.G. 5753/2018 – R.S. 17. Direttore Responsabile Domenico Saracino, Vice Direttrice Alessandra Randazzo. Gli articoli a nome di ClassiCult possono essere 1) articoli a più mani (in tal caso, i diversi autori sono indicati subito dopo il titolo); 2) comunicati stampa (in tal caso se ne indica provenienza e autore a fine articolo).

Write A Comment

Pin It