IL MONDO ANTICO IN 20 STRATAGEMMI.

INTERVISTA AD IMMA ERAMO

Leggi qui l’intervista a Imma Eramo, a cura di Dario Carnicella
Leggi qui la recensione di Dario Carnicella

Il mondo antico in 20 stratagemmi di Imma Eramo, docente di Esegesi delle fonti di storia greca e romana e letteratura latina presso l’Università degli studi di Bari, è uno degli ultimi volumi pubblicati da Laterza (2023) sul mondo antico.

Nel libro l’autrice tratta una delle tematiche che più caratterizzavano le discussioni degli antichi, ovvero l’utilizzo dell’intelligenza. Quest’ultimo concetto era racchiuso nel celebre termine di omerica tradizione: μῆτις, l’astuzia, l’essere furbo, ingannatore… Ed è proprio l’uso dell’intelligenza, declinata nelle sue diverse sfaccettature, il filo conduttore della tematica portante del saggio della studiosa.

la copertina del saggio di Imma Eramo Il mondo antico in 20 stratagemmi, pubblicato da Editori Laterza (2023)
la copertina, opera di Francesca Zucchi, del saggio di Imma Eramo, Il mondo antico in 20 stratagemmi, pubblicato da Editori Laterza (2023)

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Ringraziamo la professoressa Immacolata Eramo per aver risposto alle domande di ClassiCult.

Imma Eramo Il mondo antico in 20 stratagemmi
Imma Eramo

Quanto è attuale “Il mondo antico in 20 stratagemmi”?

Il mondo antico in 20 stratagemmi” è attuale nella misura in cui racconta fatti del passato storico e anche mitico, alcuni dei quali risalenti anche a millenni di anni or sono, ma con un approccio moderno, che intende sottoporre le differenti versioni di un evento tramandate dalle fonti al vaglio critico della ragione e del giudizio; non quello dello studioso e dell’esperto del mondo antico, bensì delle persone comuni. Ciascuno può trarre dai differenti esempi che ho offerto – esempi molto diversi tra loro sì da presentare un repertorio ricco e alla portata di tutti – spunti di riflessione e, perché no, modelli di comportamento, dilettandosi del racconto in sé. Questo era il mio intento; spero di averlo, almeno in parte, raggiunto.


Qual è lo stato degli studi, in generale, sugli argomenti proposti?

Il filone di studi classici che si occupa di stratagemmi, ma anche di teorie e tecniche militari antiche, non è tra quelli più praticati, soprattutto negli ultimi tempi, sia per l’oggettiva difficoltà a ricostruire contesti – e talora anche testi – sia anche per una sorta di pregiudizio ideologico che, seppur latente, supporta la convinzione che occuparsi di guerra significa essere appassionati di guerra o addirittura guerrafondai. Nel mio caso direi che è tutto il contrario. Sono convinta che più si studia la guerra più la si aborre, consapevoli delle sue conseguenze sia dirette che mediate e a lungo raggio. Partendo tuttavia dal mio specifico ambito di studi e ricerca, grazie anche a questo libro ho avuto modo di indagare meccanismi di competizione anche in contesti diversi, seppure molti affini, all’ambito bellico, per esempio nel filone della politica o della propaganda. Per questi specifici ambiti gli studi non mancano. Quello che mi è sembrato mancasse era un approccio originale, che indagasse e presentasse i fatti in maniera diversa, e indagasse i rapporti di forza e i meccanismi di rivalità e prevaricazione.

La costruzione del cavallo di Troia, olio su tela (38,8 x 66,7 cm) di Giandomenico Tiepolo, conservato alla National Gallery di Londra. Foto di ,
La costruzione del cavallo di Troia, olio su tela (38,8 x 66,7 cm) di Giandomenico Tiepolo, conservato alla National Gallery di Londra. Foto di Caroline Léna Becker, CC BY 4.0

L’aver posto come immagine di copertina il famosissimo cavallo, stratagemma odissiaco di incommensurabile intelligenza, è stato una scelta volta ad accogliere il lettore con l'”inganno” più famoso della storia antica?

Sono solita ripetere, a quanti in più occasioni me lo chiedono, che la copertina è la cosa più bella del libro ed è l’unica cosa non mia, bensì creatura della bravissima Francesca Zucchi, che ha saputo interpretare in modo straordinario lo spirito del libro. Se osserviamo bene l’immagine vediamo infatti una figura stilizzata, così come essenziale è il racconto di ciascun capitolo, senza fronzoli o orpelli. È inoltre una figura a due colori, arancio e nero, due colori che si completano nell’alternanza chiaro/oscuro, così come la realtà che ho voluto rappresentare. Infine, immediatamente coglie l’attenzione del potenziale lettore, evocando l’episodio più noto della storia antica, che tutti quanti conoscono, anche quelli che mai hanno studiato antichità classiche. Per esempio tutti sanno cosa sia un Trojan, uno dei tipi di virus più insidiosi che intaccano i sistemi operativi dei nostri computer. Trojan richiama proprio l’inganno del cavallo, con cui i Greci riuscirono a entrare astutamente a Troia secondo il racconto dell’epica greca. È un episodio inventato, lo sappiamo tutti, ma è alla base della cultura e della letteratura occidentale. Se ci fermiamo un attimo a riflettere, non possiamo che ritenere del tutto straordinario che all’origine di tutto ci sia un inganno, che appare tanto ingenuo ai nostri occhi, ma che ancora non perde di fascino, pur a distanza di millenni.


Molto interessante è l’espediente utilizzato da Ramses II per la battaglia di Quadeš, nel riportare, in maniera faziosa, una pseudo-vittoria. Già in antichità però si percepiva, ad esempio con Luciano di Samosata nell’opuscolo “Come si deve scrivere la storia” il divieto di essere faziosi nel riportare un avvenimento.
Tra questi due esempi distanti, che percorso c’è stato?

Nel “Come si deve scrivere la storia” Luciano ha un destinatario privilegiato, lo storico o colui che intende scrivere di storia. Attraverso una serie di esempi da evitare prima, e di consigli teorici poi, Luciano afferma che compito principale dello storico sia attenersi strettamente alla verità ed esporre soltanto quella. Luciano utilizza come modello “legiferante” (scrive proprio “legiferò”) per questo metodo Tucidide, che nella sua Guerra del Peloponneso aveva fatto professione di storico veritiero e fededegno. Come? Riportando gli eventi cui era stato personalmente presente o quelli raccolti da fonti attendibili, delle quali però riteneva di dover sottoporre le differenti versioni a un attento vaglio critico, in considerazione del tempo trascorso dai fatti raccontati e dalla possibile partigianeria dei testimoni. Anche Tucidide si poneva il problema della possibile, anzi inevitabile, faziosità delle fonti, cui opponeva la ragione dello storico che deve adempiere pienamente al mandato di colui che racconta i fatti in modo veridico e, per quanto riguarda i discorsi, in modo verosimile.

Luciano, però, parlava dello storico e del suo mestiere. Ramses II era invece il faraone e ragionava con la logica della politica, che è tutt’altra. Spacciare una non-vittoria, o meglio l’esito di una battaglia di fatto non combattuta, come vittoria piena e schiacciante per giunta in un contesto di monopolio dell’informazione – d’altronde, chi avrebbe potuto facilmente contraddire il faraone? – significava per lui affermare nei confronti dei suoi sudditi e dei popoli vicini autorità e potere, e garantirgli un regno saldo e duraturo, oltre che tutto sommato pacifico, cosa che effettivamente accadde.


Quali sono le maggiori differenze che intercorrono tra l’uso della metis in Grecia e a Roma?

Durante una seduta del Senato, nel 172 a.C, nel pieno della guerra contro il re Perseo di Macedonia, Quinto Marcio Filippo e Aulo Atilio Serrano si vantarono di aver ingannato il re Perseo, con indubbi vantaggi per Roma. Tutti i senatori plaudirono alla loro intelligenza e abilità, tranne i più tradizionalisti, i quali sottolinearono che il dolo e l’inganno non facevano parte dei costumi romani. Questo episodio che Livio ci racconta è a mio giudizio emblematico per individuare la differente concezione rispetto ai Greci che i Romani avevano nei confronti della metis. I Romani rifiutavano la metis? La risposta a questa domanda non può essere netta, e positiva o negativa, ma sfumata e inevitabilmente ragionata. Diciamo che i Romani operavano su due livelli: da una parte la necessità e la realtà, dall’altra la propaganda e l’affermazione di valori o principii etici cui uniformare il proprio comportamento. Chi vorrà, potrà trovare questa storia e il suo seguito nel libro, dove potrà anche scoprire il differente approccio nei confronti della metis non solo dei Greci e dei Romani, ma anche dei popoli del Vicino Oriente.


Sembra che l’uso della metis sia utilizzato maggiormente in ambito politico e militare. Potrebbero esserci ulteriori campi d’azione che prevedono l’utilizzo dell’intelligenza e dell’inganno?

L’intelligenza opera in ogni campo dell’agire umano; senza intelligenza non riusciremmo a vivere e a sopravvivere. Come l’introduzione del mio libro spiega, l’intelligenza di tipo pratico – la metis dei Greci, appunto – è prerogativa persino del mondo animale, ed è caratteristica che accomuna tutti, a prescindere dalle condizioni sociali ed economiche, dal sesso o dal livello culturale. L’inganno, poi, opera in situazioni di accentuata competizione, dove diventa lo strumento di chi parte da una situazione di inferiorità ed è in grado di ribaltare il rapporto di forze con i propri avversari. Direi che la metis entra in gioco in ogni momento della vita quotidiana contrassegnato da una situazione di competizione.

 

Quale stratagemma, tra quelli raccontati, l’ha più colpita durante i Suoi studi a riguardo?

A dire il vero, sono legata a tutti ma in maniera diversa. Alcuni mi hanno accompagnata in parte nel mio percorso passato di ricerca e didattico, altri invece sono stata una scoperta quasi casuale. Per esempio rileggere l’Atene di Pericle del V secolo attraverso fonti diverse dalle Storie di Tucidide e approfondirne alcuni aspetti è stata un’esperienza di studio e riflessione del tutto stimolante. E poi raccontare gli stratagemmi di donne, quando ancora adesso ci interroghiamo sul modo in cui evitare discriminazioni o sessismi mi ha dato modo di intervenire in modo originale e con un punto di vista affatto scontato in un dibattito ancora aperto.

 

Venti stratagemmi sono tanti, ma il mondo antico ne ha ancora altri da raccontare?

Moltissimi. Bisogna solo scoprirli; e raccontarli.

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L’autrice ci accompagna in un viaggio alla scoperta di idee brillanti e trovate che gli antichi escogitavano per cavarsela nelle situazioni di maggior pericolo. Il volume presenta un linguaggio scorrevole e piacevole. Non mancano, a volte, toni ironici che invitano il lettore a diversi spunti di riflessione sull’argomento.

A cornice dell’intero saggio ed in fede all’immagine di copertina, raffigurante il più famoso cavallo che la storia (o leggenda!) antica ci abbia trasmesso, trova spazio l’inganno più celebre, ovvero quello macchinato dal versatile Odisseo (o Ulisse). Chi altro era Odisseo se non il bugiardo, l’ingannatore più famigerato della storia? Infatti, lo stratagemma del cavallo consentì ai Greci, in piena notte, di mettere a ferro e fuoco Troia, decretandone la fine.

Il vaso di Mykonos, un pythos che mostra una delle più antiche raffigurazioni del cavallo di Troia. Dal Museo Archeologico di Mykonos, Inv. 2240. Foto Flickr di Paul (Travelling Runes),
Il vaso di Mykonos, un pythos che mostra una delle più antiche raffigurazioni del cavallo di Troia. Dal Museo Archeologico di Mykonos, Inv. 2240. Foto Flickr di Paul (Travelling Runes), CC BY-SA 2.0

Ma il racconto del tranello di Odisseo è soltanto l’incipit di tanti altri che l’autrice ha deciso di trattare nel suo saggio. L’utilizzo dell’inganno non è finalizzato soltanto ad eliminare il proprio nemico, ma anche a convincere il proprio popolo. Un esempio in tal senso è dato dalla ‘bugia’ di Ramses II. Il faraone egiziano, vissuto tra il XIV e il XIII a.C., è passato alla storia per aver ingannato e convinto il proprio popolo. In cosa è consistito il suo tranello? Nell’aver riportato, o meglio fatto raccontare, una vittoria a Qadeš che non c’è mai stata, soltanto per spirito di grandezza. E tutto ciò lo ha fatto, rappresentando pomposamente la scena nel suo maestoso palazzo ad Abu Simbel, in Egitto.

Ramses II alla battaglia di Qadeš, nel rilievo presso il tempio di Abu Simbel. Foto di Luis Bartolomé Marcos, CC BY-SA 4.0

La μῆτις nel mondo antico non era adoperata soltanto in ambito militare. Infatti, ci sono casi in cui l’uso dell’intelligenza sia stato fondamentale in ambito politico, religioso e, addirittura, amoroso. Per fare degli esempi, si può prendere in considerazione la geniale trovata di Pompeo, quel Pompeo Magno che a Roma volle a tutti i costi assomigliare al più famoso condottiero macedone. Pompeo non fu soltanto un abile condottiero, ma volle essere ricordato, anche, per l’aver messo in piedi la più grande opera monumentale che la Caput Mundi avesse mai avuto, un teatro in muratura. Purtroppo, oggi possiamo soltanto ammirare i resti di questa maestosa costruzione che si trovano al di sotto dell’Hotel Lunetta, nel rione Parione della Capitale. Ma perché Pompeo dovette ricorrere all’astuzia? Il condottiero fece edificare il suo teatro nel Campo Marzio, al di là del Pomerio. Una legge, varata dagli antenati dello stesso Pompeo, vietava l’edificazione di un teatro in muratura, ma, come si sa, fatta la legge, trovato l’inganno. Pompeo decise di far edificare, all’interno del teatro, nei pressi della cavea, un tempio in onore di Venus Victrix (Venere Vincitrice), soltanto così riuscì a raggirare il divieto imposto da una legge stringente.

Giovanni Battista Piranesi, Resti del Teatro di Pompeo. Immagine 東京大学総合図書館 General Library, The University of Tokyo, JAPAN, come da licenza d'uso
Giovanni Battista Piranesi, Resti del Teatro di Pompeo. Immagine 東京大学総合図書館 General Library, The University of Tokyo, JAPAN, come da licenza d’uso

Anche Alessandro, il grandissimo condottiero macedone, dovette ricorrere ad un sotterfugio per ingraziarsi il favore degli dèi. Chi non conosce la storia del nodo di Gordio? Chi sarebbe riuscito a sciogliere quel nodo, sarebbe diventato padrone del mondo (ovviamente di quello conosciuto nel IV a.C.). Una profezia del genere non poteva che alimentare le mire espansionistiche di un personaggio eccentrico come Alessandro. Infatti, il condottiero macedone, raccontano le fonti, tentò di sciogliere il nodo, ma non vi riuscì. Soltanto l’uso della μῆτις consentì di portare a termine quell’impresa. Alessandro si limitò a tirar fuori dal timone la chiavarda di legno attorno alla quale era avvolto il timone stesso e riuscì a staccare quest’ultimo dal giogo. Alea iacta est, recita il famoso motto di Cesare, ed effettivamente Alessandro riuscì a partire col favore degli dèi.

Donato Creti, Alessandro taglia il nodo gordiano, affresco (1708 circa) presso Pinacoteca Nazionale di Bologna in Palazzo Pepoli Campogrande. Foto di Francesco Bini,
Donato Creti, Alessandro taglia il nodo gordiano, affresco (1708 circa) presso la Pinacoteca Nazionale di Bologna in Palazzo Pepoli Campogrande. Foto di Francesco Bini, CC BY-SA 4.0

Infine, anche in ambito amoroso l’utilizzo della μῆτις non fu da meno. In questo caso conviene prendere in considerazione un’altra figura di incommensurabile grandezza, Cleopatra. La famosa regina egiziana, l’ultima della dinastia dei Tolomei, che si contraddistinse per astuzia e memorabile caparbietà. L’autrice ci guida nel racconto di uno dei suoi tanti inganni. Una delle più scaltre donne dell’antichità che riuscì, addirittura, ad ammaliare una personalità dalla caratura di Cesare, sì proprio quel Cesare! Ma come? Il generale romano era ben che protetto ad Alessandria, giunto in Egitto dopo l’assassinio di Pompeo. Cleopatra fiutò l’affare, soprattutto per rinsaldare il suo potere. E, infatti, grazie all’aiuto del suo fidato greco Apollodoro il Siceliota, si fece adagiare in un sacco e fatta portare al cospetto di Cesare, eludendo così le guardie che lo proteggevano. La regina non soltanto era scaltra, ma sopperiva alla sua particolare bellezza con gioielli e trucchi ed in più con una voce ammaliante. Tutto ciò favorì l’unione con il generale romano e permise di portare a compimento il suo ingegnoso piano.

Carl Gottlieb Venig, Cesare e Cleopatra. Olio su tela (1875 - 1900) dal Narva Muuseum SA (NLM _ 112:40 K 3:40), immagine Museum Public Portal, come da licenza d'uso
Carl Gottlieb Venig, Cesare e Cleopatra. Olio su tela (1875 – 1900) dal Narva Muuseum SA (NLM _ 112:40 K 3:40), immagine Museum Public Portal, CC0 1.0 come da licenza d’uso

Il saggio di Imma Eramo si presta ad essere letto da un pubblico variegato. Non è indirizzato soltanto agli specialisti del settore, ma a quanti abbiano interesse per un argomento cui gli antichi avevano addirittura dedicato un genere, quello relativo agli stratagemmi in ambito militare. Inoltre, l’autrice guida il lettore non soltanto attraverso un linguaggio scevro da tecnicismi, ma anche grazie all’ausilio di un apparato bibliografico degno di menzione. Ad ogni conclusione del capitolo, preceduto da un titolo evocativo che rimanda a romanzi o racconti moderni, è riportata una lista bibliografica utile al lettore per approfondimenti o curiosità. Il saggio, in effetti, è un preziosissimo vademecum per addentrarsi nel mondo della strategia greca e romana.

Imma Eramo Il mondo antico in 20 stratagemmi
Imma Eramo

Il libro recensito è stato cortesemente fornito dalla casa editrice.

stratagemmi Imma Eramo diretta locandinaVenerdì 1° Marzo ore 18:00: Anita Malagrinò Mustica dialoga insieme a Imma Eramo, docente di Esegesi delle fonti di storia greca e romana e letteratura latina presso l’Università degli studi di Bari, partendo dal suo ultimo saggio, Il mondo antico in 20 stratagemmi, pubblicato da Editori Laterza (2023), per intessere nuove discussioni sul mondo antico.

La diretta sarà ospitata sulla pagina Facebook di ClassiCult e della Wunderkammer, sul canale YouTube di ClassiCult e della Wunderkammer, sul canale Instagram di ClassiCult, sui canale LinkedIn di ClassiCult, sul canale Twitch della Wunderkammer.

Link all’evento Facebook: https://www.facebook.com/events/1429945584275722/

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