Edoardo Novelli, I manifesti politici. Storie e immagini dell’Italia repubblicana – recensione
Resistono a volte sui muri scrostati delle periferie delle città, o nelle sedi storiche dei partiti di derivazione novecentesca; ma sono anche, sempre più spesso, oggetto di attenzione da parte di studiosi di scienza politica o di collezionisti di oggetti e immagini d’epoca, magari risalenti agli anni del proprio attivismo giovanile. Si tratta dei manifesti politici: veri e propri documenti storici attraverso i quali ricostruire la storia di un paese, di un partito, o di una specifica battaglia politica. Ma anche testimonianze dello sviluppo delle correnti artistiche, di un certo utilizzo del colore o delle forme, o dell’adesione di un artista a una determinata affiliazione ideologica.
Il volume di Edoardo Novelli, I manifesti politici. Storie e immagini dell’Italia repubblicana (Carocci, pp. 264, novembre 2021), raccoglie una ricca serie di esemplari di questi documenti: attestazioni di una lotta politica che ha formato generazioni diverse, e di una vivacità artistica che oggi, di fronte a una comunicazione elettorale sempre più scialba, appare irrecuperabile. Novelli, del resto, sociologo politico con una particolare attenzione per i visual studies, è anche responsabile dell’Archivio degli spot politici, altra fonte pressoché inesauribile e di grande interesse per ricostruire la storia dei partiti politici italiani, specialmente nel passaggio dalla prima alla seconda repubblica.
Ognuno degli oltre cento manifesti riprodotti in questo libro (ciascuno accompagnato da una scheda informativa sul contesto storico, sull’autore e su altre caratteristiche) rappresenta dunque la tappa di un viaggio attraverso gli eventi politici principali della storia repubblicana del nostro paese. Già a partire dal primo, un documento assai pregevole non solo perché commissionato dal Comitato di Liberazione nazionale nel 1945, e realizzato da Aldo Beldì, grafico e pubblicitario di successo, ma anche per la scelta iconografica: un festone composto dalle bandiere degli Alleati, Stati Uniti, Unione Sovietica, Francia e Regno Unito, per celebrare la libertà di un tricolore italiano ancora lacerato dalla dittatura e dalla guerra. La selezione operata da Novelli permette inoltre di rintracciare, in quegli stessi anni, la ripresa di forme, immagini e slogan già utilizzati durante il Ventennio, e riproposti con le opportune (seppur minime, talvolta) modifiche per la propaganda elettorale dei partiti della prima repubblica.
I nuovi equilibri geopolitici tra i due blocchi, che si sarebbero manifestati di lì a poco, ebbero ripercussioni anche nella lotta politica in Italia. E quindi anche nei manifesti, che insieme ai comizi erano lo strumento di propaganda politica di gran lunga più utilizzato. Non si contano i riferimenti anticomunisti e anticattolici presenti nell’iconografia degli anni Quaranta e Cinquanta; e vi erano formazioni politiche, come il Partito repubblicano, che rivendicavano anche graficamente la propria presenza tra due blocchi minacciosi ai fianchi.
Le battaglie politiche e sociali degli anni Sessanta e Settanta condurranno anche partiti e movimenti extraparlamentari a utilizzare manifesti per diffondere le proprie idee, affidandosi in alcuni casi a celebri grafici e illustratori. Guido Crepax, uno dei più grandi fumettisti italiani del Novecento, realizzerà ad esempio il manifesto per una manifestazione di piazza a Roma il giorno dell’apertura del processo contro Pietro Valpreda, imputato e poi assolto per la strage di piazza Fontana. E il designer Michele Spera presterà il suo tratto caratteristico in un manifesto contro il rinnovo del Concordato nel 1979.
A partire dagli anni Ottanta, i volti dei leader occuperanno sempre più spazio, riducendo proporzionalmente la creatività dei manifesti. Un trend che segna però a sorpresa un’inversione di tendenza proprio negli ultimi anni: grazie alle potenzialità dei social, attraverso i meme con cui modificare le immagini ufficiali dei partiti; o con un vero e proprio ritorno al passato, come testimoniano i murales a sfondo politico dello street artist palermitano TvBoy, presenti ormai in gran numero in diverse città italiane. Con una sua opera si chiude anche l’excursus di Novelli attraverso i più interessanti manifesti politici dell’Italia repubblicana, esempi dello sviluppo (e non necessariamente del declino) della vita politico-istituzionale del nostro paese.
L’ultimo bacio di Di Maio e Salvini… pare non ce ne saranno altri…. https://t.co/XeHMwS7VEU pic.twitter.com/gkMnX6dh5d
— TVBOY (@tvboy) March 29, 2018