“Qualcuno si ricorderà di noi” di Alessia Pizzi: antiche voci femminili in scena
In un panorama di crescente attenzione per la rilettura e ri-attualizzazione dei classici o, per meglio dire, della tradizione antica, uno spazio privilegiato occupano oggi – ma in realtà già da diversi decenni – le riscritture e reinterpretazione in chiave moderna di miti al femminile. Se ne possono citare tantissimi: dalle illustri e meravigliosamente riuscite variazioni sui miti di Medea e Cassandra ad opera di Christa Wolf, alla recentissima riscrittura del mito di Circe ad opera di Madeline Miller, o alla guerra di Troia raccontata da Briseide attraverso la penna di Pat Barker in “The Silence of the Girls”, passando per la “Penelopiad” di Margaret Atwood (nella debole traduzione italiana “Il canto di Penelope” frustra malamente la forza del titolo), senza neanche poi soffermarsi sul glorioso precedente rappresentato dalle donne del mito nei “Dialoghi con Leucò”.
Si parla molto di reception studies, gli studi, appunto sulla ricezione dei Classici, che sovente si intersecano con i gender studies (gli studi di genere) applicati al mondo antico, terreno scivoloso, il cui studio richiede un approccio di grande dottrina e serietà, affinché si evitino banalizzazioni e confusioni fra modi di pensare e concepire il mondo fondamentalmente incompatibili.
Questa è la doverosa premessa alla lettura del libello, “Qualcuno si ricorderà di noi” recentemente edito da FusibiliaLibri, contenente la prima opera teatrale pubblicata da Alessia Pizzi, giovane giornalista romana laureata in filologia classica. Si tratta di un esperimento letterario singolare: la pubblicazione del testo, qui, contrariamente alla norma, precede la sua rappresentazione scenica. Un esperimento, interessante questo, poiché apre la possibilità per l’autrice e per chi ne curerà la regia, di incorporare il feedback dei lettori nella possibile messa in scena futura.
Ma veniamo al contenuto e al tema del testo: ho parlato di ricezione dell’antico e di studi di genere (gli studi a cui l’autrice si è dedicata nel lavorare alla sua tesi di laurea magistrale), perché le protagoniste di questa breve commedia sono gli spiriti delle tre poetesse greche “dimenticate”, Erinna, Anite e Nosside, in compagnia della più nota Saffo, tutte rievocate dall’oltretomba ad opera di Google, altro personaggio sempre in scena. La pièce, dunque, non riscrive il mito, ma, attraverso un’idea assai originale, punta i riflettori su una produzione letteraria femminile dileggiata e messa da parte, scomparsa e fatta a pezzi, addirittura, a causa dell’inesorabile meccanismo di perdita e trasmissione dei testi che, nei secoli non ha perdonato a queste poetesse (o forse sarebbe meglio dire “poete”, come si nota anche nella prefazione al testo, a cura di Antonella Rizzo) il fatto di essere nate donne.
Il merito del testo è quello di riportare l’attenzione su figure letterarie note a pochi – sebbene tornate in auge tra le ricerche online nel 2017, come ci racconta il personaggio di Google – non solo in quanto anomale versioni femminili di un ruolo tipicamente maschile (il poeta, lo scrittore), ma in quanto voci autonome, capaci di parlare di amore senza dover essere tacciate di essere frivole e facili, o di guerra senza essere definite “Omero in gonnella”. Una riflessione, questa, che naturalmente si estende con facilità alla società odierna, in cui ancora molto si discute di professioni prettamente maschili o femminili, o di desinenze di genere nei sostantivi.
Il pubblico a cui questo testo teatrale si rivolge è potenzialmente molto ampio. La narrazione è semplice e rapida, a tratti anche didascalica nel momento in cui mette in bocca ai protagonisti informazioni descrittive e di contesto, magari scontate per un classicista, ma non necessariamente per un fruitore di altro genere. Il lessico e la lingua sono contemporanei, di facile comprensione e il tono è leggero e scanzonato, spesso vagamente ironico.
Sarà sicuramente interessante scoprire come questo testo verrà rappresentato – quando, come ci si augura, sarà possibile vederlo in un teatro – e quali sfide di regia proporrà una sua messa in scena. Nel frattempo, ci accontentiamo di leggerlo su carta, nell’ottima e ben curata edizione di FusibiliaLibri.